Ucraina, una nuova   guerra asimmetrica

Mai come in questi giorni, nella crisi ucraina, la politica formale è stata più lontana dalla realtà sul campo. Ufficialmente persiste la tregua concordata a Minsk, dal 5 settembre scorso. Ma i combattimenti continuano, sotto forma di duelli di artiglieria. I pro-russi, in particolare, stanno concentrando armi ed equipaggiamenti a Donetsk, in vista di un sempre più probabile assalto all’aeroporto della città, colpito da sporadici colpi d’artiglieria e lanci di razzi. Ufficialmente, i presidenti Vladimir Putin e Barack Obama, incontrandosi a Pechino, si sono sorrisi e stretti la mano, facendo presagire un rilassamento delle relazioni. Ma intanto, proprio negli stessi giorni del vertice in Cina, gli osservatori dell’Osce, che controllano il confine russo-ucraino, segnalavano il passaggio di armi e uomini in grandi quantità, dalla Russia ai territori controllati dai loro alleati irregolari locali. E le forze armate russe annunciavano la ripresa di voli di ricognizione a lungo raggio, per sfidare apertamente la Nato.

Nonostante i sorrisi di superficie, tutti i segni porterebbero a una sola conclusione: sta per iniziare una nuova escalation. Il governo ucraino, se non altro per fare pressing sulla Nato e sull’Ue, lancia l’allarme: la Russia sarebbe pronta a “lanciare l’invasione su vasta scala del territorio ucraino”. Probabilmente questo scenario estremo non si realizzerà. Per ora, nonostante tutto, i russi si sono dimostrati molto prudenti e hanno limitato le loro operazioni a un appoggio indiretto e non dichiarato ai “ribelli del Donbass”. Oltre la fascia di territorio, confinante con la Russia, che va da Donetsk al Mar Nero, non vi sono stati combattimenti. Il saliente del fronte pro-russo, incentrato su Sloviansk e incuneato dentro il cuore dell’Ucraina orientale, è stato evacuato nel corso dell’estate. In compenso, la linea si è protesa sino al porto di Novoazovsk. L’intento sembra abbastanza chiaro, lo si può dedurre dalla linea del fronte: creare una fascia di territori indipendenti dall’Ucraina e, di fatto, uniti alla Russia, dotati di un loro sbocco sul Mar Nero e degli aeroporti di Luhansk e Donetsk. Se offensiva ci sarà, dunque, mirerà quasi certamente alla riconquista della pista di Donetsk, in modo da garantire dei punti di approvvigionamento dalla Russia. Meno probabile, ma comunque sempre possibile, potrebbe anche essere un’invasione del Sud-Est dell’Ucraina, lungo le coste del piccolo Mare d’Azov, in modo da unire i territori del Donbass alla Crimea e formare un più grande territorio controllato dalla Russia e dai suoi alleati locali. Questa seconda opzione offensiva, porterebbe sicuramente a uno scontro di più ampie dimensioni per il controllo della città di Mariupol, tuttora nelle mani dei regolari ucraini.

A queste operazioni sembrano destinati i rinforzi affluiti in gran numero dalla Russia negli ultimi giorni. Si tratta di convogli di almeno 126 camion, carichi di soldati, con artiglieria campale al seguito. I camion erano senza targa e senza alcun segno di riconoscimento. I soldati non portavano mostrine. È lo stesso espediente usato dai russi per conquistare la Crimea senza esporsi direttamente, l’uso degli “omini verdi”, apparentemente venuti “da un altro pianeta”, senza mostrine, senza identità e senza ordini ufficiali. Al di là delle minacce esplicite alla Nato, con voli di ricognizione sui cieli europei sempre più frequenti (anche l’altro ieri un ricognitore d’alta quota russo ha violato lo spazio aereo della Nato nel Baltico), quella degli “omini verdi” è la sfida più pericolosa lanciata all’Alleanza. I russi stanno infatti perfezionando un nuovo tipo di guerra asimmetrica a cui la Nato non può e non sa rispondere. L’articolo 5 (mutua difesa), così come interventi fuori area, possono essere decisi solo in caso di invasione del territorio Nato, o di una richiesta di aiuto di un governo invaso dall’esterno. A Mosca hanno capito che basta togliere le mostrine ai soldati e inviarli oltre il confine, perché non si possa parlare di “invasione”. Tuttora il Cremlino nega di avere impiegato truppe in Ucraina e, sul piano formale, ha ragione: ufficialmente nessun militare russo è mai uscito dal territorio russo. In realtà, però, migliaia di soldati lo hanno già passato. Si tratta sia di volontari, provenienti da ogni angolo della Federazione Russa, o anche da Paesi simpatizzanti (dalla Serbia, dall’Armenia e dalla Bielorussia, per esempio), oppure di militari regolari russi a tutti gli effetti che agiscono al di fuori delle loro unità.

Ma se basta così poco per aggirare le regole cavillose dell’Allenza, cosa potrebbe succedere se, oltre ai voli di ricognizione, anche a terra gli “omini verdi” facessero la loro comparsa in territorio Nato?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47