Si parla di Comitati   Italiani all’Estero

Il sottosegretario al Maeci, Mario Giro, nel mese di agosto scorso, è riuscito con un blitz da Swat americani a far inserire nel decreto legge per le “missioni dei militari italiani all’estero”, anche la normativa per le elezioni dei Comites, con i rispettivi nove milioni di euro di copertura finanziaria. Nasce quindi spontanea la domanda: come mai l’onorevole Giro, dopo undici anni di sonno profondo, si è svegliato di soprassalto dedicando ogni sforzo per portare alle elezioni gli italiani all’estero? L’unica risposta a quest’assurda ma lecita domanda, è solo in relazione alla disponibilità in bilancio della voce relativa al funzionamento dei Comites che, se non spesi per le nuove elezioni, non si sarebbe avuto più modo di impiegare.

Dal punto di vista rappresentativo le Comunità degli Italiani all’Estero possono contare su: • il Cgie (Consiglio Generale Italiani all’Estero), che è la massima espressione di rappresentanza degli italiani all’estero ed è composto di sessantaquattro consiglieri eletti dai Comites e da ventinove consiglieri di nomina governativa. Il Cgie si riunisce due volte l’anno (sempre a spese dello Stato) ed è gestito interamente a spese del Maeci;

• i Comites, che sono organi locali di rappresentanza degli italiani all'estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari. Organi rappresentativi, dunque, degli Italiani all’estero per gestire le problematiche di più di 4.500mila italiani residenti all’estero, come è dai registri comunali Aire. Tutto questo senza considerare però che in Parlamento la Circoscrizione Estero conta ben 12 onorevoli deputati e di 4 senatori. Esiste dunque un’evidente contraddizione tra il volere del popolo sovrano, resosi concreto (seppur al 38%) con la presenza di forze politiche in Parlamento, e i vari Comites e Cgie. E’ ancora più importante valutare anche la partecipazione al voto elettivo, che se per le politiche si è attestata al 38 per cento, se per la massima espressione di democrazia, che si manifesta nel voto elettorale, la partecipazione degli italiani all’estero si è ridotta a un misero 38 per cento (cioè poco più di un milione di elettori), per l’elezione dei Comites si tratta di un totale, bene che vada, di poco più di 50mila persone sui più di 4.5 milioni di emigrati italiani all’estero! A titolo di cronaca, cito quanto è stato speso nel solo 2013/14 al solo fine di assicurare la presenza e i “rimborsi spese elettorali e non” per l’intero sistema: più di 800 milioni di euro! E tutto quest’apparato quali vantaggi ha portato alla comunità degli italiani all’estero? Riassumo di seguito:

• Tasi e dell’Imu portate al limite massimo, inesistente per qualsivoglia cittadino italiano;

• Eliminazione completa di qualsiasi forma di assistenza sanitaria per il residente estero, a meno di “casi urgenti” e per un limite massimo di tre mesi;

• Controlli e inchieste giudiziarie per quei pochi utili che l’espatriato ancora oggi tende a “portarsi” in Patria!

• Così come tante e tali deficienze per l’assistenza per coloro senza reddito alcuno o ridotto in miseria. Io credo che siamo giunti a un punto che non si possa più prescindere dagli sprechi cui lo Stato ci ha abituato, né tantomeno sminuire la dignità stessa degli italiani all’estero, così com’è stato sino a oggi perpetrato. Di seguito, dunque, alcune riflessioni che saranno riprese degnamente allo scopo di quantificarne i dettagli delle proposte:

1. Evidenziare inutilità e spreco provocato dalla duplicazione organizzativa e economica, a causa dell’esistenza di Parlamentari da una parte e Comites e CGIE dall’altra;

2. Controllo capillare su ogni forma di spesa dello Stato, nell’ambito organizzativo e gestionale del Maeci, indirizzato all’identificazione e alla denuncia degli “sprechi” del sistema;

2. Sanità: rendere utile il servizio sanitario nazionale a parità di tutti gli altri “residenti in Italia” (compreso le centinaia di migliaia d’immigrati/rifugiati giunti sulle nostre coste negli ultimi anni!);

3. Pensione sociale da estendere anche ai cittadini italiani residenti in Tunisia che versano in condizioni disagiate;

4. Fisco: non doppia imposizione sugli utili liberamente guadagnati e “dichiarati” in Tunisia;

5. Cultura: maggior impegno degli Istituti di Cultura e coinvolgimento degli Italiani residenti per una maggiore integrazione tra le differenti culture di appartenenza;

6. Sport: a similitudine di quanto già realizzato nel “calcio”, favorire attraverso le rispettive Federazioni italiane, le attività congiunte tra Club in tutti i settori dello sport.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:46