Elezioni Usa 2014,   occhio alle Mid Term

Silenziosamente, ma gli americani stanno cambiando maggioranza. La disaffezione per il presidente Barack Obama è misurabile con un 43% di tasso di gradimento, il più basso dall’inizio della sua prima amministrazione. Ma la prova del 9 inizia oggi, con le elezioni Mid Term, per il rinnovo della Camera e di un terzo (36 seggi su 100) del Senato. Non sono elezioni presidenziali, d’accordo. Ma sono un vero e proprio referendum sulle politiche democratiche. E, stando a tutti i sondaggi, i repubblicani hanno ottime probabilità di ottenere una vittoria plateale.

Ci sono alcune cose che vanno tenute d’occhio in queste elezioni. Prima di tutto: sapere che esistono. Sembra che Tv e giornali, almeno qui da noi, siano del tutto assenti all’appuntamento. Ci sono ben altre cose di cui parlare, d’accordo, c’è la guerra, il terrorismo, il Jobs Act e l’immigrazione. Ma l’America è e resta fondamentale anche per noi. Queste elezioni, pur non rinnovando direttamente il presidente, ci diranno se l’attuale amministrazione continuerà a lavorare o no. Il problema è che, in assenza di candidati notevoli, di “storie da raccontare” che possano piacere anche a un pubblico italiano e soprattutto in vista di una (molto probabile) vittoria repubblicana, i giornalisti tendono a mettersi in letargo. Inutile negarlo: i repubblicani stanno antipatici ai giornalisti. Sia a quelli italiani che, soprattutto, a quelli statunitensi. Quindi una loro avanzata travolgente al Congresso è, al meglio, una non-storia. Brent Bozell, sulla National Review, ha completato un rapporto sul silenzio stampa creatosi negli Usa. In Italia è la stessa cosa, ma al cubo.

Secondo: i numeri al Senato. La camera “alta” e federale del Congresso è tuttora nelle mani dei democratici, ma potrebbe cambiare maggioranza. I repubblicani puntano proprio su quello. Sono 36 i senatori da rinnovare, ma ne bastano 6 per vincere il premio. Di questi 6 seggi, i repubblicani considerano che 3 siano raggiungibili abbastanza facilmente, i candidati del South Dakota, West Virginia e Montana. Poi c’è una manciata di altri Stati, fra cui l’Alaska (origine di Sarah Palin) che potrebbero esprimere senatori del Gran Old Party. Insomma, la conquista del Senato non è una missione impossibile per la destra americana. Cosa cambierebbe, se ci riuscisse? Cambierebbe la politica estera degli Stati Uniti. Perché, se c’è da decidere il finanziamento di una missione militare all’estero, o l’invio di armi a gruppi di ribelli, soprattutto se c’è da ratificare un trattato internazionale, si deve comunque chiedere il voto del Senato. Con un’eventuale maggioranza repubblicana in questa camera, Obama diverrebbe realmente una “anatra zoppa”.

Terzo: scandali. A quali conclusioni sono giunti gli americani dopo i numerosi scandali che hanno impazzato in questi due anni? Sembra essere passato poco tempo dalla rielezione di Barack Obama, ma in questo lasso di tempo si è scoperto che: l’agenzia delle entrate (Irs) vessava e discriminava i militanti dei Tea Party per motivi politici, la National Security Agency faceva la pesca a strascico dei dati personali di americani e non americani, la diplomazia americana era piena di segreti anche abbastanza imbarazzanti, tutti regolarmente spiattellati in faccia al grande pubblico da WikiLeaks di Julian Assange. E a tutto questo si aggiunga ebola: il modo di affrontare l’emergenza epidemia è giudicato ben poco sicuro dalla maggioranza degli americani. Niente quarantena, perché potrebbe passare per una misura “discriminatoria”, nei confronti di chi arriva dall’Africa occidentale. Un’infermiera si mette a passeggiare e girare in bicicletta in mezzo alla gente, violando scientemente l’isolamento precauzionale e nessuno la ferma. E intanto Obama nomina l’ennesimo commissario straordinario per l’emergenza (“zar”, come viene chiamato dai funzionari americani) che non è un esperto di sanità, bensì un avvocato di grido, lo stesso che aveva aiutato il candidato democratico Al Gore, nella conta dei voti contro George W. Bush.

Quarto: queste elezioni saranno il primo test per le grandi politiche di Barack Obama, prima di tutto la sua riforma della sanità e gli stimoli economici. Gli americani hanno avuto, rispettivamente, uno e due anni per giudicare come funzionino. Oggi esprimeranno un giudizio chiaro, molto più chiaro di ogni sondaggio.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:48