Se incontri per caso   Wilders su L’Opinione

Il nostro giornale somiglia sempre più a una di quelle abbazie che, durante il Medioevo, davano usbergo a tutti i pellegrini che bussavano alla porta. In quei luoghi di santità, accanto alla fede, si praticava la religione della tolleranza. Si custodiva la cultura. Così che sotto le stesse volte potessero incontrarsi, senza prendersi di spada, persone avversarie nel mondo profano.

Accade che un giorno qualunque, com’è stato lo scorso sabato, festa del santo d’Assisi, promotore di pace e amore universale, aprendo L’Opinione on-line vi si trovi uno splendido articolo di Geert Wilders sull’Islam. Qualcuno, forse, si chiederà se la scelta editoriale sia stata volutamente calcolata. Per conoscere la risposta bisognerebbe girare la domanda al direttore. Altri invece si saranno chiesti chi fosse questo signore, perché la nota in calce rimanda genericamente al pur prestigioso Gatestone Institute. In realtà, Wilders è qualcos’altro che un ordinario studioso di geopolitica. E’ il capo del Partito della Libertà in Olanda. E’ quello che la pubblicistica della sinistra europea suole definire spregiativamente: capo della destra populista olandese. Per l’immaginario collettivo dei compagni del Pd italiano, una via di mezzo tra uno spietato xenofobo razzista e un gerarca del fascismo post-industriale. Uno che, al Parlamento europeo, è l’alleato di altre “pericolose canaglie” della risma della francese Marine Le Pen, dell’italiano Matteo Salvini, dell’austriaco Harald Vilimsky e del belga Vlaams Belang. Ed è proprio nel sacro proposito di fare argine contro la barbarie alle porte che il Pse e il Ppe si sono messi insieme. Il fatto che poi si siano spartiti la torta del potere in Europa resta un particolare di dettaglio.

Per la vulgata del “politicamente corretto” Geert Wilders incarnerebbe una specie di "nazi" che calza zoccoli di legno al posto dei più teutonici stivaloni in cuoio di Treviri. Eppure, a leggere la sua biografia, Wilders sembrerebbe ben altra persona. Di estrazione laica e liberale, si dice antifascista e sionista. Definisce Oriana Fallaci un suo idolo. E’ un sostenitore delle libertà civili di stampo occidentale, quali il diritto al matrimonio gay e quello all’eutanasia. Allora cos’è che lo rende tanto odioso agli occhi del partito unico dei benpensanti? Probabilmente la sua lotta per abbattere il tabù dell’inviolabilità del dogma del multiculturalismo. Appare insopportabile la sua determinazione, in politica, a chiedere l’espulsione dei clandestini che delinquono. Wilders, l’ha scritto nel suo articolo, giudica l’Islam potenzialmente distruttivo per la nostra civiltà perché si fonda su precetti di odio e di guerra contro i non-islamici. Sebbene vi sia una maggioranza di musulmani che non crede allo scontro di civiltà ma pensi alla pacifica convivenza con gli “infedeli”, bisogna che ciò debba essere comprovato da comportamenti concludenti. In coscienza, possiamo dire che abbia torto?

Wilders ha fatto di recente una proposta al parlamento olandese di assoluto buon senso: per le persone di fede islamica che chiedono la cittadinanza, integrare il giuramento di fedeltà alla patria con l’esplicita rinuncia a riconoscere come propria legge la Shari’a e abiurare i versetti coronaci che incitano all’uccisione dei non-musulmani. L’aver pensato di difendere il proprio Paese contro le infiltrazioni di un nemico dichiarato ha fatto di lui un bersaglio da colpire. Per gli agitprop della sinistra degli arcobaleni, un “fascista” da annientare. Sarebbe razzismo chiedere a chi viene a casa nostra un impegno alla condivisione dei nostri valori fondanti? Se un impegno del genere l’avessimo chiesto al padre di Hina Saleem, la ragazza pakistana uccisa dai familiari, nel 2006, a Brescia, perché si era innamorata di un ragazzo italiano e voleva vivere all’occidentale, forse oggi lei sarebbe ancora viva. Come la giovane, bellissima, Sanaa Dafani. Stessa storia, stessa fine. Lei voleva vivere la sua vita ma il padre, quella vita, se l’è ripresa perché stando alla legge coranica della Shari’a, apparteneva a lui. E come loro tante altre donne e uomini hanno pagato il più alto prezzo per difendere il loro diritto di libertà.

Ora, sostenere questa cosa, nell’Italia della sinistra rossa dominatrice dei moderatissimi della piccola ecumene centrista, come nel resto dell’Europa del partito unico dei benpensanti, colloca Geert Wilders nella stirpe maledetta degli eretici da mandare al rogo. Apostati dell’unica vera fede buonista. Blasfemi che osano insultare il credo della contaminazione etico-culturale della nostra civiltà, dell’ineluttabilità del melting pot. Sarà! Ma per singolare circostanza, anche gli eretici talvolta trovavano rifugio nelle abbazie per sottrarsi alla furia cieca dell’ortodossia imperante.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:45