Quella strana destra  innamorata di Pechino

“Buongiorno! Ecco le foto della protesta ad Hong Kong. Sempre dalla parte di chi manifesta per la libertà, contro il regime di Pechino”. Così esordisce Giorgia Meloni (FdI), giovedì, sul suo profilo Facebook, pubblicando le foto delle manifestazioni di massa per la democrazia, di quella che potrebbe diventare la nuova Tienanmen. E nei commenti è subito rissa: “Questa volta hai toppato”, “Mai sentito parlare di Soros?”, “Non vogliamo un altro Maidan!”, “Tutta opera dello zio Sam”. Eccolo di nuovo, il complottismo anti-americano. I commenti vengono anche subissati da sostenitori di Giorgia Meloni. Il giorno dopo non ne resta traccia. Voci impazzite, ma tutt’altro che isolate. Basta fare un giro sui social network e fra le piccole organizzazioni di destra ed estrema destra, per trovare il proclama di Millennium.org (il sito della “rivoluzione comunitaria”) in difesa di Pechino contro la nuova “destabilizzazione Made in Usa”. L’associazione Russia-Lombardia, legata alla Lega Nord, lancia un comunicato, ieri, in cui ipotizza un complotto per rovesciare Putin in Russia, ordito dai nazionalisti ucraini. E nella breve “spiegazione”, leggiamo che queste tecniche di destabilizzazione e golpe, vengano sperimentate dagli Usa in Nord Africa, Ucraina e … Hong Kong. Eccola di nuovo. Insomma, nella galassia della destra, i comunisti cinesi sono i nuovi eroi. I nuovi ragazzi della Tienanmen di Hong Kong sono, come da copione di Pechino, solo dei destabilizzatori al soldo della Cia.

Come mai si è acceso all’improvviso questo amore destrorso per Pechino, proprio quando anche i più irriducibili compagni non ne sono più attratti? La risposta, almeno in parte, la troviamo a: Mosca. Avete letto bene: Mosca. Perché è la Tv russa che sta battendo la grancassa sul nuovo “golpe” organizzato dagli Usa. E su questo punto, la propaganda russa è addirittura più determinata di quella cinese. Come documenta puntualmente un articolo pubblicato ieri sul Wall Street Journal, la Tv russa ha ignorato del tutto, o quantomeno snobbato, la prima repressione a Hong Kong, avvenuta fra sabato e domenica scorsi. Lunedì ha relegato la prima grande protesta di Hong Kong in secondo piano. Solo martedì (evidentemente dopo aver preparato una campagna stampa), le Tv russe sono partite all’unisono a denunciare il “complotto”. “Secondo la stampa cinese, i leader del movimento (Occupy Hong Kong) sono stati addestrati dai servizi segreti americani” dice l’anchorman di Rossiya 24. “Pechino ritiene che l’organizzazione della protesta sia collegata al Dipartimento di Stato americano”. Il governo di Pechino, è bene saperlo, non ha mai formulato queste accuse contro gli Stati Uniti, da lunedì ad oggi. La Tv russa, dunque, parla per bocca del Cremlino più che dell’alleato cinese.

La Cina, sicuramente, ringrazia. Ma è soprattutto alla Russia che interessa far passare questa insurrezione non-violenta come un golpe americana. Putin è rimasto impressionato dai risultati della rivolta del Maidan. Nessuno avrebbe scommesso sulla sua riuscita, e invece il suo alleato Yanukovich è stato scacciato dal potere. Putin stesso ha subito una protesta di piazza nel 2011 e ha temuto che dilagasse. La paura della perdita di controllo è forte, per cui ritorna il vecchio adagio della “destabilizzazione americana” per additare alle masse un nemico esterno da combattere.

Almeno dal 2011 ad oggi, questa narrativa russa ha fatto molta presa anche in Italia. Non tanto nella stampa di sinistra, che è più istituzionalizzata e legata agli interessi dell’Unione Europea, quanto in quella di destra. E, in generale, la gente orientata a destra, inorridita dall’Ue, disorientata dalla crisi, mai convinta da Barack Obama, ormai sfiduciata dai media tradizionali italiani, si rifugia nell’informazione alternativa. E si trova pronta l’insalata russa, già servita in italiano per il grande pubblico. Ormai è diventato un riflesso condizionato. Primavera araba, Maidan, Hong Kong sono tutte rivolte viste come tappe di un grande piano di destabilizzazione ordito dagli Usa. Il lettore medio di destra, nel momento in cui vede gente in piazza ormai ricollega automaticamente allo “zio Sam”. Non solo il lettore medio: anche fior di editorialisti e opinion leader conservatori hanno sposato questa visione del mondo, in modo più o meno artificioso, strizzando l’occhio alla nuova vulgata.

Questa è una grande sconfitta culturale per la destra italiana, forse la più grave di tutte. Nato sulle ceneri dell’Urss, dopo la fine della guerra fredda, sconfiggendo i post-comunisti, il centro-destra italiano si era collocato nel nostro panorama politico come il paladino di chi era sempre stato “dalla parte giusta della storia”, di chi non aveva mai subito le lusinghe sovietiche, di chi aveva sperato in Solidarnosc e in Papa Giovanni Paolo II. E che, alla fine, l’aveva avuta vinta, pur contro tutte le speranze. Il fatto che adesso, nel centro-destra attuale, si faccia il tifo per vecchie dittature decotte e post-sovietiche, non lascia molte speranze sul futuro di questo schieramento.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:52