2004/2014: morire  per Mariù(pol)

Sono passati dieci anni dal massacro della scuola di Beslan, nella repubblica autonoma dell’Ossezia del nord, fazzoletto di terra nordcaucasica, tra le repubbliche di Inguscezia e Cecenia ed Ucraina e Georgia.

Quel primo settembre fu considerato per la Russia il proprio 11° per l’attacco terroristico subito di impronta musulmana e suicida. A fare centinaia di morti, soprattutto bambini, furono però le forze di sicurezza. Le inchieste evidenziarono rancori ed ostilità estreme tra le repubbliche autonome, tanto che si alzarono alti sospetti contro le forze di polizia ingusce. Nel 2008 un altro conflitto portò a conclusione la presidenza più filoccidentale avutasi in Ucraina. La guerra russo-georgiana scoppiò nell’Ossezia del sud, non lontano da Beslan. L’Ucraina aveva sostenuto la Gruzia, come quasi tutta l’Europa (tranne l’Italia e pochi altri) e minacciato di bloccare le forze di mare russe impedendo loro di tornare a Sebastopoli. Alla fine del breve conflitto, la Gruzia perse i territori delle nuove repubbliche, Abkhazia e Ossezia sud, annesse de facto alla Russia.

L’Ucraina andò a elezioni ed il presidente Yushenko scomparve dalla scena sostituito nel 2010 dal filorusso Janukovich. Ad aprile di quest’anno, in una certa disattenzione generale, è stato sospeso, l’NRC (NATO-Russia Council), l’accordo siglato a Pratica di Mare nel 2002, tante volte sventolato da Berlusconi e tante volte ridicolizzato dagli avversari. Nato e Russia avevano cominciato a dialogare già prima con il PJC (Permanent Joint Council) del 1997. La differenza non era però di poco conto. Sia Pjc che Ncr si concentravano sui temi comuni della sicurezza e della lotta al terrorismo; le nuove riunioni però non erano più tra Russia da un lato e Nato dall’altra, ma tra 29 membri senza distinzioni. Nei primi tempi di Bush e Putin, questa Nato a 29 era una armata del Nord che trovava il suo nemico nell’Islam. Sotto questo ombrello, anche l’Ucraina dal 1997 era entrata nel NUC (NATO-Ukraine Commission), cooperando con forti contingenti con la NATO, in Afghanistan, Kosovo, nelle operazioni antipirateria dell’Ocean Shield e del mediterraneo Active Endeavour.

L’ulteriore sviluppo degli accordi, firmati nel 2009, era stato invece influenzato dal conflitto russogruzo. Comunque dal ’97 esercitazioni navali congiunte erano divenute nornali nel Mar Nero sempre con approdo finale a Sebastopoli. Nel 2008 le dichiarazioni Usa sull’entrata nella Nato di Ucraina e Gruzia aveva gettato una sinistra luce sulle esercitazioni senza bloccarle. Ci sono state anche quest’anno a luglio, capitanate da italiani e bulgari, dislocate diversamente e senza sbarco in Crimea per ovvie ragioni. L’ultima adesione dell'Ucraina ai programmi Nato è stata la partnership, assieme a Gruzia, Finlandia e Svezia nelle cosidette Forze di Risposta Nato. Teoricamente, non sono stati ancora denunciati gli accordi che permettono esercitazioni e operazioni comuni Nato-Russia e Nato-Ucraina.

D’altro lato la Russia non è un membro della Nato e nemmeno l’Ucraina lo è. Può essere sempre conclusa un’alleanza, che sarebbe però last minute, legata alla contingenza degli ultimissimi eventi. La Russia può fare esercitazioni vicino alle frontiere o sorvolare aree sensibili. La Nato può per un mese e più tenere centinaia d militari nel quadro polaccobaltico. La Nato ha impiantato radar e missili nei paesi alleati esteuropei anche se Pjc e Ncr stabilivano l’assenza di basi o altri presidi in funzione antirussa. La Russia ha continuato a dare passaporti a molte realtà statuali secessioniste non riconosciute, oltre a mantenere forze militari in aree dei paesi ex sovietici caucasici.

Quando i teorici della sicurezza Usa parlano di controllo del Caucaso per la stabilità, si pensa che il loro sia solo un esercizio teorico. Nelle scuole e Tv russe si parla spesso di Novorossja, territorio strappato dagli zar ai mongoli e turchi nella conquista dell’Ucraina. Il riferimento storico va al Khanato di Crimea, l’ultimo a sopravvivere dei regni mongoli dell’Orda d’Oro. La presentazione di questa nuova entità territoriale, secondo uno schema già visto, descrive l’intenzione russa di sottrarre all’Ucraina un altro pezzo di territorio, peraltro ad alta russofonicità. Le ultime notizie indicano che la guerra civile ucraina invece di estinguersi, si è estesa dal Donbass al sud sulla via che, attraverso Marjupol, congiunge Crimea e Russia. L’esercito ucraino per avanzare, bombarda e cannoneggia i suoi civili per poi, finire in rotta, e non solo una volta. Malgrado ciò i nuovi ministri di Kiev esprimono baldanzose intenzioni di revanche militare. Rompuy, il famoso straccio umido, e Ashton sono stati sostituiti da Tusk e Mogherini ai posti di presidente e capo esteri dell’Europa che non li dovranno far rimpiangere.

Una coppia italopolacca invece che anglobelga non cambia molto poiché sono i premier europei e gli Usa a trattare direttamente con Mosca. Nondimeno la voce polacca che dichiara l’esistenza di uno stato di guerra tra nazioni e che ne prevede l’allargamento in Europa; e quella italiana che dà la colpa esclusiva a Mosca della fine della cooperazione, facilitano un orizzonte solo militare. Almeno un’allusione al milione di rifugiati ed ai più di duemila morti sarebbe stata gradita, anche perché abtuale in altri casi. Nemmeno una reprimenda ai movimenti pacifisti, assolutamente assenti, non sarebbe dispiaciuta. Qualche migliaia di militari Nato potranno rincuorare qualcuno ma in realtà portano sul terreno preferito da Mosca.

Non si dimentichi che le ostilità nascono dalla contesa attorno ad un paese che aveva 150 miliardi di Pil, ora in caduta libera; che la contesa era diplomatica su due diverse proposte di unione doganale, russa ed europea. Che i protagonisti ucraini di quel braccio di ferro, Timoshenko e Yanukoich, sono ormai politicamente fuori di scena. Prima che l’Europa diventi una Beslan dove per fare bene si fece peggio del male, i suoi vertici potrebbero cercare di rivedere i propri passi diplomatici e riformulare l’unione doganale trovando una cooperazione a tre. Anche perché un’Europa in crisi ha vantaggio nella partnership commerciale con Mosca, mentre con Kiev si esercita in una questione di mero principio.

Per sostenere i principi deve valere la pena e bisogna avere la forza necessaria. Nel ’39 si cominciò per Danzica. Stavolta non si dovrebbe morire per Mariù(pol), ma per le cattive pensate e gestioni dell’allargamento ad est, che già ha fatto molti danni.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:43