I lunghi tentacoli   della “piovra nera”

Si è svegliato il mondo occidentale per arginare il dilagare, il purulento, vigliacco e matto assassino dell'Isis? Una bella domanda! In effetti c'è qualche timido segnale di contrasto ma, francamente, ancora molti non hanno capito che lo stato islamico è sostanzialmente una piovra che con i suoi tentacoli, che poi sarebbe la fitta rete di tagliagole e il perverso modo di applicare il credo religioso, sta strangolando il mondo anche attraverso la grancassa mediatica che non perde occasione per comunicare in modo discutibile le gesta del vario e avariato mondo dell'estremismo religioso.

A parte qualche raid americano l'Occidente guarda sgomento questo film e non sa come modificarne la trama. Ci dobbiamo rendere conto che l'Islam ribelle ora si chiama jihad con una costante non indifferente che è il nuovo-antico sogno del Califfato che punta ad alterare completamente le frontiere di buona parte di quello che un tempo si chiamava Terzo Mondo il quale ha alimentato le speranze, per meglio dire le utopie di intere generazioni marxiste.

Infatti, fallito il sogno del socialismo reale in Africa di Julius Kambarage Nyerere e di Nasser, bisogna ricordare che anche lui fu contrastato dai Fratelli Musulmani, tramontato il panarabismo e la lotta al neocolonialismo, che appartengono alla storia antica, il presente incarnato da Al Baghdadi punta come Leone Trozky all'esportazione della propria rivoluzione. Non bisogna sottovalutare i tanti casi di emulazione come quello del mese di luglio nell'Africa Orientale, in Kenya dove gli attentati non sono stati compiuti dagli Shebaab somali, ma dal braccio armato del Comitato repubblicano di Mombasa che intende restaurare sulla riviera il medievale Califfato di Zanzibar. E poi? Anche se dovrà passare tanto tempo e scorrere molto sangue, se non s'interviene in modo compatto, razionale e intelligente non è detto che il sogno dei nuovi integralisti non approdi in Spagna e addirittura a Roma.

Intanto stiamo assistendo allo sconquassamento degli equilibri mondiali con una velocità che non ha precedenti. L'Iraq sembra destinato a una tripartizione fra sciiti nel sud, sunniti nel centro nord, e curdi sulle montagne presidiate dai peshmerga, i leggendari guerriglieri guidati dai Barzani, che si trovano a un passo dall'ottenere l'indipendenza. L'indipendenza, non l'autonomia che le potenze della regione gli hanno più o meno accordato col passare dei decenni. Uno Stato curdo in Iraq ha come inevitabile corollario il rafforzamento delle altre enclaves nazionali che sorgono in Iran, in Turchia, in Siria.

La prospettiva, ancora non facile, è quella di unificare la nazione curda dispersa per secoli. Al progetto può contribuire la ricchezza petrolifera sottratta all'avanzata dell'Isis con la battaglia di Kirkuk , una città benedetta da così tanto petrolio (750mila tonnellate di greggio al giorno) da rendere economicamente possibile lo Stato curdo, con le relative modifiche dei confini di quasi tutte le potenze della zona. Oltre tutto, secondo parecchie fonti, i peshmerga hanno un di più: sono gli unici a poter contenere militarmente le bandiere nere di al Baghdadi. Anche "il califfo" può contare su ingenti riserve petrolifere nei territori conquistati in Siria e in Iraq. Mezzo milione di dollari al giorno, si calcola, ricavati almeno per ora dal mercato nero. Mercato nero anche delle armi che arrivano dalla galassia sunnita della penisola arabica, sempre timorosa di un rafforzamento nell'area del golfo dell'Iran sciita. L'allarmato messaggio del Re saudita la dice lunga su quanto sta succedendo e dimostra come la stessa Arabia saudita si sia accorta, dopo averla finanziata, della pericolosità dell'Isis.

Insomma, un passo falso. Intanto, i proclami continuano i tagliagole hanno già promesso in un video di uccidere il re Abdullah di Giordania, e una serie di attentati anche in Marocco. In tutto questo marasma molti si sono deimenticati di Al Qaeda, dell'11 settembre, degli attentati in Spagna e in Inghilterra. Un grave errore visto che quest'ultima mantiene sempre l'egemonia sull'internazionale del terrore, visto che la rete islamista in Africa, in Afghanistan, in Pakistan risulta ancora connessa allo sceicco al Zahawiri, il medico che ha ereditato la leadership da Bin Laden. I Boko Haram nigeriani, le cellule operanti nel Sahel e in Mauritania, gli stessi Shebaab somali, sembrano non scostarsi dall'ortodossia qaedista. Ma tutti costoro vivono di sangue e di ricatti, gestiscono la filiera dell'eroina che arriva da Kabul e della cocaina che arriva invece dal Sud-America. Senza contare o sarebbe meglio dire contando i terroristi libici, sempre a metà strada fra banditismo e religione.

Lo jiahdismo è sempre come quella piovra che allungherà, se continua il "tiepidismo occidentale" ad allungare i suoi tentacoli sul mondo riuscendo a stabilire nuovi confini. Qualcuno ha azzardato a paragonare Abu Bakr al Baghdadi, l’uomo in nero che sogna di ripercorrere i fasti dei califfi dei primi secoli dell’Islam a Ṣalāḥ al-Dīn al-Ayyūbi, che era crudele e spietato in battaglia ma rispettava i vinti. Quello visto predicare (a modo suo) dal pulpito della Moschea di Mosul è un volgare assassino assetato di sangue, dispensatore di violenza e pieno di fanatismo. Il credo religioso è un'altra cosa! Col passare degli eventi ci si rende conto che non servono i tavoli di dialogo o la ricerca di soluzioni politiche ma una strategia comune per sconfiggere la piovra nera. Il resto è ipocrisia!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47