Le leggi antigay   in Kirghizistan

La politica russa sui diritti civili è stata oggetto di analisi di una conferenza tenutasi il 2 Agosto, a Roma, organizzata dall’ Associazione Certi Diritti, moderata da Leonardo Monaco, con il gruppo promotore del sito web “Il Grande Colibrì”, l’attivista del Kirghizistan, Dastan Kasmamytov e la collaborazione di Antonio Stango che segue i lavori all’Onu per il Partito Radicale Transazionale. La politica russa è sempre stata discriminante nei confronti delle persone omosessuali e Lgbti, ma negli ultimi anni stiamo assistendo ad un incremento di tale fattore repressivo. La Russia cerca di diffondere sempre più l’omofobia soprattutto nei paesi dell’est europeo e negli ex stati sovietici dell’Asia.

Il Kirghizistan sta discutendo in questi giorni una serie di provvedimenti legislativi perfettamente simili a quelli approvati lo scorso anno dal Cremlino. Kasmamytov richiama l’attenzione sul quadro legislativo dello stato del Kirghizistan che prevede la detenzione fino a cinque anni per ogni notizia che diffondi informazione sui mass media riguardante le relazioni sessuali non tradizionali. La legge sulla propaganda è parte di un pacchetto importato dalla Russia, costituito per minare i diritti umani, la democrazia, la libertà di espressione e l’associazionismo civico in Kirghizistan come ben documentato anche dai rapporti di Human Rights Watch. Il governo del Kirghizistan ha già limitato il diritto di assemblea e riunione pubblica delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani ed è in corso una decisa repressione contro gli attivisti che esprimono il loro dissenso al pacchetto legislativo importato dalla Russia.

Altra problematica di particolare rilevanza è quella legata alle istituzioni religiosi principali del paese. I muftì, autorità musulmana locale, hanno emesso, nel Gennaio di quest’anno, un’ordinanza religiosa che ha inciso molto sull’opinione pubblica nella crescente spirale d’odio verso la comunità Lgbti. La denuncia delle organizzazioni per la tutela dei diritti richiamano l’attenzione anche sull’influenza russa nel manipolare le informazioni. Le autorità russe pagano i giornalisti locali per scrivere articoli pieni di odio e per organizzare incontri anti- Lgbti. Antonio Stango si è soffermato sui meccanismi internazionali degli stati dell’ex blocco sovietico e l’azione delle Ong nelle zone asiatiche e nello stato del Kirghizistan. L’analisi si è soffermata sulla repressione in atto di Putin contro tutte le Ong che avanzano proposte di democrazia e di libertà ricordando sia una missione nel 2003 con Nessuno Tocchi Caino nel Kirghizistan per l’abolizione della pena di morte sia la Rivoluzione dei Tulipani che nel 2004 con manifestazioni a furore di popolo, dal forte carattere nonviolento, rovesciarono l’allora sistema di potere.

Tale episodio fu subito al centro delle manovre politiche russe e se vi furono speranze per un lento cambiamento verso la democrazia, tali speranze furono schiacciate dall’intervento politico russo. Stango si è soffermato su tre fattori che il governo del Kirghizistan sta operando per adeguarsi alle “direttive “russe, direttive consistenti sia nei decreti per la propaganda di relazioni affettive, sia nella legge “contro gli agenti stranieri” che crea difficoltà alle organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti e infine la diffusione capillare di informazioni anti-Kiev in tutti gli stati asiatici della Russia e non solo, informazioni che vengono create ed elaborate a Mosca. Anche in questo caso l’opinione pubblica occidentale mobilitandosi potrebbe incidere verso un contributo di cambiamento del regime di Putin.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:44