Finalmente svelato   il bluff dell’Argentina

Una delle battute più frequenti del Mondiale Fifa 2014? “Il rigore ha vinto sugli spendaccioni”, perché la Germania (la patria della Merkel) aveva sconfitto l’Argentina, terra del peronismo e del populismo. Si trattava di una battuta abbastanza fuori luogo, visto che si parla pur sempre e solo di calcio: Messi non è responsabile del debito argentino, la squadra di Loew non decide sulle sorti dell’euro. Ma adesso la battuta torna attuale. Perché i fautori del rigore, che questa volta si trovano a New York, hanno messo alle strette il governo argentino, obbligandolo a pagare almeno 1,3 miliardi di dollari, una parte del suo debito.

Ma non si era detto che l’Argentina fosse rinata dalla sua grande crisi del 2001-2002? Qualcuno, in Italia, che preferiamo non nominare, l’aveva addirittura citata ad esempio e avrebbe voluto che noi facessimo le stesse cose. Il problema è che l’uscita dalla crisi del 2001-2002, la peggiore della storia recente del Paese sudamericano, non è mai realmente finita se non in modo illusorio. Nel 2001, infatti, l’Argentina fece bancarotta perché non era in grado di pagare ben 100 miliardi di dollari ai suoi creditori interni ed esteri. I nostri piccoli risparmiatori (pensionati, impiegati, piccoli commercianti, non certo grandi finanzieri col cilindro e il sigaro) si ritrovarono con cartastraccia al posto dei buoni del tesoro argentino che avevano comprato. Saggezza avrebbe suggerito agli argentini di eleggere governi che facessero piazza pulita degli errori commessi dai loro spendaccioni predecessori. E invece? Invece è subentrato il fattore culturale. Dopo decenni di populismo peronista e appena un decennio di riforme liberali (per altro incomplete), la maggioranza degli argentini diede la colpa al “liberismo selvaggio” e mandò al potere la nuova dinastia dei Kirchner, peronisti e di sinistra, ancor più inclini alla spesa pubblica rispetto ai peronisti di destra che li avevano preceduti.

Fatto sta che, Nestor prima e Cristina Kirchner poi, invece di ristrutturare lo Stato che era andato in bancarotta, decisero di ristrutturare il debito, transando quanto e come potevano con i creditori. Lo fecero in due riprese, nel 2005 e nel 2010. Il 93% dei creditori accettò di incassare molto meno di quanto spettava, o rinunciò del tutto, o cedette i crediti. Nel frattempo, i Kirchner hanno stampato tantissima moneta, per ottenere l’effetto di una svalutazione competitiva (anche di una svalutazione del debito). Non solo non hanno ridotto la spesa pubblica, ma l’hanno aumentata, nel nome della crescita. Il 7% dei creditori, fra cui i fondi Nml e Aurelius Capital, non sono scesi a patti. Ora vogliono riavere i loro crediti. È su questa battaglia che l’Argentina si sta incartando, perché, in una causa internazionale, la magistratura statunitense (il foro competente è New York) ha dato ragione ai creditori.

L’Argentina non pare proprio in grado di pagare e potrebbe già aver dichiarato la sua seconda bancarotta in 13 anni mentre questo articolo va in stampa. In particolare, il governo teme che anche tanti altri creditori insoddisfatti si facciano di nuovo vivi e questo creerebbe le premesse per una crisi simile a quella del decennio scorso.

E adesso che si fa? Si va di retorica. Il modello argentino di ripresa basata su svalutazione e ristrutturazione del debito, è evidentemente fallito, ma i peronisti non lo ammettono e il popolo li segue. I creditori, che vogliono semplicemente riavere indietro i soldi che hanno prestato, sono chiamati “avvoltoi”, la piazza chiede a gran voce di non pagare i debiti. E non pochi improvvisati economisti, anche dalle nostre parti, danno loro ragione. Gli argentini e i loro fans europei ritengono che i fondi americani siano “colpevoli” di speculazione, perché hanno acquistato i buoni del tesoro di Buenos Aires durante la crisi, quando costavano pochissimo e vogliono incassare una rivalutazione del 1300%. Ma nel 2001 l’Argentina aveva bisogno disperatamente di soldi e i suoi attuali creditori sono fra i pochi che glieli hanno dati. Adesso vogliono solo che vengano rispettati accordi firmati e alla luce del sole. Nessuno ha obbligato i Kirchner a fare cattivi investimenti, invece che risparmiare denaro non loro. Pochi realizzano che, finora, l’Argentina ha bluffato ed ora, semplicemente, un tribunale di New York ha detto “vedo”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:49