Errori madornali   e... mediorientali

Per enumerare gli errori degli Stati Uniti, almeno in questi ultimi decenni, non basta un articolo né un libro ma la storia. Intanto oggi tutto il Medio Oriente sta bruciando.

Esisteva un luogo comune che recitava più o meno così: la macchina amministrativa statunitense è talmente fatta bene che chiunque la può guidare. Beh, abbiamo visto in questi ultimi anni che non è stato proprio vero. Tanto per rimanere agli ultimi due presidenti: uno sembrava si trovasse sempre spaesato, al posto sbagliato nel momento sbagliato; l’altro, dopo aver condotto una campagna per le primarie aggressiva e persino sessista contro la candidata del suo partito, è entrato in un’eclisse permanente.

Nel caso del primo presidente, l’amministrazione andava avanti a sua insaputa; nel caso del secondo, la superpotenza sguazza nel dubbio cronico e il ruolo stesso dell’amministrazione diventa un peso. Dubbio che nella realtà si traduce in una bella e buona fuga dalle responsabilità. In questo scenario l’Onu ha una presenza rarefatta che mette a nudo, meglio di ogni altra cosa, la totale impotenza della comunità internazionale, in balia di una crisi esistenziale. Se l’invasione dell’Iraq nel 2003 sia stato un grave errore strategico, lo potrebbe capire perfino una matricola di Scienze politiche. Uscire dall’Iraq nel 2011 ed a quelle condizione, oltre ad un gravissimo errore, è stato irresponsabile e di quell’errore restano decine di migliaia di morti sulla coscienza. L’abbandono dell’Iraq ha messo questo sfortunato paese ufficialmente nelle mani della teocrazia iraniana. La pesante ingerenza di Teheran ha spinto il governo di al-Maliki verso un potere monopolista che ha esasperato sia i sunniti già bistrattati, che gli sciiti di Muqtada al-Sadr e di Ammar al-Hakim che rifiutano ogni alleanza con al-Maliki.

L’Occidente e gli Stati Uniti d’America pare che in Medio Oriente perseguano con perseveranza una politica alquanto perversa che ha come unico scopo non stizzire l’innaturale regime teocratico iraniano. La tolleranza infinita verso il regime iraniano, l’arrendevolezza nei confronti del dittatore siriano sono figlie di questa politica; e questo losco rapporto tra la superpotenza in stato confusionale e la teocrazia all’ultimo stadio della sua sopravvivenza ha prodotto come figlio naturale questo settario dittatore nano iracheno che è Nuori al-Maliki.

Ciò che succede in Medio Oriente e nel Nord Africa sono le schegge di questa sciagurata politica di appeasement, che ormai non è neanche in grado di ridurre le dimensioni del danno provocato e dirimere l’impasse integrale e sanguinaria in cui ha trascinato interi popoli. Si cerca la chimera e il sogno di un comportamento diverso dall’integralismo islamico, che ricordiamo è nato nell’Iran dei mullà dove ha tuttora il suo cuore batte. Come se illuminismo, democrazia e laicità non fossero il patrimonio dell’umanità, ma solo valori occidentali. Come se i Diritti Umani, la cui prima traccia è nel Cilindro di Ciro il Grande, non riguardino tutti gli esseri umani. Gli esperti del Medio Oriente sui giornali, soprattutto italiani, danno sfogo alla loro fantasia. Menzionano tutti i paesi che materialmente si trovano in quella martoriata zona. Omettono però volentieri il regime teocratico iraniano che fomenta il disordine nella regione e che da anni, e negli ultimi mesi e giorni, raccoglie i morti tra i suoi uomini presenti in Siria e in Iraq e che ha riempito dei suoi razzi Gaza e il Sud del Libano.

Ai troppi numerosi esperti mediorientali passa sotto il naso il fatto che da anni il pasdar Ghasem Soliemani, per conto di Khamenei naturalmente, è l’uomo più potente nel Medio Oriente, e che con le sue nefaste azioni incendia tutto il Medio Oriente per salvaguardare l’innaturale e liberticida regime iraniano. Questi bravi esperti, come la scimmietta che non vede non sente non parla, non spiegano come possano alcune migliaia (si stimano da tre fino a undici mila) di uomini dell’Isis o Isil – il cosiddetto Stato islamico dell’Iraq e del Levante – prendere Mosul, una città di tre milioni di abitanti, dove vivono più di centomila ex militari, in un batter d’occhio. Chi ha taciuto sulla gestione prepotente e settaria di al-Maliki, completamente dipendente da Khamenei e con il beneplacito di Obama, deve ora continuare a raccontare altro. Deve continuare a tacere sulla ribellione popolare, per anni pacifica, dei sunniti in rivolta in cinque regioni irachene. Deve tacere sulla disastrosa e criminosa politica del nuovo dittatore dell’Iraq. Non deve neanche porre il dubbio che la guerra a Gaza serve anche a far distogliere l’attenzione dalla controversa situazione in Iraq e dall’impasse sulla questione nucleare dei mullà. Deve considerare la teocrazia iraniana soluzione e non problema in Medio Oriente. Mentre i mass media e gli esperti presentano la guerra mediorientale come una guerra di religione – falso, ridicolo e forviante – milioni di persone vivono in una situazione catastrofica. Migliaia di persone in carne e ossa quando aprono gli occhi ogni mattina stentano a credere di essere ancora vivi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:44