Putin vuole creare   una nuova Urss?

La firma a Bruxelles, lo scorso 27 giugno, dell’Accordo di Associazione con l’Unione Europea, della Georgia, Moldavia e Ucraina, ha segnato il momento più basso nelle relazioni tra Mosca con le tre ex repubbliche sovietiche. Mentre per Tbilisi, Chisinau e Kiev l’accordo ha costituito un momento storico fondamentale, dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica, esso ha scatenato invece le ire di Putin e sarebbe ingenuo pensare che la Russia si arrenderà così facilmente.

Come la crisi in corso in Ucraina ha dimostrato, infatti, le ex repubbliche sovietiche che tentano di fare scelte geopolitiche senza l’assenso o peggio in direzione opposta al Cremlino, rischiano davvero grosso. Tutti ricordano quanto successe alla Georgia del presidente filo-occidentale Mikheil Saakashvili nell’estate del 2008, quando, con l’appoggio diretto delle truppe russe, le province dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud si distaccarono da Tbilisi; Mosca riconobbe subito le due regioni che sono de facto indipendenti da quel momento. Oggi, la prospettiva di un loro ritorno con Tbilisi sembra più lontana che mai.

Uno dei tre nuovi associati all’Ue, la Moldavia, ha lottato per due decenni per affermare il controllo sulla regione separatista della Transnistria; de facto indipendente dal 1992 con la protezione russa, lo scorso marzo, come la Crimea, la piccola regione ha chiesto l’annessione a Mosca. A febbraio, anche la provincia autonoma della Gagauzia ha annunciato, attraverso un referendum popolare fortemente appoggiato e finanziato dalla Russia, che, se la Moldavia perdesse la sua sovranità, la Gagauzia avrebbe l’immediato diritto di secessione. Il rischio è ora che i leader secessionisti, sotto la spinta russa, possano utilizzare l’accordo di associazione con l’UE quale pretesto per rivendicare una presunta perdita di sovranità e inneggiare all’indipendenza.

Oltre a scoraggiare in tutti i modi le ex repubbliche sovietiche dal perseguire legami con l’Ue, Putin ha inventato una nuova associazione di stati, l’Unione Eurasiatica; il 29 maggio scorso i leader di Russia, Bielorussia e Kazakistan hanno firmato l’atto costitutivo dell’Unione che entrerà in vigore l’anno prossimo, dopo le ratifiche parlamentari. Il presidente russo ha voluto precisare che la nuova unione non è destinata a far risorgere l’Unione Sovietica, ma ha anche aggiunto che ogni ex repubblica sovietica è libera di aderire. La nuova istituzione ha riscosso ampio consenso popolare nei tre paesi firmatari. Secondo un recente sondaggio, in Kazakistan circa il 70 per cento della popolazione è favorevole alla nuova Unione.

La “moral suasion” di Putin nei confronti degli stati vicini sta ottenendo già i primi risultati; nei mesi scorsi, l’Armenia che, dopo la guerra del 1992 con il vicino Azerbaigian per la regione separatista del Nagorno-Karabakh, ospita migliaia di soldati russi in supporto alle proprie forze armate, ha interrotto bruscamente i negoziati di associazione con l’Ue e ha annunciato la sua intenzione di aderire alla nuova Unione Eurasiatica.

Altro Paese che ha risposto con prontezza alle “sirene” di Mosca è il Kirghizistan; uno dei paesi post-sovietici dell’Asia centrale meno avanzati, non ha mai trovato una stabilità politica interna dai tempi dell’indipendenza dall’Unione Sovietica e nel 2010 ha visto forti tensioni etniche nel sud del paese, dove gli scontri tra comunità uzbeke e kirghise hanno causato centinaia di morti. Il governo kirkhiso ha chiuso recentemente il centro di transito militare statunitense vicino alla capitale Bishkek (utilizzato dalla forze americane quale base logistica avanzata verso l’Afghanistan), ha firmato con la Russia l’accordo per l’unione doganale e ha dichiarato l’intenzione di aderire al più presto all’Unione Eurasiatica.

Il Cremlino sta utilizzando anche altre strategie per esercitare la propria pressione sulle ex repubbliche sovietiche che intendono avvicinarsi all’Occidente. Il ministero degli Esteri russo ha annunciato che dal 1 ° gennaio prossimo non sarà più consentito ai cittadini dei paesi post-sovietici, che non sono membri dell’unione doganale e dell’Unione Eurasiatica, di entrare in Russia senza passaporto, come era possibile fino ad ora. Il passo sarà probabilmente presto seguito dall’obbligo di visto di ingresso per i cittadini di quei paesi e da una restrizione dei permessi di residenza per lavoro; questo potrebbe creare seri problemi, ad esempio, ai circa 1,5 milioni di tagiki che vivono e lavorano in Russia e che inviano alle loro famiglie a casa le rimesse che sono fondamentali per l’economia del Tagikistan.

Nel gioco del bastone e della carota, lo scorso mese di aprile, Putin ha firmato un nuovo decreto che semplifica la procedura di ottenimento della cittadinanza russa per i russofoni che vivono nelle ex repubbliche sovietiche. La legge, approvata appena un mese dopo l’annessione della Crimea alla Russia, è destinata in primo luogo alle migliaia di Ucraini di origini russe, specialmente residenti nelle zone orientali del paese, che mal sopportano il nuovo corso di Kiev; ma potrebbe permettere a milioni di altri russofoni dei paesi aderenti all’Unione Eurasiatica di ottenere la cittadinanza russa ed essere utilizzata quale strumento di pressione financo su paesi come Estonia e Lettonia, che hanno grandi comunità russofoni

Certo gli ambiziosi piani di Putin devono però fare i conti anche con le posizioni dei leader degli altri Paesi. In una recente sessione della Commissione economica eurasiatica a Sochi, in Russia, Bielorussia e Kazakistan hanno respinto la proposta del Cremlino di introdurre dazi doganali per le merci importate dall’Ucraina se quel paese avesse firmato l’accordo di associazione con l’Ue. Il governo bielorusso, del fiero presidente Lukasenko, ritiene che sia diritto sovrano dell’Ucraina di firmare accordi con l’Ue - in contraddizione netta alla posizione espressa pubblicamente da Putin - e sembra che Minsk voglia anche introdurre dazi doganali sui prodotti elettronici importati dalla Russia.

Così com’è, l’Unione Eurasiatica pare avere due obiettivi principali: ostacolare l’integrazione delle ex repubbliche sovietiche con l’Occidente e rafforzare ulteriormente il potere di Putin nella regione. Il progresso economico dei paesi membri sembra non essere invece tra le priorità dell’unione; secondo molti analisti, se l’Unione Eurasiatica non riuscirà a produrre benefici economici tangibili sarà destinata a diventare un’altra iniziativa fallimentare di Mosca e dei suoi alleati, come la Comunità degli Stati Indipendenti, l’Unione Russia-Bielorussia o l’Unione dell’Asia centrale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47