Sarkozy, Parigi   val bene una messa

Nicolas Sarkozy, dopo il fermo giudiziario ordinato della procura nazionale francese, è stato posto in stato d’accusa dal giudice istruttore di Parigi. I reati che gli vengono contestati sono particolarmente gravi. Vanno dalla corruzione, al traffico d’influenze, alla violazione del segreto istruttorio.

L’indagine ha preso le mosse dal sospetto che l’ex capo di Stato avesse percepito finanziamenti illeciti per le presidenziali del 2007. Sarkozy ha fatto molto male all’Italia, pugnalandola alla schiena sulla vicenda libica. Non proviamo per lui alcuna umana simpatia. Tuttavia, non riusciamo a gioire delle sue ambasce giacché la vena cavalleresca radicata nell’éthos della destra politica italiana ci impedisce di godere dell’altrui disgrazia. Avremmo preferito vederlo sconfitto in uno scontro leale, affrontato a viso aperto. Lasciamo alla sinistra giustizialista il poco invidiabile privilegio di accanirsi sulle disavventure giudiziarie dei propri avversari.

In realtà, l’inglorioso declino di Sarkozy sollecita qualche riflessione. In primo luogo, dobbiamo constatare che il quadro politico francese vada evolvendosi in modo speculare rispetto a quello italiano. Da qualche tempo anche nel Paese della “grandeur” il fattore “giustizia” è divenuto una variabile indipendente nel processo di costruzione della leadership politica. Il caso di Dominique Strauss Kahn ha fatto scuola. Direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Strauss Kahn era il possibile candidato socialista nella sfida a Sarkozy per le presidenziali del 2012. Un arresto a New York per presunti reati sessuali, successivamente smentiti, a pochi giorni dalla presentazione della sua candidatura, gli impedirono l’ascesa all’Eliseo.

Le prossime elezioni presidenziali sono fissate per il 2017. Il socialista Hollande, presidente in carica, sta precipitando nei consensi. L’elettorato del centrodestra si riconosce nell’Ump (Unione per un movimento popolare), una sorta di Forza Italia d’Oltralpe. Fondata nel 2002, l’Ump è il luogo di sintesi di differenti correnti ideologiche della destra tradizionale. Vi confluiscono gollisti, liberali, conservatori e democristiani. Sarkozy, erede indesiderato di Jacques Chirac, ha scalato il vertice del partito divenendone presidente nel 2004. Il blocco sociale di riferimento dell’Ump è il ceto medio che, come in Italia, è stato particolarmente colpito dalle politiche di austerity dell’Ue. Caratteristica dell’elettorato di centrodestra è quella di credere nel potere carismatico delle leadership.

Dunque, l’eclissi della stella Sarkozy ha disorientato il tradizionale bacino elettorale. Prova ne è stata la pesante sconfitta dell’Ump alle ultime elezioni europee. La debacle ha indotto l’ex presidente a progettare un ritorno in scena, nella convinzione che il suo indubbio carisma avrebbe funzionato da catalizzatore dei consensi perduti. L’azione di queste ore della magistratura ha affondato la “variante Sarkò”. Dall’Ump si sono levate accuse di giustizia ad orologeria. La somiglianza con lo scenario italiano è impressionante. Il colpo è da KO.

È presumibile che nei prossimi tempi si assisterà, com’è già accaduto in Italia, ad un’implosione del blocco elettorale di centrodestra. Una parte di esso finirà attratto nella sfera di consenso di Marine Le Pen, la quale, a sua volta, sta riposizionando il Front National per poter intercettare il voto gollista e conservatore dell’Ump. Un’altra porzione, marcatamente moderata, sarà tentata di guardare a sinistra, esattamente com’è accaduto in Italia con Renzi, a patto che Hollande, nella fase ultima del suo disastroso mandato, faccia un po’ meno l’Hollande e molto di più il Renzi della situazione. Almeno dal punto di vista della comunicazione d’immagine. L’asse creato con il nostro premier potrà servirgli allo scopo.

Una porzione consistente di ceto medio, invece, il giorno delle elezioni se ne resterà a casa, in attesa che una nuova alba sorga su un centrodestra giunto a fine corsa.Tuttavia, al netto delle molte similitudini tra il quadro della destra francese e quella italiana, resta una differenza sostanziale che è data dalla qualità soggettiva degli attori. Per quanto ci abbia provato, Sarkozy non è Berlusconi. Non è questione di morale. Entrambi sono devoti al credo di Oscar Wilde per il quale, dopo la morte, sarebbe preferibile il paradiso per il clima ma l’inferno per la compagnia. È piuttosto una questione di “plusvalore”. Berlusconi ha dimostrato di valerlo, resistendo a vent’anni di attacchi giudiziari. Sarkozy, di là dalla fama di duro di cui ha voluto cingersi, ce la farà a reggere? È presto per dirlo.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:49