La tassa sui media e l’ombra-censura

L’Ungheria è tornata recentemente a far parlare di sé, e non certo in modo positivo. L’ombra di Viktor Orbán, primo ministro (eletto nel 2010 e recentemente riconfermato per altri 4 anni) contraddistintosi per derive autoritarie, sembra stagliarsi nuovamente sul settore dei media, mettendo a rischio pluralismo e libertà di informazione.

L’11 giugno scorso il Parlamento ungherese ha approvato (con 144 voti favorevoli e 30 contrari) la controversa legge che prevede la tassazione dei ricavi pubblicitari delle media company (televisioni, radio e siti internet non statali, ma in autunno potrebbe essere estesa anche a social network e motori di ricerca). L’aliquota è progressiva, in base alle entrate, e comunque pari al 40 per cento dei ricavi annuali in caso di revenue superiori ai 65 milioni di euro.

“La nuova legge non fa che peggiorare l’assetto del settore, mettendo a rischio le possibilità per il mercato ungherese di attrarre investimenti”, è stato il commento di Ross Biggam, direttore generale dell’Associazione delle televisioni commerciali europee (Act). Stando ad un parere condiviso, sembra che la nuova legge sia stata concepita per colpire Rtl Klub, canale di intrattenimento – primo per ascolti – del gruppo tedesco Rtl (Bertelsmann). Le dichiarazioni rilasciate da Làzàr, principale esponente del partito di governo Fidesz – Unione civica ungherese, sembrano avvalorare questa ipotesi.

“Rtl sta minacciando il Paese. Sarebbe bello se si esercitassero a casa loro, in Germania, e non qui”. Secondo il governo ungherese l’iniziativa è volta a garantire un’equa ripartizione degli oneri pubblici e punire i media che puntano soltanto all’intrattenimento, venendo meno ai loro doveri di servizio pubblico (doveri, ci piace precisare, cui i media commerciali non sono sottoposti!). La reazione è stata immediata, ancor prima che la proposta divenisse legge. Da una parte l’Act ha condannato la nuova tassazione, definendola “sproporzionata, oltre che controproducente”. Dall’altra, lo scorso 5 giugno, 16 stazioni televisive hanno interrotto le trasmissioni per ben 15 minuti. I principali giornali del Paese hanno seguito l’esempio pubblicando pagine vuote, mentre oltre un migliaio di persone manifestavano sotto il Parlamento.

Curioso osservare che Tv2 – secondo canale del Paese per ascolti e decisamente sintonico alle posizioni del partito Fidesz (peraltro di recente acquistata da personaggi vicini ad Orban) – sia stata parzialmente “esonerata”, per cui le sarà consentito compensare parte del suo deficit fiscale degli anni precedenti con la nuova tassa. Sembra quindi trattarsi di un tentativo di ridurre al silenzio il dissenso. Del resto le politiche di Orbán hanno portato ad un declassamento dell’Ungheria – soltanto nell’ultimo biennio – di oltre 20 posizioni nel ranking mondiale del World Press Freddom Index dei Reporters Without Borders. E, probabilmente, una ragione ci sarà!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:52