Il terrorismo colpisce ancora in Cisgiordania

Lo scorso giovedì tre adoloscenti di nazionalità israeliana sono stati rapiti nella zona di Gush Etzion, a sud-ovest di Gerusalemme, nel territorio della Cisgiordania. Gilad Sha’er, Naftali Frankel e Eyal Yifrah, questi i loro nomi. Il rapimento sarebbe stato rivendicato dal movimento salafita semisconosciuto “Dawlat al -Islam”. Il gruppo criminale dichiara di riconoscersi nell’Isis, l’autoproclamato stato islamico di Iraq e Siria, dove, in queste ore, scorrono fiumi di sangue a causa di una nuova “guerra santa”. Tuttavia il governo di Gerusalemme non crede alla estraneità di Hamas dalla vicenda. Ne ha buoni motivi.

Le fonti di intelligence, impegnate nella ricerca, riferiscono di un’accertata responsabilità diretta del gruppo terroristico che controlla la Striscia di Gaza. Non sono soltanto gli israeliani a pensarla così. Un autorevole conferma è giunta dal segretario di Stato Usa. John Kerry, parlando con la stampa, ha detto che si stanno “ancora cercando dettagli, anche se molti indizi indicano un coinvolgimento di Hamas”. Ma il timbro definitivo sul certificato di paternità del rapimento lo ha messo la stessa organizzazione terroristica, quando un suo esponente di primo piano, Osama Hamdan, ha candidamente dichiarato che i palestinesi dovrebbero approfittare di questo orrendo crimine per farne “un tema nazionale in modo da ottenere il miglior risultato e non lasciare una piccola fazione a negoziare il rilascio dei prigionieri palestinesi”.

Il sequestro avrebbe dunque una finalità estorsiva, magari da far pesare al tavolo delle trattative per la pace. Sulla pagina Facebook di Fatah è apparsa una vignetta che mostra una mano palestinese che tiene una canna da pesca da cui pendono tre topi marcati sul dorso con la Stella di David. Sotto, una didascalia che dice: “Un colpo da maestri”. In realtà, a noi sembrerebbe più un colpo da vigliacchi che sanno prendersela solo con donne, vecchi e ragazzini indifesi. E, per quanto i membri più rappresentativi e colti della comunità palestinese facciano continue professioni di fede nei supremi ideali di libertà e di grandezza del loro popolo, resta il fatto che anche costoro restano travolti dal disonore per l’agire dei soliti “galantuomini”. Loro li chiamano “eroi”, invece sono nient’altro che spregevoli criminali.

Questa dolorosa vicenda ha messo in evidenza, ancora una volta, la sostanziale doppiezza morale dell’Autorità Nazionale Palestinese che, se da una parte si dichiara estranea all’azione terroristica, dall’altra non fa nulla per recidere di netto ogni legame con coloro i quali, attraverso l’annientamento dei civili, intendono portare alle estreme conseguenze il conflitto con Israele. Ma tale responsabilità non è soltanto palestinese. Essa deve essere condivisa con i Paesi del blocco occidentale, nessuno dei quali ha fatto sentire la propria voce per stigmatizzare la decisione di Abu Mazen di stringere un patto di governo con i terroristi di Hamas.

L’amministrazione Obama e l’Unione Europea di Martin Schulz e Catherine Ashton, che tanto hanno coccolato i dirigenti dell’Anp, anche contro le legittime preoccupazioni espresse dal governo di Benjamin Netanyahu, avrebbero dovuto fare ferro e fuoco per impedire che l’Autorità Palestinese facesse quell’insensato balzo indietro nelle tenebre. Tutti hanno taciuto lasciando sola Israele a fronteggiare la nuova minaccia.

Ora, però, non è il tempo di polemiche. Gli sforzi devono essere concentrati a ritrovare, possibilmente vivi, i tre adolescenti rapiti. L’apparato di difesa interna dello Stato ebraico è stato allertato. Gli israeliani hanno un senso molto radicato della propria difesa. Per loro fortuna non sono stati contaminati dalle celestiali visioni del “buonismo” all’italiana. Le forze di sicurezza di Gerusalemme, com’è prassi in simili circostanze, useranno il pugno di ferro per stanare i colpevoli. Noi occidentali dovremmo quantomeno avere il buon gusto di dire chiaramente che il nostro cuore è con quei tre ragazzi, con le loro famiglie, che stanno soffrendo il dolore più grande e con Israele, che è in pena per la sorte di tre suoi figli ancora troppo giovani per meritare di conoscere il male tanto da vicino.

Riusciranno i nostri rappresentanti politici a biascicare qualcosa che sia un po’ più sentita dell’esangue dichiarazione di solidarietà rilasciata ieri l’altro dal nostro ministro degli Esteri, o la paura di scontentare qualcuno li farà tenere con le bocche ben cucite?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:46