Da Hillary Clinton un pezzo di verità

Ancora un po’ e quasi ci siamo. Passo dopo passo si inizia ad intravedere, sullo sfondo dei convulsi giorni che segnarono la primavera del 2011, la verità su ciò che realmente accadde in Libia. Oggi il mattoncino da cementare sul muro della storia lo reca Hillary Clinton. È nelle librerie degli Stati Uniti il suo libro di memorie “Hard Choices” (scelte difficili).

La signora Clinton, che è stata Segretario di Stato Usa durante il primo mandato presidenziale di Barack Obama (2009-2013), di cose ne ha da raccontare. Nel descrivere le problematiche incontrate per sostenere le scelte, in verità infelicissime, della presidenza americana sullo scacchiere internazionale, la “past first lady” non poteva mancare un accenno alla situazione italiana, in particolare al suo rapporto con Silvio Berlusconi. Nel farlo, svela un retroscena che si riferisce alla gestione della “guerra di Libia”, voluta fortemente da un gruppo di Paesi occidentali e mediorientali capitanato, in quella circostanza, dal tandem franco-statunitense.

La Clinton racconta che Berlusconi era furibondo per la pretesa del suo ex-amico Sarkozy di voler condurre da solo l’attacco al regime di Al Qadhdhāfi, ignorando di fatto la regola non scritta, che resisteva dalla fine del secondo conflitto mondiale, in base alla quale doveva essere l’ex potenza coloniale a prendere l’iniziativa nel caso di crisi in un territorio che era stato in passato sotto la propria influenza. Nella vicenda libica, dunque, sarebbe toccato all’Italia e non alla Francia gestire la situazione.

La forzatura provocata da Sarkozy, con l’evidente placet di Obama, era una pugnalata alla schiena all’Italia. Berlusconi, nel corso dell’infausto vertice del “gruppo di contatto”, tenutosi il 19 marzo 2011 a Parigi, arrivò a minacciare il diniego all’utilizzo delle basi italiane, indispensabili per le operazioni delle forze aeree. La Clinton sostiene che quella del nostro Presidente del Consiglio fosse una posizione di buon senso, di là dalle proteste, pur valide, per l’orgoglio nazionale ferito dal comportamento arrogante della Francia. La testimonianza della Clinton è importante perché ci avvicina alla verità. Da tempo insistiamo nel dire che la radice di tutti i guai per quel che è accaduto all’economia italiana e, per caduta, alla nostra società civile, debba essere ricercata nella gestione demenziale della cacciata di Al Qadhdhāfi, nei modi e nei tempi in cui essa è avvenuta. Per tre anni abbiamo dovuto subire la storiella della crisi generata dal nostro gigantesco debito pubblico, che avrebbe dato la giusta motivazione ai mercati finanziari a fare ciò che hanno fatto dei nostri titoli del debito sovrano.

Con questo nuovo libro-confessione, che si aggiunge ad altri in circolazione da tempo, si apre uno spiraglio sugli eventi collegati all’iniziativa americana delle “Primavere Arabe”, voluta da Obama. Ma non è sufficiente. Ora è necessario che si racconti il resto su quei dannatissimi giorni. Soprattutto, è fondamentale che si chiariscano i comportamenti tenuti dagli attori interni alla politica italiana che, è nostro incrollabile convincimento, operarono da “quinte colonne” in funzione anti-berlusconiana. In particolare, la missione che fu affidata ai “Giuda” di casa nostra avrebbe dovuto riguardare la recisione netta del cordone ombelicale che consentiva all’allora Premier italiano di vestire i panni del “lord protettore” della satrapia libica e, attraverso di essa, di altre realtà africane di rilevante interesse strategico. Chi la ordinò?

Come sia finita, lo sappiamo. Un fatto è certo. Fino a prima della primavera/estate del 2011, il sistema industriale italiano teneva, il tasso di disoccupazione era ai minimi storici, il tanto osannato spread viaggiava a livelli molto bassi, la situazione alla frontiera meridionale era tranquilla, il deprecabile fenomeno degli sbarchi di clandestini poteva considerarsi risolto e c’era a Palazzo Chigi una borsa colma di contratti per le nostre imprese che avrebbero dovuto costruire la nuova Libia. Dopo la caduta di Al Qadhdhāfi, sarà un caso, ma per noi italiani c’è stata soltanto miseria, disoccupazione, perdita reale di potere d’acquisto, desertificazione industriale, invasione incontrollata di masse di migranti clandestini che girano in totale libertà per le nostre città senza che alcuno dica o faccia nulla per impedirlo, e c’è un pericolo imminente causato dalla presenza di forze jihadiste e del terrorismo internazionale in una Libia ormai preda del caos e dell’anarchia.

Saremmo pure limitati nel comprendere le raffinatezze della grande politica, ma sappiamo computare. Per noi, 2 + 2 fa ancora 4. Si riapra allora quella pagina e si abbia il coraggio di andare fino in fondo nell’accertamento della verità.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:49