Ohio, l’intervista al console Scaiola

In tempi di spending review le istituzioni italiane stanno cercando, chi più chi meno, di razionalizzare la loro spesa: va detto, con risultati alterni. Il complesso sistema che fa capo alla Farnesina, il ministero per gli Affari Esteri italiano, che svolge numerose attività di rappresentanza del nostro Paese verso l’estero, pesa sul bilancio dello stato per un misero lo 0,2%. Avete letto bene: 0,2%. A parere di chi scrive, è una follia. Se con questa risibile percentuale l’Italia riesce a dialogare e soddisfare, magari non sempre come si vorrebbe, le esigenze degli italiani all’estero (potenzialmente, se tutti chiedessero la cittadinanza della quale avrebbero diritto per la legge, sono 60 milioni: lo stesso numero degli abitanti che risiedono in Italia oggi) e dei tantissimi stranieri che vengono in Italia o solo vi transitano per lavoro, studio e turismo, è per la grande dedizione e professionalità dei migliori civil servants che ha il Paese, i diplomatici, e anche per l’aiuto di persone che non hanno perseguito la carriera diplomatica ma che rappresentano (con la dicitura “onorario”) Consolati e viceconsolati molto impegnati ad aiutare a risolvere l’enorme mole di lavoro burocratico al quale li obbligano le leggi italiane, spesso quasi incomprensibili. Uno dei consoli onorari più dinamici che ha l’Italia negli Usa è Serena Scaiola, a Cleveland, in Ohio: dove scopriamo che c’è anche tanta e buona Italia. Ne siamo orgogliosi, e siamo grati al Console onorario Scaiola.

Console Scaiola, quali sono le attività del Consolato onorario da lei guidato?

Fondamentalmente le attività del consolato onorario si dividono in quattro grandi macroaree di pari importanza. La prima è la promozione della cultura e della lingua italiana, attraverso l’intera organizzazione, il supporto o la partecipazione a eventi in tutto lo stato dell’Ohio di cui mi occupo personalmente: mostre fotografiche o d’arte, concerti, presentazione di libri, organizzazione di Festival cinematografici, eventi sportivi. Per quanto riguarda la lingua, teniamo anche contatti con le scuole e con le università per cercare di incentivare il numero di corsi di lingua italiana e dell’AP Program. La seconda è quella della promozione degli scambi commerciali tra l’Italia e l’Ohio e viceversa: anche in questo caso organizziamo eventi, io tengo le relazioni con i sindaci delle varie città, l’ufficio del Governatore dell’Ohio ed aiuto a facilitare i contatti con le aziende italiane per l’inserimento sul mercato o l’avvio di un’attività. A questo proposito, ad esempio, proprio in questi giorni a Toledo si è tenuto un evento molto interessante di presentazione delle opportunità commerciali e finanziarie della città e di incontri con aziende locali, che ha coinvolto anche FCA Fiat Chrysler, organizzato da alcuni professionisti dell’Emilia Romagna che hanno portato qui in Ohio diversi imprenditori. La terza macroarea è quella della rappresentanza delle istituzioni italiane: come Console Onorario partecipo ad eventi e cerimonie ufficiali che spingano verso il rafforzamento dei rapporti tra le autorità italiane e quelle dell’Ohio, ed assisto le autorità italiane in visita in Ohio. Infine c’è tutto ciò che riguarda la rappresentanza verso tutti coloro che per vari motivi si devono relazionare con il sistema Italia dal punto di vista burocratico: pensioni, visti, elezioni, passaporti, rinnovo di documenti, aggiornamento costante dell’anagrafe consolare, cittadinanze, diffusione delle notizie, ecc.

Certo, la burocrazia italiana non è facile da comprendere e accettare per noi italiani, ci permettiamo di immaginare che doverla “rappresentare” presso gli americani, meno abituati, non sia cosa semplice…

Una cosa interessante da sottolineare è che, a differenza degli Stati Uniti, l’Italia ha un’anagrafe consolare: quindi noi iscriviamo tutti gli italiani residenti all’estero, che possono così poi usufruire dei servizi del consolato. Per chi risiede negli Stati Uniti mantenendo la cittadinanza italiana, i servizi che offriamo sono fondamentali, perché evitano che si debba fare qualcosa di persona direttamente e necessariamente in Italia. Allo stesso tempo è importante sottolineare che noi rendiamo lo stesso numero di servizi ai cittadini statunitensi e anche ai cittadini stranieri che sono qui in America: praticamente lavoriamo sia per gli italiani che per gli americani, perché ad esempio tutti i visti e le richieste di cittadinanza che prendiamo in carico provengono da cittadini non italiani. E spesso lo facciamo senza costi aggiuntivi per loro. Questo servizio, ad esempio, non è reso dagli Stati Uniti, che non hanno un’anagrafe consolare.

È interessante: ma chi sono questi cittadini stranieri che usufruiscono dei vostri servizi? Ad esempio gli studenti? Sappiamo che l’Italia è il primo Paese non anglofono per l’incoming di studenti americani: ogni anno ne vengono 35.000…

Certo, anche gli studenti e sono tanti. O alcuni dei tanti turisti che vengono a visitare l’Italia e che hanno una specifica necessità: per esempio gli americani che vogliono stare più di 90 giorni, o cittadini stranieri che devono anche soltanto transitare in Italia; i medici ed i ricercatori stranieri che si recano frequentemente in Italia per partecipare a convegni o scambi professionali (e le garantisco che in questo senso le importantissime strutture mediche presenti anche solo qui a Cleveland creano una mole di lavoro non indifferente per il Consolato); o chi vada per motivi di affari: insomma, tutta una serie di servizi che noi rendiamo agli americani, quindi noi lavoriamo per gli italiani ma lavoriamo per il quasi 50% anche per gli americani. Un “traffico” importantissimo per il nostro Paese in molti sensi, e della cui importanza siamo perfettamente consapevoli e che pertanto gestiamo con invidiabile efficienza a fronte di risorse limitate ormai ben tristemente note.

Esiste una modifica, nella sua esperienza, che senza costi aggiuntivi potrebbe migliorare nella normativa italiana e semplificare qualcuna delle tante pratiche burocratiche che coinvolgono voi e gli italiani in America?

Probabilmente l’Inps potrebbe cercare di rivedere alcune delle procedure. C’è certamente bisogno di controllo, perché in passato ci sono stati troppi casi di frode dovute alla mancata comunicazione del decesso di un pensionato con diritto all’assegno dell’Inps od ai reali redditi negli Stati Uniti. Purtroppo, però i documenti che vengono inviati annualmente sono davvero numerosi, spesso scritti in un linguaggio che per chi è qui da tanto - e i pensionati sono tutti qui da tanto - è difficilmente comprensibile. Tra i documenti che queste persone ricevono, le certificazioni che devono compilare – dichiarazione di esistenza in vita e redditi, per esempio - quelle che poi noi dobbiamo convalidare e far rispedire dai pensionati alle sedi Inps in Italia o a City Bank nel Regno Unito … si creano molte incomprensioni, disguidi, difficoltà, ritardi e plichi persi. In questo senso poi, il potenziamento del sostegno telematico dell’INPS aiuta poco i pensionati che non sono in grado di accedervi autonomamente. I nostri uffici fanno il massimo per fare da ponte e risolvere problemi quotidianamente, ma un po’ di semplificazione farebbe bene in primis a queste persone, ormai anziane e abituate qui in America ad una burocrazia più snellita.

Come detto, la zona di competenza del suo Consolato onorario è quella dell’Ohio. Sono tanti gli americani di origine italiana?

Numericamente è una delle comunità più grandi degli Stati Uniti, probabilmente la quarta o quinta. Ufficialmente in base ai dati del Census Statunitense del 2010, in Ohio ci sono circa 770mila americani di origine italiana su circa 10.500.000 di abitanti. Il 5% dell’intera popolazione dell’area metropolitana di Cleveland ha origine Italiana. Il sindaco di Cleveland, Frank G. Jackson, è Italiano per parte materna: grazie all’intervento del Consolato, insieme nel 2009 abbiamo firmato il Sister City Program che ha gemellato Cleveland e Vicenza. Per quanto riguarda invece gli italiani arrivati più di recente, diciamo un po’ più di nuova generazione come me, siamo circa 5.000. L’Ohio sta beneficiando della famosa “fuga dei cervelli”, perché tra questi 5.000 nuovi italiani in Ohio ci sono persone davvero molto in gamba: ricercatori che vengono a lavorare per le università, medici (ad esempio il neo-direttore dell’Ospedale Pediatrico della Cleveland Clinic è un italiano), imprenditori, curatori di musei, e musicisti perché qui abbiamo la Cleveland Orchestra che per prestigio è la seconda negli Usa.

Lei quando è arrivata in Ohio?

Sono arrivata alla fine del 1995, “transitando” per motivi di studio dalla Cornell University nello Stato di New York, ma ricopro l’incarico di Console Onorario da circa sette anni. Per essere precisi, quando ho accettato l’incarico l’ufficio era un Vice Consolato Onorario. Due anni fa, in virtù dell’attività svolta c’è stata l’elevazione a Consolato. Un riconoscimento di tutto il lavoro svolto a titolo volontario, e che pertanto mi ha fatto estremamente piacere. Fino agli anni ‘80 il consolato di questa giurisdizione era qui a Cleveland, mentre a Detroit c’era un Vice Consolato. Si è deciso di cambiare e portare il Consolato a Detroit perché sebbene in Michigan ci siano meno italoamericani che in Ohio (circa 500mila), ci sono più italiani emigrati di recente (circa 7.500).

Qual è la storia dell’emigrazione italiana in Ohio?

Molti italiani arrivarono con la grande emigrazione degli inizi del ‘900. Le regioni originarie di provenienza sono quelle classiche dell’Italia centro meridionale, però per Cleveland c’è anche una buona componente veneta e friulana. Erano sarti, tagliapietre, muratori … lavoratori manuali. Gli scalpellini italiani – soprattutto friulani - hanno costruito alcune tra le strutture più importanti di Cleveland, tra cui ad esempio le sculture chiamate “Guardians of Traffic” sull’Hope Memorial Bridge, la Little Italy e un bellissimo cimitero che si chiama Lake view Cemetery. A fronte di questa emigrazione storica, più o meno negli ultimi vent’anni c’è stato uno sviluppo molto interessante di oltre 50 validissime aziende italiane che hanno creato delle basi qui in Ohio: Luxottica, Eurostampa, Salvagnini, Panaria – solo per citarne alcune – sono qui in Ohio, insieme ad alcune avviate da anni e ad altre di più recente formazione grazie agli incentivi economici e fiscali offerti dalle amministrazioni locali, ai costi operativi notevolmente più contenuti che altrove, ed alla ideale posizione geografica dello Stato.

Ci sono luoghi di particolare significato, in passato e anche adesso, per l’Italia a Cleveland e in Ohio?

Ovviamente per prima cosa c’è la Little Italy, dove organizziamo diversi eventi: festeggiamo il Ferragosto e la festa dell’assunzione e il Columbus Day, e dal 2009 in collaborazione con il Sindaco ad Ottobre celebriamo in Municipio l’Italian American Heritage Month. Poi c’è l’Italian Cultural Garden, fondato tanti anni fa grazie ad una donazione del Governo Italiano, che ha una lunga storia di coinvolgimento con esso: nel 1930 regalò per l’inaugurazione un busto del poeta Virgilio, insieme con una colonna del Foro Romano; due anni più tardi fu donata una roccia chiamata “Montegrappa memorial stone” per onorare i veterani italoamericani che combatterono in Italia durante la prima guerra mondiale. A Vicenza - come dicevo prima, gemellata con Cleveland dal 2009 - esiste una targa simile. Nell’Italian Cultural Garden dal 2010 abbiamo portato i festeggiamenti per la festa della Repubblica, che qui a Cleveland non c’era mai stata prima. E, sempre all’Italian Cultural Garden, dal 2009 celebriamo anche il Veterans Day.

In che cosa si sostanzia il gemellaggio tra le due città?

E’ basato su motivi commerciali ed opportunità nel settore medico-scientifico. Il gemellaggio ha incluso, per esempio un accordo sottoscritto tra la Cleveland Clinic e l’ospedale San Bortolo di Vicenza per la sperimentazione di alcuni macchinari per quanto riguarda il trapianto di rene. Proprio nei giorni scorsi, il primario Claudio Ronco, che ha sottoscritto l’accordo per la parte italiana, ha ricevuto un riconoscimento prestigiosissimo dalla Fondazione Americana del Rene. La scelta sulla città italiana a cui proporre il gemellaggio ricadde su Vicenza in particolare per la sua eccellenza nella produzione e nella sperimentazione di macchinari e strumenti medici: qui la Cleveland Clinic è praticamente il motore della città. Un altro passo concreto è stato un’intesa firmata tra la Fondazione Studi universitari di Vicenza e la Cleveland State University per programmi di scambio tra studenti e docenti. Questi sono i due risultati più importanti finora. Inoltre c’è il match nel settore della musica, perché come dicevo la Cleveland Orchestra è un’eccellenza, e Vicenza è nota anche per le sue tradizioni nella produzione di strumenti musicali.

Cleveland è nella zona dei Grandi Laghi, e da qui in Italia è città considerata meno nota e forse non così attrattiva rispetto alle grandi metropoli delle due coste che ospitarono tanti italiani ... a suo avviso, ci sono differenze tra le esperienze degli rispettivi italoamericani emigrati in questi due diversi tipi di destinazione?

Effettivamente Cleveland è una città ancora bistrattata perché troppo poco nota, da qualcuno ancora descritta con il motto “Mistake on the lake”, oppure come la città con il fiume che ha preso fuoco, oppure la città su cui si vola per andare da New York a Chicago, sia per motivi turistici che per quelli commerciali. Tutti noi che ci viviamo in realtà stiamo cercando di cambiare questa immagine. Una parte estremamente interessante di Cleveland (ma anche di Cincinnati e Toledo per essere super partes) sono le opportunità commerciali, perché comunque rimane e rimangono città molto meno costose di New York o di Chicago. Inoltre, culturalmente Cleveland è una città che ha tantissimo da offrire: abbiamo uno dei musei più belli degli Stati Uniti, il Cleveland Museum of Art; abbiamo la seconda orchestra degli Stati Uniti per importanza, ed il Rock Hall of Fame, unico nel mondo nel suo genere. Circa tre anni fa ho avuto il piacere di collaborare all’organizzazione di un concerto di Zucchero proprio li: il primo artista italiano ad esibirsi in quella sede, un progetto ed uno spettacolo indimenticabili! Chiunque abbia partecipato ad un evento, magari grazie ad un mio invito, rimane ogni volta stupito in positivo dall’accoglienza e da ciò che trova: dall’architetto Massimiliano Fuksas, nostro ospite per il convegno dell’Aia dello scorso anno; a Beppe Severgnini, che si è fermato per dei servizi mesi fa; dal maestro Matteo Fedeli, che ha portato i suoi magnifici Stradivari in Ohio per alcuni concerti che abbiamo organizzato, ai responsabili della Federazione Italiana Tennis che hanno accompagnato Corrado Barazzutti e la nostra squadra di FedCup qui a Cleveland a febbraio... tutti sono rimasti positivamente sorpresi. Insomma: tutto sta a far arrivare la gente. Per quanto riguarda le esperienze degli italoamericani immigrati qui o nelle grandi città, alla fine secondo me la storia della grande emigrazione italiana negli Usa è una storia universale, a prescindere dal luogo in cui si sono fermati: le motivazioni erano le stesse, come le stesse sono state le difficoltà, le esperienze vissute, le discriminazioni patite, gli stenti ma poi anche i successi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:46