Il futuro dell’energia secondo il G7

Di una cosa siamo sicuri: la ministra Federica Guidi è una gentildonna dai modi garbati e dal piglio forte della manager di razza. Al solo sentirla parlare verrebbe la voglia di essere dall’altra parte del tavolo per incrociare le spade con lei, magari in una trattattiva di quelle che lasciano il segno. Siamo convinti che avremmo molto da imparare dalla sua preparazione imprenditoriale. Tuttavia, nella sua ultima uscita internazionale da ministro, non ha saputo trasmetterci uguali sensazioni positive. Al contrario, ci è apparsa un’altra cantastorie che, con molta enfasi e poco costrutto, vuole rifilare frigoriferi agli eschimesi. Nel caso, gli eschimesi saremmo noi. Ma andiamo con ordine.

L’altro giorno si è tenuto a Roma il cosiddetto G7 dell’energia. Si sono riuniti, nella mai deludente cornice romana, i rappresentanti dei soliti Paesi, autoproclamatisi le potenze industriali del mondo, per discutere del futuro enrgetico dell’Occidente. Al termine dell’incontro i presenti hanno sottoscritto una dichiarazione che dà conto delle intese raggiunte. Come in ogni documento che si rispetti, dentro c’è di tutto. Si comincia con l’esigenza di mettere in sicurezza le forniture per l’inverno 2014-15 attraverso la redazione di un piano d’emergenza studiato a livello regionale. Poi tocca alla promessa, che non manca mai, di scambiarsi buone prassi per la razionalizzazione del sistema di trasferimento e di distribuzione della materia energetica. Si fa riferimento, inoltre, alla crisi ucraina prevalentemente per sancire la decisone del G7 di favorire nuove modalità per erogare energia a quel Paese nel caso in cui la Russia chiudesse i rubinetti del gas. Nello specifico, il summit prende atto e sostiene l’accordo di Bratislava sull’interconnessione per i flussi inversi fra la Slovacchia e l’Ucraina.

Dopo i passaggi obbligati sul sostegno allo sviluppo delle fonti rinnovabili, sull’ammodernamento delle reti infrastrutturali e sull’attenzione per il futuro climatico del pianeta, si va alla ciccia: lo studio di misure e percorsi alternativi per sottrarre la domanda energetica europea al condizionamento dell’offerta russa. La cosa è detta senza troppi giri di parole: si persegue “la diversificazione dei combustibili, delle fonti e delle rotte, e l’incentivazione delle fonti indigene di approvvigionamento energetico”. Più chiaro di così. Mancava solo che, a latere del testo, ci incollassero la foto di Putin, sormontato da un grosso “vaffa!”. A tal proposito, i “grandi“ hanno deciso di favorire lo sviluppo di un mercato dell’energia più dinamico mediante l’intensificazione dei rapporti con l’area mediorientale, che condurrebbe al rafforzamento del “corridoio sud”. Sebbene non sia espressamente nominato nel documento finale, la Guidi ha parlato in conferenza stampa della necessità di arricchire il mix di materie prime con l’utilizzo dello shale gas statunitense. Sarà contento mister Obama.

Tutte queste interessanti proposte hanno fatto da sfondo ai ventidue minuti di intervento tenuti dalla ministra alla conferenza stampa, al termine del summit. Il tono encomiastico con il quale la Guidi ha descritto l’andamento dei lavori vorrebbe essere fuorviante ma non riesce ad esserlo, almeno per quelle vecchie ciabatte dei commentatori di geopolitica. Ma la ministra a chi vuole darla a bere con quella sua aria così perfettina? Vogliamo parlare di cose serie? In primo luogo, quale destino attende il gasdotto in costruzione dalla Russia all’Italia, “South Stream”. Lo finiamo o lo abbandoniamo?

L’Europa dipende attualmente dal gas russo per il 30% del volume totale negoziato (135 bcm). Di questo stock solo la metà transita attraverso il suolo ucraino e quindi sarebbe a rischio in caso di crisi. Ma l’altra metà come arriva in Europa? Ci casca dal cielo? Evidentemente no. Piuttosto, transita per il nord Europa attraverso l’altro gasdotto che dalla Russia arriva in Germania, il “North Stream”. Domanda: se i grandi ci impongono la chiusura del progetto South Stream la Merkel che fa, per solidarietà con l’Italia chiude anche lei il rubinetto del North Stream, o lo lascia aperto, magari per rivenderci lo stesso gas maggiorato di una “cresta” per i diritti di interconnessione da flussi inversi? Siamo alle solite, dietro ai bei discorsi c’è sempre l’Europa del cetriolo.

Ma dica, ministra Guidi, lei ha parlato di implementare il corridoio sud per le forniture di gas. Addirittura nel suo personale libro dei sogni lei c’ha messo anche l’Italia, che dovrebbe diventare la sede naturale degli hub energetici per l’intera Europa. Ma si è posta il problema che le linee di transito dovrebbero eventualmente passare per la Libia? Ha presente cos’è la Libia in questo momento? Si rende conto di aver pensato un futuro di ricchezza per l’Europa affidandolo alle amorevoli cure dei terroristi e degli assassini jihadisti, dei più feroci, che se la stanno spassando in Cirenaica e nel Fezzan da quando gli abbiamo fatto la “primavera araba”? Gli abbiamo regalato il potere, ora li vogliamo fare anche ricchi. Roba da matti!

Ministra Guidi, se proprio ci tiene a implementare i rapporti energetici con la Libia convinca allora le sue colleghe Pinotti e Mogherini a spedire d’urgenza un contingente militare in quel Paese affinché provveda a ripristinare un minimo di legalità e di sicurezza. L’Eni ha preso impegni anche con un altro partner, nella prospettiva di differenziare al massimo le fonti di approvvigionamento. Si tratta della joint venture con l’Azerbaijan e con il consorzio Shah Deniz II, per la costruzione di un gasdotto che, transitando per l’Albania, giunga direttamente in Italia. In questi giorni il nostro Governo ha sostituito i vertici dell’azienda petrolifera. Ora, ci dica signora ministra, la nuova Eni pensa di proseguire nella partnership o si chiamerà fuori? Lo chiediamo a lei perché questa è giurisdizione del suo ministero, e lei dovrebbe saperlo.

In ultimo, desideriamo chiederle delucidazioni sulla storia dello shale gas, per la quale gli americani ci hanno trascinato nell’assurda crisi ucraina contro la Russia. Signora Ministra, pensa davvero che l’Italia debba appoggiarsi agli Usa per coprirsi le spalle sul fronte energetico? E quanto ci costerebbe in più la generosa offerta d’aiuto fatta da Obama al nostro Presidente del Consiglio? Eppure gli esperti sostengono che le garanzie date dagli Usa agli europei su questa vicenda non siano sufficienti a causa dell’esistenza di un’asimmetria con gli acquirenti asiatici, i quali sono in grado di pagare il prodotto statunitense 5 dollari/Mbtu in più rispetto agli hub europei. Dica, signora Ministra, in quale razza di pasticcio ci stiamo cacciando? Ha presente quanto costa alle casse dello Stato ed ai privati la bolletta energetica?

Lei ha asserito che il summit sia stato un successone. Contenta lei. Chissa perché noi comuni mortali non riusciamo a condividere il suo entusiasmo. Sarà certamente un nostro limite. Il Belgio è stato per due anni senza un governo, eppure è andato avanti benissimo. Perché non proviamo a fare la stessa cosa? Magari è la volta che viene bene anche a noi. Già, perché con un Governo così ma dove pensiamo di andare?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:53