Ucraina, le date del prossimo caos

Tutta la Crimea, tutta la regione di Donetsk, Luhansk e... Odessa? L'area che sta finendo sotto il controllo delle milizie irregolari russe sta espandendosi a macchia d'olio. Il tutto in vista delle elezioni del 25 maggio. Lo scopo della Russia è chiaramente quello di farle saltare, perché un governo ucraino democraticamente eletto porrebbe fine all'ambiguità del doppio governo attuale, quello provvisorio a Kiev e quello in esilio di Yanukovich. Una stabilità che servirebbe soprattutto all'esercito, che potrebbe ricevere ordini da un comandante in capo definitivamente riconosciuto.

Già in Crimea, che già, di fatto, è stata annessa alla Federazione Russa, nella regione di Donetsk e nella città di Luhansk non si potrà votare perché le forze di sicurezza ucraine non hanno il controllo. I prossimi obiettivi russi sono Kharkiv, dove gli scontri sono meno intensi, e soprattutto l'importante porto di Odessa, dove si è verificato, venerdì 2 maggio, il singolo più grave fatto di sangue della crisi ucraina: 42 morti, in maggioranza filo-russi, morti nello scontro con i nazionalisti e fra le fiamme dell'incendio della sede dei sindacati, dove si erano barricati. La strage ha provocato una fortissima tensione e il successivo assalto dei pro-russi alla sede locale della polizia. I facinorosi sono stati, in gran parte, rilasciati dalle autorità ucraine, un gesto distensivo che potrebbe costare caro a Kiev, visti i precedenti. Preparandosi a una prossima ondata di violenza, il governo provvisorio ucraino ha inviato a Odessa reparti della Guardia Nazionale, il nuovo corpo formato da volontari determinati e nazionalisti. Di fronte a un eventuale attacco russo, i nazionalisti non si farebbero scrupoli a usare la forza. E il bagno di sangue, a questo punto, diventerà inevitabile.

Il prossimo “appuntamento” dalla forte carica simbolica, sarà l'8 e il 9 maggio. Continuando la tradizione sovietica, la Russia festeggia il giorno della vittoria della Seconda Guerra Mondiale il 9 maggio. Gli Alleati (soprattutto Usa, Gran Bretagna e Francia) il giorno prima. Il governo provvisorio di Kiev si è ripromesso di festeggiare assieme ai russi, il 9 maggio. Ma ha sostituito il simbolo della vittoria, cestinando la vecchia Croce di San Giorgio e sostituendola con il papavero rosso, simbolo britannico in onore ai caduti e ai veterani della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, memoria delle battaglie in Francia (dove, appunto, i papaveri rossi crescono numerosi ed erano all'occhiello dei soldati britannici). Il manifesto ucraino per il 9 maggio può suonare provocatorio alle orecchie di Mosca, perché recita “1939-1945. Mai più!”. Per noi potrebbe anche essere un motto normale, ma per i post-sovietici e i nostalgici dell'Urss è una doppia offesa. “Mai più” non lo vogliono sentire, perché la Grande Guerra Patriottica contro il nazismo viene studiata in modo apologetico e acritico ed è uno dei miti fondatori dell'Urss. E soprattutto non vogliono sentir parlare del 1939: allora l'Urss iniziò la guerra al fianco dei nazisti, con cui spartirono la Polonia. Nei libri di testo scolastici russi è stata effettuata una grande opera di rimozione del periodo 1939-1941. Il mito fondatore inizia solo con l'invasione nazista, dal 1941. Si prevede, dunque, che il 9 maggio sarà l'occasione colta dai russi per alimentare disordini, a Kharkiv, a Odessa e nelle altre città a cui mirano. La strage di Odessa e i combattimenti nell'Est ucraino potrebbero essere solo gli “antipasti”.

La tragedia della memoria della Seconda Guerra Mondiale sta anche per abbattersi sulla Crimea, teoricamente “pacificata” dai russi. Lungi dall'essere etnicamente omogenea, la regione sul Mar Nero è ancora abitata da una minoranza di tatari, che costituisce il 12% della popolazione. Sono quanto resta dopo le deportazioni effettuate da Stalin subito dopo la riconquista: tra il 1944 e il 1949 la popolazione tatara venne collettivamente accusata di “collaborazionismo” con gli occupanti tedeschi, perseguitata e trasferita con la forza in Siberia e Asia Centrale. Finché la Crimea era sotto il governo di Kiev, i tatari avevano ottenuto l'autonomia e un organo di auto-governo, il Majlis. I russi potrebbero scioglierlo e stanno già perseguitando i suoi membri. Il presidente del parlamento tataro, Mustafa Dzhemilev, mentre cercava di rientrare a Sinferopoli, si è visto sbarrare la strada due volte dalle autorità russe. Chiunque cerchi di contattarlo, su ordine di Mosca, subirà una multa molto salata. Proprio ieri un deputato del Mejlis, Abduraman Egiz, è stato picchiato da miliziani irregolari. E la procuratrice generale della Crimea, Natalija Poklonskaja minaccia di chiudere il parlamento tataro “se inizierà una deriva estremista”. Per la minoranza asiatica si tratta di una nuova persecuzione, per loro la fine della Seconda Guerra Mondiale costituisce ancora un giorno di lutto e il 18 maggio commemorano le vittime delle grandi deportazioni staliniane. Sono altre date di fuoco, altri appuntamenti di sangue per la crisi ucraina.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47