Se Santa Sofia torna moschea

Ha censurato Twitter. Ha censurato YouTube. Ha usato la forza contro i manifestanti in due occasioni in meno di un anno. E adesso vuole ri-trasformare la storica basilica di Santa Sofia a Istanbul in una moschea? Glielo sta chiedendo una mozione parlamentare, di cui si parla ormai da mesi, depositata solo ieri dal deputato di un partito alleato al governo, Hami Yildrim. Non si è trattato di un piccolo gesto provocatorio di un deputato pittoresco, come potrebbe accadere in tutta Europa. Questa mozione potrebbe essere benissimo “quel che Erdogan vorrebbe dire, ma ancora non può”. Perché è stato il premier in persona a dichiarare la sua intenzione di celebrare, con rito islamico, la ricorrenza della presa di Bisanzio (Istanbul) da parte dei turchi, il 29 maggio 1453. Non in un luogo qualunque, ma proprio in Santa Sofia.

Il simbolismo conta, soprattutto in Medio Oriente. Basta vedere quante campagne jihadiste sono state lanciate nel nome della “liberazione” della moschea di Al Aqsa (Gerusalemme) dagli ebrei. Gli israeliani, per altro, non si azzardano minimamente a metter piede nella moschea, raramente anche sulla spianata. Quando lo fanno vengono additati a pretesto per nuovi conflitti (come nel caso della passeggiata di Sharon nel 2000). Oggi si dice, dalle parti di Hamas e Al Fatah, che gli ebrei stiano preparando un “terremoto artificiale” per distruggere le storiche moschee di Gerualemme (distruggendo così anche il loro stesso Muro Occidentale?).

L’attaccamento ai luoghi santi, dunque, è una caratteristica dell’Islam e di tante altre religioni, molto meno in quella cristiana. La ri-conversione della basilica di Santa Sofia, dunque, non va presa sotto gamba. Costruita nel VI Secolo per volontà dell’imperatore Giustiniano, doveva celebrare l’unità di tutti i cristiani, nel pieno dei secoli bui. Fino al XV Secolo fu il simbolo del cristianesimo d’oriente. La sua conquista, nel 1453, segnò una svolta storica talmente importante da far finire il Medio Evo in Oriente (in Occidente si considera la fine dell’età di mezzo quarant’anni dopo, con la scoperta dell’America). L’Islam, quasi del tutto scacciato dall’Europa dopo la reconquista in Spagna, dove manteneva l’ultima testa di ponte a Grenada, rifaceva il suo ingresso trionfale nel Balcani, schiacciava il cristianesimo orientale esiliandolo nelle steppe della Russia, dove si sarebbe sviluppata, nei secoli successivi, la “terza Roma” con Mosca quale sua nuova sede. Santa Sofia, simbolo dell’unità dei cristiani divenne moschea. Fu una svolta epocale, appunto, che segnò l’ascesa e il violento splendore dell’Impero Ottomano. Fino alla Prima Guerra Mondiale, quando l’impero si dissolse. Un tentativo di riconquistare Costantinopoli alla cristianità vi fu nel 1915, quando l’Impero Russo la pretese come “bottino di guerra”. L’intenzione di riconvertire la moschea in chiesa c’era. Il diplomatico britannico Sykes ci scherzava sopra. “Celebreremo un te deum di ringraziamento in Santa Sofia” si legge nella sua corrispondenza privata. Ma i russi, se avessero messo le mani sulla “seconda Roma”, sull’obiettivo più ambito della loro politica estera, l’avrebbero sicuramente fatto. Fu solo lo scoppio della rivoluzione, nel 1917, ad impedirlo.

Cristiana o islamica? Nemmeno la vittoria britannica sui turchi nel 1918 e il breve periodo di occupazione di Costantinopoli apportarono dei cambiamenti. Il governo di Londra, liberale e tollerante, non aveva alcuna intenzione di toccare i simboli religiosi di un nemico vinto. Fu invece il nuovo leader turco, Kemal Ataturk, a cambiare drasticamente lo status di Santa Sofia. Conscio di dover lottare contro un potere religioso, quello del Califfato, il generale rivoluzionario bandì la religione dalla basilica: né chiesa né mosche, diventi un museo. E così è rimasto fino ad ora. Fino a che un Erdogan non decida di dare un taglio definitivo al passato laico di Ataturk.

Il fatto che sia un museo è una fortuna per tutti i turisti, i religiosi e gli appassionati d’arte, perché grazie al suo status neutrale sono stati riscoperti affreschi e mosaici cristiani che erano stati coperti da cinque secoli di islamizzazione. Una riscoperta continua: i lavori di restauro di Santa Sofia sono peggio della fabbrica del duomo di Milano, paiono eterni. Ma i risultati si vedono e danno la sensazione di essere in un luogo unico al mondo, dove arte cristiana e musulmana si incontrano, senza sovrapporsi. Se in futuro dovesse tornare moschea, perderemmo di nuovo secoli di storia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47