Bomba de Mistura sul caso “marò”

E pur si move! Avrebbe esclamato Galileo Galilei ascoltando l’ultimo resoconto del commissario straordinario del Governo, Staffan de Mistura, sulla vicenda dei marò italiani trattenuti in India. L’occasione per parlarne è stata l’audizione del 26 marzo davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. A sentire la ministra Mogherini, che nel corso del summit de L’Aja ha incontrato il suo omologo indiano, non vi sarebbero state “novità eclatanti”. L’intervento di de Mistura, invece, nonostante il garbo del gentiluomo, ha somigliato a una bomba fatta esplodere nel bel mezzo dell’agone politico italiano. Ma cosa ha detto di così esplosivo?

  1. Il Governo Renzi ha rovesciato la strategia adottata dai predecessori. L’occasione l’avrebbero fornita su “un piatto d’argento” le autorità indiane tentando un “colpo di mano” rispetto agli accordi presi in precedenza. Nel gennaio scorso gli inquirenti di Delhi decidono inopinatamente di processare i nostri marò non più in base alla legge ordinaria. Per avere maggiore mano libera nella ricostruzione dei fatti contestati, a danno dei nostri militari, invocano l’applicazione della legge contro il terrorismo e la pirateria internazionale (Sua Act). L’iniziativa è talmente gravida di implicazioni internazionali che la Corte Suprema non se la sente di aderire alla richiesta e gira la decisione al Governo. Il Governo a sua volta temendo ripercussioni all’estero fa retromarcia, negando l’applicabilità del Sua Act al caso specifico. Intanto, l’accertata violazione dei patti offre all’Italia il pretesto per non riconoscere più la giurisdizione indiana e, contestualmente, per assumere, in via definitiva, la strada dell’internazionalizzazione del caso, attraverso lo strumento dell’arbitrato obbligatorio. 
  2. Questa sequenza di eventi spiegherebbe l’andamento ondulatorio della strategia seguita dai governi italiani nei due anni dall’inizio della vicenda. Tuttavia, la contraddittorietà delle posizioni assunte a fasi alterne avrebbe generato la diffidenza dei partner e degli organismi internazionali. Da ciò la decisione iniziale di abbandonare l’Italia al proprio destino, sostenendo la natura bilaterale del contenzioso. 
  3. Dal cambio di strategia ne consegue che i nostri fucilieri non si presenteranno più in aula davanti ai giudici di Delhi, con ciò mostrando anche plasticamente la presa di distanze dalle iniziative indiane. 
  4. De Mistura ha detto che ci siamo trovati invischiati in questo pasticcio perché fu commesso, all’inizio della vicenda, un errore capitale. Fu dato ordine ai due marò, il 19 febbraio 2012, a pochi giorni dal presunto incidente in mare, di mettere piede a terra sul suolo indiano. Questo avrebbe di fatto legittimato la pretesa della magistratura locale a compiere le indagini e a procedere contro i nostri militari. Per de Mistura sarebbero dovuti rimanere a bordo, al riparo della bandiera battente sulla “Enrica Lexie”, che era quella italiana. 
  5. I precedenti Governi (Monti-Letta) avrebbero sostenuto la tesi della giurisdizione italiana solo come argomento di facciata, mentre si sarebbero accordati con gli indiani per un “processino” locale (le parole sono di de Mistura), che presumibilmente avrebbe condotto a una lieve condanna per i nostri ragazzi. 

De Mistura ci ha appena scodellato la sua verità, che è uguale a quella che avevamo sospettato essere tale dal primo momento. Proviamo a riassumere. Il Governo Monti, pur potendo impedire agli indiani di agire, ha di fatto consegnato i nostri ragazzi nelle loro mani. In seguito, per placare lo sdegno della nazione, si sarebbe accordato per un “processino” fair and fast, equo e veloce, pur fingendo di reclamare, a beneficio della credulità popolare, la titolarità della giurisdizione sui marò. Una condanna leggerina avrebbe permesso di chiudere la pratica. Dopo si sarebbe trovato il modo di farli rimpatriare. Una bella soluzione che avrebbe accontentato tutti tranne gli interessati, gli italiani e l’onore della Patria. E per adesso si tace della disastrosa vicenda del rimpatrio per la licenza elettorale e della successiva e frettolosa riconsegna dei marò all’India, lo scorso anno. Il piano però sarebbe saltato perché gli indiani si sono dimostrati avidi. Non si sono accontentati di vincere, volevano stravincere. Le cose, andando per le lunghe, sono scappate di mano. Solo allora si è materializzata la possibilità di riaprire i giochi con la storia del coinvolgimento internazionale.

Proprio una bella roba! Presto si aprirà una commissione d’inchiesta che dovrà accertare le singole responsabilità nella gestione dell’intera vicenda. E de Mistura da vecchia volpe non vuole fare la fine del capro espiatorio. Il Governo Renzi ha trovato la forza di prendere una posizione che abbia un senso, benché non sia ancora chiaro quanto possa essere efficace. Comunque, dev’essere stato durissimo lo scontro con la “lobby indiana” dei nostri imprenditori. Erano stati loro a tenere le mani dei precedenti esecutivi ben strette sulla leva del freno per assicurarsi un “quieto vivere” con le autorità di quel Paese. Oggi la presa sembra essersi un tantino allentata. Non può che farci piacere.

Ora però si tratta di capire come tirare fuori i nostri ragazzi dal pantano. Non li possiamo lasciare sospesi, in una sorta di limbo, nell’attesa che gli organismi internazionali si organizzino e mettano su l’arbitrato. Potrebbero volerci anni. E quei ragazzi hanno il diritto di tornare a casa dai loro cari. Come fare, però, de Mistura non ha saputo o voluto spiegarlo. In realtà, l’ambasciatore si mostra ottimista e riferisce ai parlamentari che l’ascoltano di un’iniziativa internazionale in corso d’opera la quale potrebbe produrre effetti nel giro di un mese. Non ha voluto dire di più il nostro negoziatore. Da navigato frequentatore degli ambienti diplomatici, dove ciò che non si dice conta più di quanto si dica, ha fatto intravedere agli occhi dei presenti un asso che sporgeva dalla manica. Sarà la carta vincente o un bluff? Lo vedremo.

Di certo non si tratterà degli esiti della bizzarra iniziativa di un altro giovane virgulto della politica nostrana: Angelino Alfano, da Agrigento. Costui, per rendersi visibile ad amici e parenti che, negli ultimi tempi, lo avevano perso di vista, ha avuto la felice idea di recarsi in visita alle Nazioni Unite. Giunto nel mitico Palazzo di Vetro, ha lanciato un suo personale appello ai vertici di quell’istituzione per l’immediata liberazione dei nostri marò. Ban Ki-moon e John Ashe, rispettivamente segretario generale e presidente di turno dell’Assemblea generale dell’Onu, lo hanno ricevuto con l’abituale cortesia. I due devono essere rimasti parecchio impressionati dalla perentorietà dei toni usati dal giovanotto, non prima però di essersi chiesti: “Ma questo da dove sbuca fuori?”.

In India sta per prendere il via la lunga campagna elettorale che si concluderà il 16 maggio. Andranno alle urne oltre ottocento milioni di persone. C’è da starne certi che l’argomento “marò” sarà uno dei leitmotiv della contesa, in particolare nel Kerala, dove i fatti hanno avuto inizio e dove vivevano i due sedicenti pescatori deceduti. A scanso di equivoci, e pur nella fiduciosa attesa delle soluzioni prossime venture prospettate dal gagliardo de Mistura, sarebbe comunque opportuno che il nostro Governo iniziasse a mettere in pratica un po’ di quelle misure ritorsive a cui si era pensato qualche tempo fa. La ministra Mogherini dovrebbe avere ancora tutte le opzioni sul tavolo. Sono quelle di cui tanto favoleggiava il suo predecessore: Emma Bonino. C’è da sperare che non le abbia buttate via, magari scuotendo la tovaglia dal balcone della Farnesina.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:46