Kissinger: “L’Ucraina  come la Finlandia”

Putin ha fatto la sua mossa. È stata la mossa del cavallo: l’annessione della Crimea alla Federazione russa. Nel referendum della scorsa domenica l’esito plebiscitario ottenuto dai favorevoli al ricongiungimento con l’antica Madre Patria non lascia dubbi sul prossimo destino della penisola. Abbiamo visto scene di giubilo dopo la proclamazione dei risultati che ci hanno convinto. Ancora più ci ha convinto il fatto che dovevano proprio essere euforici gli abitanti di Crimea se hanno festeggiato ballando, cantando e ascoltando dal vivo “Piccola Katy” di uno “sgasato” Riccardo Fogli.

L’altro giorno è toccato ai vertici della Ue di rispondere. E contromossa c’è stata. L’Occidente si è adeguato alle difficoltà del momento, decidendo per un risposta flebile. L’Europa, di concerto con lo scalpitante alleato d’Oltreoceano, ha stabilito di irrogare sanzioni contro 21 persone di nazionalità russa e ucraina, ritenute responsabili degli eventi ultimi verificatisi. A costoro sono stati congelati, per un periodo di sei mesi, i beni posseduti in Occidente ed è stato emesso contro di loro un divieto di rilascio di visti di circolazione in Europa, per lo stesso periodo di tempo previsto per il blocco dei beni. Dall’elenco sono esclusi i massimi vertici del Cremlino. Quindi, nell’ipotetica scala delle sanzioni possibili, quelle assunte sono paragonabili all’acqua fresca. Peggio sarebbe stato se avessero optato per l’embargo all’esportazione in Russia di lecca-lecca e caramelle mou.

Poteva l’Europa fare qualcosa di diverso? Assolutamente no. Perché, come insegna il maestro Kissinger, “la politica estera è l’arte di stabilire priorità”. Ora, nel quadro dei rapporti bilaterali Ue-Federazione russa le priorità sono ben altre rispetto alla pur difficile situazione dell’Ucraina. In primo luogo vi sono ragioni di interscambio commerciale che impongono ai Paesi del Vecchio Continente estrema cautela. In particolare, la Germania e l’Italia rappresentano partner privilegiati per l’import russo. Allo stesso tempo, l’invasione di gas russo sul mercato interno europeo ha contribuito in modo significativo a calmierare il costo della bolletta energetica per le manifatture e le famiglie europee. Inoltre, il neocapitalismo “made in Russia” sta differenziando i propri interessi investendo in maniera massiccia nelle imprese della nostra area d’interesse.

Per quanto riguarda la geopolitica, il partenariato con Mosca ha consentito di risolvere alcune crisi regionali molto pericolose, come il dossier della guerra civile siriana. Non v’è dubbio che l’intesa abbia funzionato anche nella trattativa con l’Iran per ridurne le pretese di egemonia nucleare. La Ue si è posta il problema di evitare accuratamente l’isolamento internazionale di Putin anche perché gli osservatori segnalano possibili scenari di crisi, nel prossimo futuro, in zone ad alto rischio quali il Mar della Cina e la regione mediorientale. È di tutta evidenza che in quel caso avere la Russia al proprio fianco può costituire un grande vantaggio per disinnescare la tensione. Ben diverso sarebbe l’esito di una crisi avendo fuori gioco, o magari contro, il potente player moscovita.

La retorica demagogica di Obama, spesa a beneficio della sua opinione pubblica, ha calcato la mano sul risultato raggiunto con gli alleati. Secondo l’inquilino della Casa Bianca, l’isolamento della potenza russa sarebbe il primo segnale forte di un’escalation di inziative contro Mosca. Balle! La verità è che la Ue, posta di fronte alla scelta se premere sull’acceleratore o tirare il freno, ha agito secondo buon senso andando in direzione opposta a quella propagandata da Obama. Lo ha confessato candidamente la nostra ministra Mogherini (beata gioventù!) quando, a commento delle decisioni assunte dalla conferenza dei ministri degli Esteri della Ue ha detto testualmente: “La nostra priorità e il nostro obiettivo è evitare che la Russia cada nelle proprie tentazioni di isolamento internazionale”.

L’inesperta “ragazza della Farnesina” ha svelato la verità, cioè che l’isolamento è una tentazione russa che va scongiurata non, come sostiene Obama bleffando, una strategia punitiva da sostenere. Per questa uscita, se Kerry becca la Mogherini la mena. Come ha spiegato Kissinger in un suo articolo comparso sul “Washington Post” il 5 marzo scorso: “Per l’Occidente la demonizzazione di Putin non è una politica, è un alibi per l’assenza di una politica”. Ora che la Crimea è passata armi e bagagli alla Russia, tutti noi possiamo tirare un sospiro di sollievo e auspicare che si proceda di buon passo a trovare una soluzione negoziata per la crisi di un’Ucraina monca della sua appendice peninsulare. Putin, per parte sua, può dirsi tranquillo dopo aver messo in sicurezza, con l’operazione Crimea, i principali interessi strategici del suo Paese. Adesso, la partita che si apre con Kiev appare più agevole. D’altro canto anche i nazionalisti ucraini più accesi sanno che non possono fare a meno di dialogare con il potente vicino per alcune fondate ragioni:

  1. Lo zar di Mosca ha aperto il portafoglio concedendo all’Ucraina un ulteriore aiuto di 5 miliardi di dollari che si aggiungono ai 3 miliardi già erogati lo scorso anno. Il bon ton suggerisce di non mordere la mano che ti nutre. 
  2. Il Paese ha un debito pubblico stellare e buona parte di questo riguarda le fornitura di gas della Gazprom, la compagnia petrolifera russa. Se i vertici di quell’azienda dovessero fare fino in fondo il loro dovere di manager potrebbero chiedere il saldo “ad horas” dello scoperto maturato o azionare la clausola contrattuale che prevede il pagamento anticipato delle forniture. Per l’Ucraina significherebbe la bancarotta. 
  3. L’industria nazionale ucraina produce avendo come principale mercato di sbocco quello russo. Una crisi potrebbe compromettere le relazioni commerciali tra i due Paesi e se gli attuali governanti insediati a Kiev si aspettano che sia l’Ue a prenderne il posto facendo beneficenza al sistema produttivo locale, stanno sulla luna. Poveracci! Rischiano di restare travolti da un sogno che si è trasformato in miraggio ma rischia di diventare un abbaglio. La Ue applica rigorosamente le regole di mercato, senza deroghe e sconti per nessuno. Lo chiedano ai greci. 
  4.  La componente etnica russofona resta radicata nel territorio ucraino e Putin non ha alcuna intenzione di abbandonarla. La storia russa è anche stata scritta in Ucraina. Ciò per i russi rappresenta un valore degno di essere difeso da qualsisasi intrusione o interferenza. 
Ora, potrebbe essere trovata una soluzione, anch’essa adombrata dal maestro Kissinger, nella “Finlandizzazione” dell’Ucraina. Il neologismo, orribilmente cacofonico, indica quella strategia adottata dal governo finnico per mantenere la propria indipendenza dal potente vicino russo dopo gli esiti della Seconda guerra mondiale, durante la quale il Paese delle renne si era schierato con il Reich tedesco, in veste di co-belligerante. La Finlandia si impegnò a tenere un profilo internazionale rigorosamente neutrale e distante dai blocchi contrapposti che avrebbero dato vita alla “Guerra fredda”. Questo le permise di rimanere autonoma e indipendente, nonostante fosse uscita sconfitta dal conflitto mondiale. Per l’Ucraina potrebbe essere questo il destino migliore: una realtà federale, aperta alle due sponde, che dialoga con entrambi senza prendere parte per l’uno o per l’altro.

In concreto: nessuna adesione all’area di libero scambio influenzata da Mosca e, nel contempo, nessuna adesione alla Nato. Soltanto la possibilità di commerciare liberamente con l’Est, come con l’Ovest. Tutto ciò sarà sufficiente per chiudere la crisi? Si vedrà. Sta di fatto che l’indicatore di un buon accordo, “non è la soddisfazione assoluta ma l’insoddisfazione equilibrata”. È sempre lui, il maestro, che ce lo ha insegnato. E prima che a noi lo ha spiegato agli americani, suoi connazionali. Allora perché Obama è così somaro?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:49