Il tintinnio di sciabole risuona in Crimea

Crimea, per ora è solo una guerra fatta di atti intimidatori. Ieri mattina, i cittadini ucraini, tatari e russi della penisola si sono risvegliati con la notizia dei due maggiori aeroporti bloccati da non ben precisati “uomini armati”. Non avevano alcuna mostrina, né alcun segno identificativo. Tuttavia avevano la divisa russa, corpetto anti-proiettile, elmetto e armi da guerra. Erano dotati di camion e mezzi corazzati trasporto-truppe. Non erano dislocati solo nei due aeroporti di Sebastopoli e Sinferopoli, ma avevano stabilito anche una serie di posti di blocco sulle vie di accesso delle due città, fermando ogni veicolo civile che si fermasse. In seguito, questi militari non identificati sono stati raggiunti da gruppi di civili, a volte disarmati, a volte dotati di armi personali, tutti rigorosamente russi e favorevoli alla riunificazione con Mosca (e dunque alla secessione dalla nuova Ucraina filo-occidentale). Solo più tardi, nel pomeriggio, il ministro dell’Interno del governo provvisorio ucraino, Arsen Avakov, ha dichiarato la fine dell’emergenza. Le forze dell’ordine hanno ripreso il pieno controllo dei due scali aerei internazionali. Nel corso della giornata, a parte alcuni voli sospesi, il traffico civile e commerciale è proseguito quasi regolarmente. Dunque non ci sono stati incidenti degni di nota, non è stato sparato un solo colpo e non è scorso il sangue, come si temeva. C’è stata “solo” tanta paura di assistere allo scoppio di una guerra, soprattutto perché il sequestro dei due aeroporti è avvenuta meno di un giorno dopo l’occupazione della sede del parlamento locale da parte di manifestanti pro-russi.

Chi erano quegli uomini armati di tutto punto e dotati di mezzi pesanti? Secondo il governo provvisorio ucraino si trattava di soldati regolari russi. “Posso descrivere questa situazione solo come un’aggressione militare, un’occupazione”, ha dichiarato Avakov. E il parlamento (la Rada) ha subito votato una mozione, in mattinata, per chiedere il rispetto dell’accordo sul disarmo di Budapest e invocando la protezione da parte dei suoi garanti internazionali, cioè Stati Uniti e Gran Bretagna oltre alla Russia. La prima mossa russa è stata comunque quella di negare ogni coinvolgimento diretto nella vicenda. I militari presenti sul posto non avevano alcun segno identificativo, appunto, dunque non è ancora possibile considerarli con tutta certezza soldati mandati da Mosca. Nessuno di loro ha voluto parlare con i giornalisti. Più disponibili si sono mostrati gli uomini in borghese, tutti membri di milizie costituite in questi giorni. “Abbiamo intenzione di non far passare alcun fascista” ha detto alle agenzie un miliziano di nome Vladimir. Eloquenti anche i manifesti affissi ai posti di blocco, in lingua russa: “Nessuna scimmia fascista passerà”. Un po’ come ai tempi dell’Urss, insomma.

Il sospetto che quelle truppe (quelle in divisa, non quelle in borghese) fossero realmente costituite da regolari di Mosca è corroborato anche dalle nuove manovre avviate da Putin il 26 febbraio e in piena escalation. Dieci elicotteri militari hanno penetrato lo spazio aereo dell’Ucraina, diretti in Crimea. Fanti di marina sono usciti dalla base navale di Sebastopoli per presidiare le vie di accesso e, allo stesso tempo, controllare da vicino la locale base della Guardia Costiera ucraina. Un’unità della marina russa ha invece iniziato a pattugliare le acque della baia di Balaclava, vicino a Sebastopoli. Insomma, prosegue il tintinnio di sciabole ai confini dell’Ucraina e il blitz dei misteriosi uomini armati potrebbe essere parte di questa strategia della tensione.

Dalle dichiarazioni ufficiali dei vertici russi non si capiscono bene le reali intenzioni. Il presidente Vladimir Putin ha annunciato ufficialmente, nel tardo pomeriggio con “i leader di Regno Unito e Germania”, per assicurar loro che non vi saranno ulteriori escalation in Ucraina. Tuttavia, la Duma (parlamento) russa cerca di far passare una legge per distribuire passaporti russi ai cittadini della Crimea. I Berkut, le “teste di cuoio” responsabili delle stragi di manifestanti, dovrebbero essere i primi a ricevere il passaporto russo, stando a un comunicato del Ministero degli Esteri di Mosca. E questa fu la stessa mossa che precedette l’invasione della Georgia, nel 2008, dietro il pretesto di proteggere i “propri cittadini”. In mezzo a tutta questa tensione, l’ex presidente ucraino Viktor Yanukovic, parlando per la prima volta in televisione dal giorno della sua fuga da Kiev, ha annunciato che non intende chiedere un intervento armato russo. Parla da Rostov sul Don, Russia meridionale. Però condanna la rivoluzione, definendola un golpe fascista e dichiara che “continuerà la lotta” per “il futuro dell’Ucraina”. Fra minacce e blandizie, per ora, sono le minacce che prevalgono.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:49