Ucraina e Moldavia, disunioni sovietiche

Unioni e divisioni innaturali e mai votate, stanno producendo i loro effetti di lungo periodo, quale retaggio delle repubbliche sovietiche, disegnate a tavolino da Stalin e dai suoi successori. L’Ucraina è sicuramente il caso più eclatante: mai come in questi giorni appare come una nazione divisa in due, con un occidente che non tollera più la leadership corrotta del presidente Viktor Yanukovich e un oriente che invece (benché inizi anch’esso a dimostrare insofferenza) se lo terrebbe anche. Un nazionalista dell’Ottocento e del Novecento avrebbe individuato la causa della divisione nella lingua e nella tradizione differente: di ascendenza polacca e austro-ungarica, l’Ovest parla la lingua ucraina e aspira naturalmente all’Europa, mentre l’Est, che è sempre stato parte della grande Russia, parla ancora il russo e guarda a Mosca quale suo punto di riferimento.

Ma è bene vedere qualche altra causa di questa separazione in casa, oltre alle ormai mitologiche ascendenze linguistiche e storiche. La causa, oggi come oggi, è soprattutto economica. L’Est è stato il grande privilegiato sovietico, con una industria pesante, soprattutto bellica, che rappresentava l’élite dell’economia dell’ex impero rosso. L’orgoglio del Donbass, patria di Stakhanov, ha retto anche il fallimento del sistema socialista reale, il crollo dell’Urss e la fine di un metodo di produzione industriale ormai tramontato da mezzo secolo in tutto il mondo. La gente nata e cresciuta nei “Combinat” industriali e attorno alle miniere rimpiange i tempi che furono e vede ancora in Putin (più che nel corrotto Yanukovich) il sogno di una rinascita. L’Ovest è un altro pianeta.

Erano i pezzenti dell’Urss, relegati al ruolo di contadini riottosi, repressi con la fame e con la forza, massacrati a milioni sotto Stalin (l’Holodomor, lo sterminio per fame, fu uno dei peggiori genocidi del Novecento), ribelli della prima ora, costretti a combattere contro polacchi, tedeschi, russi, sovietici nei primi quattro decenni del Novecento e sempre sconfitti, sfruttati da Chrushev, Brezhnev, Andropov, Chernenko, risvegliatisi sotto Gorbachev, ma mai arrivati a realizzare fino in fondo il sogno dell’indipendenza. L’Ovest ucraino è quel pezzo di ex Urss che, aderendo all’Ue e uscendo definitivamente dall’orbita russa non avrebbe niente da perdere e tutto da guadagnare.

È questa disperazione che spiega i moti degli ultimi mesi, il sogno dell’Europa pagato al prezzo di morti e feriti, la durezza della ribellione sulle barricate di Kiev. Lo scontro tra l’oriente e l’occidente ucraini non è un caso unico. Proprio ieri, in Moldavia, altra repubblica ex sovietica nata a cavallo di Russia ed Europa, una regione a noi ignota, la Gagauzia, ha votato “No” all’Ue e si è detta favorevole all’adesione all’area di libero scambio con la Russia. Il risultato del referendum locale è stato quasi unanime: il 98,4% si è espresso a favore dell’unione doganale con Mosca. In un secondo quesito, giusto per essere chiari, il 97,2% degli aventi diritto al voto hanno dichiarato di essere contrari a un’integrazione della Moldavia nell’Ue.

La Moldavia è conosciuta come terra di frontiera dell’Europa, i rumeni la considerano praticamente come una loro regione orientale. E anche una maggioranza di moldavi occidentali, a Ovest del fiume Dnestr, si considera cugina del, se non proprio appartenente al popolo rumeno. Anche la Moldavia è frutto di un’unione innaturale, di una sintesi artificiale prodotta nel laboratorio di Stalin. Ora guarda da due parti opposte, fino a spezzarsi. In Gagauzia hanno avuto diritto di voto e la maggioranza si è espressa. In Ucraina, in un Est insofferente per le insurrezioni dei cugini orientali inizia a serpeggiare l’idea di una secessione, ma non c’è modo di votarla. Forse è meglio per tutti, Russia e Ue, iniziare a rimettere mano su confini disegnati quasi un secolo fa da “esperti di nazionalità” bolscevichi, imbottiti di ideologia, ma digiuni delle realtà locali.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:50