Usa, tempesta di neve sul nord-est

Veder spalare la neve in metropolitana è surreale. Eppure sono anche queste le immagini che ci arrivano da New York: spalano la neve anche nelle stazioni di metropolitana, perché tale è l’accumulo che la montagna bianca copre tutte le scalinate ed invade gli spazi pure all’ingresso delle stazioni. La Grande Mela è la città più fotografata, ma possiamo solo immaginare che cosa sia il resto della costa nordorientale degli Stati Uniti, soprattutto in stati montuosi e settentrionali come il Vermont, o in quelli direttamente esposti alle intemperie dell’Atlantico, come il Massachusetts o il New Jersey. Benvenuti nello Snowmageddon 2.0 che segue di appena quattro anni il primo famoso “Snowmageddon” (Armageddon di neve) del febbraio 2010, quello che colpì anche la capitale e paralizzò Casa Bianca e uffici del Governo Federale.

E lo Snowmageddon non era neppure un primo caso recente, perché due anni prima era stato proceduto dallo Snowpocalypse (Apocalisse di neve) del 2008, quella volta sulla costa occidentale degli Usa. Comunque, in questa edizione odierna dello Snowmageddon, la temperatura di New York è arrivata a toccare i 25 gradi sottozero. Roba da Russia. E con i venti che viaggiano a circa 50 km/h la temperatura percepita è ancora più bassa, da Siberia. Tanto è vero che i medici avvertono: stare all’aria aperta per più di mezzora può comportare danni da congelamento. Lo sfortunato neosindaco Bill De Blasio, in carica da 48 ore, si limita ad invitare tutti i cittadini a stare a casa. Un po’ dura per una città che è fondata sul commercio, la finanza e il turismo, dunque tutte attività di movimento.

Chris Christie, governatore del New Jersey, ha diramato un’ordinanza simile: stare a casa, il più possibile, per chiunque non abbia necessità di muoversi. E chi non l’ha, considerando che il New Jersey è terra di pendolari? Se negli Usa crepano di freddo, in Canada è emergenza nazionale, soprattutto per le regioni atlantiche del Newfoundland a della Nuova Scozia. In quelle terre nordiche si rischia veramente uno scenario da piccola era glaciale. Tempo straordinario? Sì straordinariamente freddo. E non si dica che è la prima volta: il 2006 fu eccezionale per il freddo, ancor di più lo fu il 2012 con le sue temperature polari. Il 2013 aveva già registrato un’estate particolarmente mite (a parte le due ondate di caldo africano, nel luglio, in Europa), per non dire fredda e piovosa e si conclude con le tempeste di neve. Non è superficiale constatare che gli Usa non sono da soli.

Anche nel nostro Paese le notizie che fanno tendenza sono quelle del blackout (da neve) di Cortina d’Ampezzo e di Madesimo, località sciistiche su cui si è abbattuta una tempesta di neve di insolite proporzioni. Ma non doveva esserci il riscaldamento globale? Un team di scienziati che ne doveva studiare l’impatto sul Polo Sud, è rimasto intrappolato, dai ghiacci, a bordo della rompighiaccio russa Akademik Shokalskij. I banchi sono cresciuti con rapidità sorprendente, molto più delle previsioni meteo. E l’inverno 2013 segna proprio un record nella crescita dei ghiacci antartici e una ripresa dell’espansione di quelli artici.

Ma l’ex vicepresidente e campione dell’ecologismo Al Gore, dalla sua casa a Nashville, Tennessee, ai margini della tempesta di neve, troverà sicuramente qualche scusa per affermare che questo gelo straordinario e crescente, è sicuramente un sintomo del riscaldamento globale. Già sul “paradosso dell’Antartide” sta iniziando a circolare una contorta teoria scientifica, secondo cui è il caldo che aumenta, con una serie di passaggi dal vapore acqueo al congelamento, il volume dei ghiacciai del Polo Sud. Ok, roba da scienziati ed ecologisti. Noi però sentiamo freddo, non caldo.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:38