Ucraina al bivio fra Est e Ovest

In Ucraina siamo arrivati alla resa dei conti. La polizia si è palesata in gran numero in Piazza dell’Indipendenza ed ha iniziato a smantellare l’accampamento dei contestatori, ormai arrivati al numero ragguardevole di mezzo milione. Nel momento in cui questo giornale va in stampa, non si registrano scontri. La piega che gli eventi possono prendere è duplice. O si arriva a una soluzione negoziata, con una tavola rotonda fra partiti di opposizione (liberali e nazionalisti) e di governo (post-sovietici), oppure la resa dei conti diverrà molto sanguinosa. La presenza massiccia delle forze dell’ordine in piazza farebbe presagire una conclusione violenta della crisi.

Ma è l’ipotesi più probabile? Non sembra, stando alle dichiarazioni dello stesso presidente Yanukovich. Il quale ha ammesso di voler trovare una soluzione concordata alla crisi, aprendo la discussione con le forze d’opposizione. C’è un grande promotore di questa linea di dialogo, che è l’Unione Europea. Catherine Ashton, l’Alta responsabile della Pesc (la politica estera e di sicurezza comune) finora non si è dimostrata una personalità politica molto attiva, ma in questo caso è intervenuta con prontezza e oggi sarà a Kiev per promuovere una soluzione concordata e non sanguinosa. Dunque i manifestanti hanno tutto l’interesse a mantenere la calma e il governo fedele a Yanukovich avrà anch’esso maggiori benefici nel trattenere i manganelli dei poliziotti. Tanto più che, quando le teste di cuoio sono intervenute con la mano pesante, la settimana scorsa, la protesta di piazza, lungi dal placarsi, si è espansa con centinaia di migliaia di persone in piazza, barricate, occupazione di sedi istituzionali.

Si dovrà attendere, da entrambe le parti, l’esito dei colloqui ad alto livello, mantenendo la calma. Con la decapitazione della statua di Lenin, avvenuta domenica, la protesta ha assunto anche chiari connotati ideologici. Quella statua, simbolo del potere sovietico, era riuscita a sopravvivere indenne anche dopo la caduta dell’Urss nel 1991 e la Rivoluzione Arancione del 2004. Evidentemente, per coloro che manifestano in piazza, siano essi nazionalisti o democratici, c’è ancora un lavoro incompiuto: una rivoluzione anti-comunista mai portata a termine fino in fondo. La voglia di appartenere all’Unione Europea, simboleggiata dalla firma di un accordo di libero scambio, ha questo preciso significato: entrare in un’area in cui prevalgono democrazia e libertà di circolazione, per le merci e anche per le persone.

A questa tendenza si oppone quella filo-russa, che invece mira a mantenere i simboli e i metodi del vecchio regime (pur non essendo più comunista) per mantenere intatto il potere di un’enorme industria para-statale e tentare di ricostruire un’area geopolitica post-sovietica che si contrappone, come unica alternativa possibile, alle democrazie occidentali. Lo scontro fra queste due tendenze si può risolvere solo convincendo Mosca a lasciar andare le repubbliche ex sovietiche, convincendo Putin che l’eventuale loro adesione ad accordi con l’Ue non è una minaccia alla Russia stessa. Putin, al contrario, teme l’effetto domino dell’insurrezione ucraina, ha paura che galvanizzi i suoi dissidenti e soprattutto non vuole l’Ue al suo grande confine meridionale.

Da un punto di vista geopolitico, infatti, l’Ucraina è il “cortile di casa” russo, oltre che l’origine culturale della moderna Russia (Kiev fu la prima capitale). Sarà molto difficile che Putin accetti un compromesso su questo fronte. Ma qualche segnale di apertura, se non altro simbolico, incomincia a vedersi. Il presidente russo ha infatti annunciato un’amnistia (in occasione del 20mo anniversario della costituzione russa) che non include i dissidenti più di richiamo (né l’imprenditore Mikhail Khodorkovskij, né le Pussy Riots, condannati come criminali comuni e non politici), ma è comunque un segno di apertura su un tema, quello dei diritti umani, che è precondizione di ogni dialogo serio con l’Ue.

Solo da oggi, comunque, si vedrà che piega prenderanno gli eventi, con la consapevolezza, però, che non saranno affatto conclusivi. Finché la Russia si porrà di traverso all’allargamento, anche solo economico, dell’Ue, crisi come quella che abbiamo visto in Ucraina in queste settimane continueranno a ripetersi in continuazione.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:42