Nucleare in Iran, delusione in arrivo

Grandi speranze per il nuovo round di negoziati, iniziati ieri a Ginevra, sulla questione del programma nucleare dell’Iran. Grandi speranze, probabilmente, mal riposte. I dissidenti iraniani ci hanno già avvertiti: “Per celare le sue attività nucleari, il regime iraniano sta conducendo una vasta operazione per trasferire il centro di ricerca e pianificazione militare atomica.

Il trasferimento è iniziato al principio di settembre e non è ancora finito, ma tutto l’essenziale è già stato fatto”. Lo rivela alla stampa francese Mehdi Abrishamachi del Consiglio Nazionale della Resistenza, basato a Parigi, il primo gruppo che aveva rivelato l’esistenza di un programma atomico segreto. In questi giorni ha inoltrato all’Aiea una denuncia pubblica su questo trasferimento segreto, allegandovi molti dati, fra cui i nomi di cento uomini impiegati nella complessa operazione.

Già nel 2005, l’attuale presidente Hassan Rouhani (allora negoziatore sul nucleare) si era vantato di aver preso tempo per permettere il completamento dei primi impianti di arricchimento dell’uranio, essenziali per l’eventuale fabbricazione di ordigni nucleari. Anche questa volta, se quanto detto da Abrishamachi sarà verificato, la leadership “moderata” di Teheran ci starebbe ingannando.

Ci ha già avvertiti anche il presidente israeliano Shimon Peres, che al quotidiano brasiliano Folha di Sao Paulo, ieri, ha dichiarato: “Nella politica, così come nella vita, possiamo giudicare una persona solo basandoci sui fatti. Al momento non ci sono cambiamenti in Iran, i fatti contraddicono i loro discorsi. Se gli iraniani ci dicono che non vogliono armi nucleari, perché continuano a sviluppare nuovi missili balistici?”. Sembra una frase assurda, ma i missili balistici a medio raggio, di cui l’Iran è già dotato e quelli intercontinentali, di cui potrebbe dotarsi nel prossimo futuro, hanno senso solo se armati con testata nucleare.

Non ha alcun significato tirare un ordigno convenzionale (e nemmeno chimico) dall’altra parte del Medio Oriente, o anche dall’altra parte del mondo. Il costo e il rischio del lancio non varrebbero il danno inflitto. Il premier di Gerusalemme, Benjamin Netanyahu, rivolgendosi agli europei (attualmente i più inclini a credere al presidente Rouhani), ci avverte: “Nessun accordo è meglio che un cattivo accordo. E un cattivo accordo significherebbe un’intesa per levare le sanzioni all’Iran, lasciandolo libero di arricchire l’uranio e proseguire il lavoro di costruzione dei suoi impianti ad acqua pesante per la produzione di plutonio, entrambi processi necessari per la costruzione di armi nucleari.

Non potete mollare proprio adesso, e non potrete più dire che non vi avevo avvertiti”. Che l’Iran possa non essere sincero, lo dimostra anche quanto viene riportato dalla stampa di Teheran, dal quotidiano Kayhan, in particolare. A quanto pare, il presidente Rouhani e il ministro degli Esteri Zarif si sarebbero spinti troppo oltre, nella loro “offensiva di pace”.

 Tanto da meritarsi una solenne tirata d’orecchi dall’ayatollah Alì Khamenei, unico vero titolare e responsabile del programma nucleare. “Noi (Zarif e Rouhani, ndr) pensavamo che i colloqui (con John Kerry, segretario di Stato americano, ndr) e la telefonata (con Barack Obama) fossero entro i limiti del nostro mandato – avrebbe spiegato Zarif a una commissione del Majlis, il parlamento di Teheran – ma la spiegazione che abbiamo compreso come Guida Suprema (Khamenei, ndr) ci abbia criticato.

 La conversazione telefonica del dottor Rouhani con Obama è stata, a suo dire, un primo passo falso e la mia lunga conversazione con John Kerry è stata considerata come un altro passo falso nel nostro viaggio diplomatico”. Dunque, se non è il quotidiano Kahyan che esagera (ma avrà letto il resoconto scritto dell’intervento parlamentare, o no?), apprendiamo che l’unico titolare e responsabile del programma atomico iraniano non ha alcuna intenzione di trattare sul nucleare. E che le stesse aperture, più simboliche che concrete, del presidente e del ministro degli Esteri, sono state sin troppo esagerate. Cosa possiamo attenderci da Ginevra, a questo punto?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:42