Siria, la guerra inizia al Congresso

Entro l’inizio della settimana prossima, sapremo se il Congresso degli Stati Uniti darà il suo consenso per un intervento militare in Siria. Con l’endorsement dato dal portavoce repubblicano della maggioranza alla Camera, Eric Cantor e della minoranza al Senato, John Boehner, la battaglia sembrerebbe conclusa a favore di Obama. Siamo proprio sicuri? No. Ci sono da convincere tutti gli altri deputati e senatori. A partire dal terzo repubblicano più importante alla Camera, Kevin McCarthy, ci sono più perplessità che approvazioni sull’opportunità di un intervento militare. McCarthy dichiara che tutte le opzioni sono ancora sul tavolo e vuole prendersi un po’ di tempo per pensarci.

Alcuni dei maggiori guru della politica estera repubblicana, come l’ex ambasciatore all’Onu John Bolton e l’ex segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, sono apertamente contrari. E sì che Rumsfeld è lo stesso che alcuni, anche qui in Italia, volevano condannare per “crimini di guerra” ed è tuttora conosciuto e ricordato come un “falco”. Proprio perché lo è, perché vuole (come Bolton) una difesa intransigente della sicurezza nazionale statunitense, non ha alcuna intenzione di sostenere una fazione ribelle, in Siria, che include anche milizie affiliate ad Al Qaeda.

Il problema, per i conservatori, inizia ad essere quello del proprio elettorato. Insomma, Cantor e Boehner sono gli stessi che si sono appena rifiutati di votare per il de-finanziamento dell’Obamacare. Già questa è stata una delusione atroce per milioni di conservatori che avevano votato a destra soprattutto per seppellire la riforma sanitaria del presidente. Appoggiare l’intervento militare in Siria, proprio quando i sondaggi confermano che 6 americani su 10 sono contrari, potrebbe essere un suicidio politico bello e buono. Quando sono al Congresso, deputati e senatori sono soggetti alla pressione dei loro capigruppo e dell’amministrazione. Ma quando tornano nei loro territori, da cui devono cercare i voti per essere rieletti, subiscono pressioni di segno opposto. Il deputato texano Randy Weber, per esempio, ha un elettorato tutt’altro che interventista ed è per questo che le sue dichiarazioni, rilasciate al quotidiano NewsMax, trasudano prudenza: «Non c’è alcuna risposta semplice – dichiara – gli Stati Uniti dovrebbero considerare ogni Paese e ogni situazione come un caso a sé e non cercare di abbracciare una strategia buona per tutte le stagioni per tutti i Paesi e per tutte le crisi. L’uso di armi chimiche, benché sia una grave violazione della legge internazionale, non è sufficiente a giustificare un nostro intervento armato». Simili anche le dichiarazioni di Marsha Blackburn, del Tennessee: «Molti dei miei cittadini si oppongono ad un’azione in Siria e sono sempre più preoccupati per gli eventi di quella regione». Jeb Hensarling, sempre del Texas: «Dovete mostrarmi quali motivi di sicurezza nazionale e quali interessi strategici nazionali giustificano un coinvolgimento militare degli Stati Uniti in Siria. Finora, basandoci sulle informazioni che ho ricevuto, io non ne vedo alcuno. Vedo una guerra civile fra due fazioni, entrambe non amichevoli nei confronti degli Usa».

Il senatore Marco Rubio, astro nascente repubblicano, possibile futuro candidato alla presidenza, non è neppure lui noto per essere pacifista. Anzi, si beccò gli insulti dei conservatori più isolazionisti quando sostenne l’intervento contro la Libia nel 2011. Ma oggi dichiara che: «Non credo si debba iniziare un intervento militare senza prima avere un chiaro e raggiungibile obiettivo in mente». Cosa che non c’è.

Ma l’opposizione potrebbe giungere anche dagli stessi parlamentari della maggioranza democratica, come fanno presagire gli interventi di deputati e senatori (soprattutto quelli del caucus progressista) a favore di emendamenti alla risoluzione del Congresso che autorizza l’intervento. La risoluzione, che prevede un’azione “limitata” e “collegata esclusivamente alle armi chimiche”, non pone limiti di tempo e di estensione degli obiettivi da colpire. Gli emendamenti li vorrebbero introdurre, in termini più chiari. Ma a questo punto perché iniziare un conflitto quando hai già le mani legate?

 

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:41