Egitto, prove generali di guerra civile

Egitto, se lo scopo dei militari era quello di riportare l’ordine, il loro obiettivo non è stato raggiunto. Quarantadue i morti accertati (i manifestanti ne dichiarano 77) nello scontro di ieri, al Cairo. I feriti sono più di 300. I militari hanno sparato sulla manifestazione dei Fratelli Musulmani di fronte alla caserma della Guardia Presidenziale. Affermano di averlo fatto in risposta a colpi sparati dagli stessi manifestanti. Un video diffuso in rete dall’esercito mostra un uomo che spara, celato dietro l’albero. E, a riprova di non essere stati gli unici ad aver usato armi da fuoco, fra i morti vi è anche un ufficiale dell’esercito, più numerosi feriti in uniforme. Per i Fratelli Musulmani, invece, la versione dei militari è falsa. La manifestazione era un sit-in pacifico di fronte al luogo in cui si pensa sia detenuto il presidente deposto Mohammed Morsi.

Sarebbe facile interpretare l’evento come un brutale e gratuito atto di repressione dell’esercito contro il popolo. Ma la sparatoria di ieri è stata solo l’ultimo episodio di una terribile escalation. Giovedì, i primi scontri erano scoppiati subito dopo l’annuncio, da parte dei militari, della sospensione della nuova costituzione islamica e della deposizione del presidente Morsi. Il giorno dopo, dopo la preghiera del venerdì, migliaia di militanti dei Fratelli Musulmani avevano marciato per le vie del Cairo, verso la caserma della Guardia Presidenziale, dove credevano fosse detenuto il loro (ex) presidente. L’esercito ha prima sparato in aria, poi ha aperto il fuoco ad alzo zero, facendo almeno 3 morti e decine di feriti. Sabato i manifestanti anti-Morsi si erano affrontati con le armi in pugno con gli islamisti ancora fedeli al presidente. Nel frattempo, iniziava l’escalation dei proclami di guerra. Il sito web della Fratellanza, Ikhwan Online, lanciava fango contro il presidente ad interim, l’ex presidente della Corte Suprema Adli Mansour. “È un ebreo”, diceva il sito degli integralisti, tracciando il profilo di un presidente “cristiano avventista del settimo giorno”, ma anche vicino al papa copto Tawadros II e però anche ebreo mai confesso: un guazzabuglio religioso e complottista scritto apposta per alimentare l’odio contro il nuovo capo dello Stato, i cristiani e gli ebrei. I Fratelli Musulmani hanno ritirato l’articolo, ma non le loro accuse contro Tawadros II, reo di aver appoggiato la road map dei militari.

La violenza si è fatta subito religiosa: attacchi ai cristiani e alle loro proprietà, un sacerdote copto assassinato a El Arish, nel Sinai. La prima vittima cristiana del nuovo ciclo di violenze sarebbe stata uccisa da Ansar al Sharia, la stessa sigla del gruppo terrorista che opera da due anni in Libia. E che, stando a fonti governative libiche, sarebbe stato appoggiato, in questi due anni, proprio dai Fratelli Musulmani egiziani. La branca del Sinai di Ansar al Sharia ha lanciato il suo proclama via Internet, dichiarando guerra al nuovo governo di transizione del Cairo, ai cristiani e ai laici. Youssef al Qaradawi, il noto predicatore televisivo, dal Qatar ha lanciato la sua fatwa contro i militari egiziani, affermando che la sua scelta sia condivisa da almeno metà degli studiosi coranici dell’Università di Al Azhar, punto di riferimento culturale più importante del mondo islamico sunnita. Qaradawi ha invitato la piazza a sollevarsi contro i militari e il governo di transizione. È in questo clima da pre-guerra civile che i Fratelli Musulmani si sono assembrati, a migliaia, di fronte alla caserma della Guardia Presidenziale. Il loro leader, Mohammed Badie, aveva esortato il popolo ad occupare le piazze fino al ritorno al potere di Morsi.

I militari e la magistratura avevano già preso contromisure, come la chiusura della sede centrale del partito Libertà e Giustizia (piena di armi, secondo il magistrato che ne ha ordinato la chiusura), l’oscuramento della sua televisione, il mandato di arresto nei confronti di trecento militanti e dirigenti. Il bagno di sangue di ieri è il culmine di questa escalation. I Fratelli Musulmani hanno ritrovato un alleato anche nei salafiti (ultra-fondamentalisti) del partito Al Nour. Compagni di banco nell’assemblea costituente, dove avevano votato a favore della Costituzione voluta da Libertà e Giustizia, i salafiti non avevano appoggiato Morsi la settimana scorsa e, dopo la sua deposizione, si erano offerti candidati per formare un governo di larghe intese per la transizione. Dopo il massacro di ieri, hanno abbandonato le trattative per il governo e si sono ritirati all’opposizione. Questa scelta spiana la strada a un possibile confronto armato fra islamisti e non-islamisti in tutto l’Egitto. La guerra civile potrebbe scoppiare, comunque, solo se l’esercito si spaccasse in due. Non è un’ipotesi così remota. I due terzi dei soldati sono di leva, reclutati anche nelle città in cui i Fratelli Musulmani e i salafiti hanno ottenuto una maggioranza schiacciante nelle ultime elezioni. E anche fra gli ufficiali, nella polizia e nelle forze del ministero degli Interni, le infiltrazioni degli islamisti stanno procedendo da anni, come denunciano i laici fin da prima della rivoluzione del 2011.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:27