L’eredità politica di Nelson Mandela

Nelson Mandela è ancora ricoverato in gravi condizioni. Le fonti che lo davano in stato vegetativo permanente sono state smentite da medici e autorità sudafricane. È dunque ancora presto e inopportuno scrivere un coccodrillo. È però già possibile trarre un bilancio del suo operato politico in Sud Africa. Mandela è certamente uno dei grandi rivoluzionari del XX Secolo, liberando il suo Paese dal regime di apartheid etnico imposto per mezzo secolo dalla minoranza boera. Lo ha fatto con l’aiuto delle democrazie occidentali, che hanno premuto per le riforme con un mix di sanzioni economiche, mobilitazione dell’opinione pubblica e incentivi politici per una transizione verso una piena democrazia. Per 27 anni Mandela è rimasto in carcere, ma non ha voluto alcuna vendetta nei confronti dei suoi persecutori. La transizione sudafricana è stata gestita con il massimo della gradualità e dell’ordine. Chi temeva lo scoppio di una guerra civile fra i bianchi e le etnie nere è rimasto “deluso”.

Da oltre 20 anni in Sud Africa non è scoppiata alcun conflitto armato. Ed è un caso più unico che raro. Basti vedere come è finito un caso molto simile, il vicino Zimbabwe, ex Rhodesia, dove la maggioranza nera, armata e ideologizzata, guidata dal presidente/dittatore Robert Mugabe, ha cacciato i bianchi dalle loro fattorie, imponendo un modello sociale collettivista. Lo Zimbabwe è crollato, sotto tutti i punti di vista: economico, sociale e politico. Il vicino Sud Africa, così come è stato impostato da Mandela, è una delle cinque economie emergenti del mondo, assieme a Brasile, Russia, India e Cina. Attualmente è sede di multinazionali e la sua popolazione ha un alto tasso di miliardari, bianchi e neri. Le sue università sono le uniche, in tutta l’Africa, a comparire nelle classifiche delle migliori istituzioni accademiche del mondo. Oltre a questa eredità quasi miracolosa, il Sud Africa presenta ancora molti lati oscuri.

La violenza, prima di tutto. Benché sia uno dei Paesi più pacifici del continente nero e non sia il più violento al mondo, il tasso di omicidi è ancora preoccupante. A parte il caso singolo e ancora misterioso del delitto commesso dall’atleta Oscar Pistorius, in Sud Africa vengono perpetrati circa 18mila omicidi all’anno, con un tasso di 37,3 ogni 100mila abitanti. Gli stupri, anche sono tantissimi. Prima dei Mondiali di calcio, le autorità ne avevano registrati 27.750 nel solo 2010. Alcuni studi parlano anche di 1500 violenze sessuali al giorno. Ma anche qui, il dato va letto in prospettiva: dalla fine dell’Apartheid ad oggi, il tasso di violenza, sia omicida che sessuale, si è dimezzato, registrando un calo costante. Insomma, il modello del “Paese arcobaleno” finora ha retto. Sopravvivrà alla morte del suo ideatore? Dipenderà dai suoi eredi. Jacob Zuma, attuale presidente, di etnia Zulu (popolo di tradizioni guerriere) non sembra seguire fino in fondo le orme del padre della democrazia sudafricana. I suoi discorsi incendiari stanno suscitando non pochi allarmi. I bianchi iniziano ad armarsi, ad alimentare un razzismo per auto-difesa. Già nascono centri di addestramento per milizie di soli bianchi. I segnali di una possibile degenerazione, in stile Zimbabwe, ci sono tutti. Ma non per colpa di Mandela.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:40