Ue, perché lituani e croati festeggiano?

C’era una volta il “selvaggio Est”, una landa desolata, cosparsa delle macerie dell’ex blocco comunista, da cui arrivavano trafficanti, prostitute, immigrati disperati e notizie di guerre civili violentissime. Adesso quello stesso “selvaggio Est” di vent’anni fa sta diventando la parte dell’Unione Europea che cresce più rapidamente, sia economicamente che politicamente. Due notizie in un giorno solo lo fanno toccare con mano. La Lituania (ex repubblica dell’Unione Sovietica, indipendente dal 1991 dopo aver subito una sanguinosa repressione a Vilnius) è diventata la presidente di turno dell’Ue per questo secondo semestre del 2013. La Croazia (ex repubblica della Jugoslavia, diventata indipendente dopo un anno di sanguinosa guerra civile nel 1991), è diventata membro a pieno titolo dell’Ue. È il 28mo Stato membro.

L’Ue, da queste parti, non è più così popolare. Si attribuisce all’euro (e non sempre a ragione) gran parte delle colpe della crisi economica italiana e dei Paesi mediterranei in generale. Quasi ci meravigliamo vedendo le scene di decine di migliaia di croati che festeggiano l’ingresso nell’Ue in piazza a Zagabria, o nel sentire le dichiarazioni di entusiasmo politico da Vilnius per la conquista dell’agognata presidenza di turno. “Cosa avranno mai da festeggiare?” ci verrebbe naturale chiedere. L’Ue, però, è ancora una costruzione politica molto diversa per Paesi recentemente usciti dal comunismo e indipendenti da appena un ventennio, separatisi dai loro governi centrali dopo lotte sanguinose. Tutte le opinioni pubbliche dei Paesi baltici, dei Paesi dell’ex Patto di Varsavia e della ex Jugoslavia, vedono l’Ue come una triplice promessa di libera circolazione delle persone, stabilità democratica e pace. Sono soprattutto questi due desideri ad essere molto condivisi. Fino al 1989-91 non c’era la possibilità di muoversi liberamente, ogni spostamento, anche interno, poteva avvenire dietro autorizzazione delle autorità comuniste.

Dopo quel biennio rivoluzionario, la possibilità era comunque limitata dalle leggi europee sull’emigrazione. L’ingresso nell’Ue è visto come un’opportunità per viaggiare, investire, lavorare all’estero, scambiare beni, servizi e informazioni. La stabilità democratica è un’altra promessa attraente. La possibilità di tornare sotto una dittatura è stata molto concreta fino a non molti anni fa. Basti pensare che la Slovacchia (che da anni è membro a pieno titolo dell’Ue) era una democrazia “protetta” sino al finire degli anni ’90. La stessa Croazia, fino al 1999, era una democrazia molto limitata dalla carismatica e controversa figura del generale Franjo Tudjman, padre dell’indipendenza croata, ma anche riconosciuto come criminale di guerra dal Tribunale Penale Internazionale per l’Ex Jugoslavia. Facendo parte dello stesso club di 27 stabili democrazie liberale, lo spettro di un autoritarismo di ritorno si allontana anche per la Croazia. La pace è poi un qualcosa che noi non sappiamo valutare appieno, considerando che non abbiamo mai più conosciuto guerre da 68 anni.

Ma la guerra è uno spettro che si aggira ancora per le vie di Zagabria così come in quelle di Vilnius. Nel gennaio 1991, i carri sovietici soffocarono con la forza l’indipendentismo lituano. Un sobrio monumento ricorda i caduti sotto la torre della televisione di Vilnius. Tuttora preoccupa quell’enclave russa conficcata in territorio lituano, Kaliningrad, una delle maggiori basi militari russe, retaggio della vecchia Urss. La storia recente croata, poi, è un mare di sangue: la battaglia di Vukovar, le prime operazioni di pulizia etnica nelle regioni di confine della Krajina e nella Slavonia Orientale, la feroce vendetta militare di Tudjman contro i serbi nel 1995, sono tutti ricordi freschissimi, ferite ancora aperte, sono 24mila morti seppelliti da relativamente poco. All’interno dell’Ue non scoppiano guerre. Questo è quel che si vede da Est. L’appartenenza all’Ue è la conquista di un posto sicuro, la garanzia che le violenze di massa non si ripetano. Questo finora, almeno.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:40