Cina e Russia danno lezioni di democrazia

Tanti regimi, che notoriamente difendono i diritti umani, stanno dando lezioni di legalità internazionale agli Stati Uniti. Il caso di Edward Snowden ha provocato questo paradossale effetto collaterale: vedere Cina, Russia, Cuba ed Ecuador che proteggono un “dissidente” in fuga dagli Stati Uniti. “Dissidente”, tra l’altro, ormai riconosciuto da Wikipedia, l’enciclopedia online: se cerchi il termine, trovi il suo nome in mezzo a quelli di Sacharov, Walesa e Mandela. Edward Snowden ha il merito di aver svelato al pubblico americano l’esistenza di Prism, il sistema di sorveglianza informatica messo in piedi dalla National Security Agency (Nsa), l’agenzia per la sicurezza interna degli Stati Uniti.

Pentitosi del suo lavoro, da bravo consulente informatico e cittadino americano, ha informato i suoi concittadini e colleghi (tramite la stampa) che chiunque poteva essere sotto controllo. Che i nostri nomi, cognomi, indirizzi, date di nascita, foto, documenti personali, qualunque cosa sia mandato via email, in chat, via social network, viene pescato sui server delle compagnie informatiche, catalogato e potenzialmente spiato. Lo stesso vale per i telefoni, almeno per gli abbonati statunitensi della compagnia Verizon. Gli americani non temono tanto lo spionaggio interno, quanto le persone che mentono. E sul caso Prism hanno mentito tutte le più alte cariche dello Stato, nascondendo la sua esistenza fino al mese scorso e cercando di ridimensionarla fino a questi ultimi giorni. Adesso, però, Washington si sta ulteriormente tirando la zappa sui piedi, lanciando una vera caccia al dissidente (manco fosse la Cina con Chen Guangcheng) e permettendo a regimi autoritari, totalitari o pseudo-democratici a dare lezioncine di democrazia a quella che è e resta (pur con tutti i suoi limiti) uno dei Paesi più liberi del mondo.

Il giornale ufficiale del Partito Comunista Cinese, il Quotidiano del Popolo, premia Snowden per aver «levato agli Usa la loro maschera di santità». Perché: «Non solo le autorità statunitensi non hanno dato alcuna spiegazione, né hanno porto le scuse, ma hanno protestato con la Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong (dove Snowden si era inizialmente rifugiato, ndr) perché questa si è comportata conformemente alla legge (per non averlo estradato, ndr). In un certo senso, gli Stati Uniti sono passati dall’essere un “modello per i diritti umani” a quello di “ladri della privacy personale”, a “manipolatori” di un potere centralizzato mondiale di Internet, i folli “invasori” dei network degli altri Paesi». Il regime comunista di Pechino invade regolarmente la privacy di tutti i suoi cittadini, controlla la posta, censura le notizie sgradite, manipola le informazioni, invade i network di tutti i Paesi industrializzati (Usa per primi) per condurre spionaggio industriale contro decine di migliaia di aziende. Ma ora aveva l’occasione d’oro per ribaltare la frittata. E l’ha colta.

La Russia ha accolto Snowden domenica: da Hong Kong è volato a Mosca. Ma, con una dichiarazione che suona come una beffa, il premier Dmitri Medvedev, risponde negativamente alla richiesta di estradizione statunitense… perché Snowden non è entrato in territorio russo. A quanto pare è in un limbo internazionale, come Tom Hanks nel film “The Terminal” (ma in quel caso era lui l’ex sovietico e il terminal era negli Usa). Le parti si sono invertite anche qui: Medvedev ha l’occasione per ribattere a Washington che le sue sono “infondate accuse” alla Russia. È la seconda volta in mezzo anno che a Mosca capita l’occasione di rovesciare la frittata contro l’Occidente democratico. La prima è stato l’asilo offerto a Gerard Depardieu, in fuga dall’esoso fisco francese.

Domenica anche il difensore della libertà di informazione ha trovato rifugio in un Paese (o in una “intercapedine” internazionale di un suo aeroporto) in cui vengono uccisi, ogni anno, più giornalisti che nei Paesi in guerra. Edward Snowden potrebbe ora tentare la fuga in Ecuador, oppure a Cuba o in Venezuela, tutti Paesi che non concederebbero l’estradizione chiesta da Washington. Nel frattempo abbiamo sentito la predica del ministro degli Esteri ecuadoregno (119mo posto su 179 nella classifica della libertà di stampa di Reportèrs sans Frontières), che già ospita Julian Assange nella sua ambasciata a Londra. Il ministro Ricardo Patino dichiara che Snowden è: «un uomo che cerca di portare alla luce fatti che minacciano la libertà di ognuno». La scelta se riconoscergli o meno il diritto di asilo, è una scelta fra «tradire i cittadini del mondo, o tradire certe élite al potere di un Paese». Adesso ci attendono solo le prediche di Fidel Castro, in difesa della libertà di espressione.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:33