Il pensiero degli iraniani su Rouhani

In Iran l’incredulità continua per l’elezione del presidente Rouhani. Tutti si aspettavano un lungo braccio di ferro fra l’ayatollah Khamenei e un candidato che si presenta il più riformatore di tutti. Ma invece il nuovo capo del governo è stato immediatamente accettato e legittimato dalla Guida Suprema. “Grazie dittatore!” è lo slogan, molto significativo, comparso qua e là nelle manifestazioni di giubilo. “Sono contento che sia stato contato il mio voto!” è un altro slogan apparso per le vie di Teheran. È ancora fresca la memoria delle elezioni truccate che diedero il via alla Rivoluzione Verde del 2009, dove la domanda universale era “Dove è (finito) il mio voto?”.

«Credo che l’elezione di Rouhani abbia ridato speranza all’Iran, che è alle prese con una crisi economica e il malgoverno di Ahmadinejad – ci spiega Shabnam Kasraei, ragazza iraniana che vive a Milano e attenta osservatrice dei movimenti riformatori di Teheran - Dopo la delusione del movimento verde e dopo che, questa volta, il Consiglio dei Guardiani non ha accettato la candidatura di Rafsanjani, tutte le speranze si sono riversate in Rouhani, la gente ha votato non sapendo se ci sarebbe stato un nuovo broglio oppure no, ma questa volta le cose sono andate bene. I voti sono stati contati, sembra che ci sia un’apertura politica. Molti hanno interpretato questa elezione come una vittoria anche per il movimento verde, sembra che il regime abbia sentito la voce della sua gente. Ora Rouhani è salito al potere con l’appoggio di Khatami (ex presidente riformatore, ndr) e Rafsanjani pertanto ci si aspetta molto da lui, che sicuramente si trova di fronte a una grande sfida. Rouhani non ha un passato da riformista, ma nei suoi discorsi si capisce che voglia il dialogo con la posizione riformista.

Oggi nella sua prima conferenza ha ribadito che manterrà le sue promesse. È significativo che alla fine della conferenza un giornalista si sia alzato gridando “ricordati che ci dovrà essere anche Mousavi!”». Gli esperti sono abbastanza divisi sulla natura riformista di Rouhani. Alireza Nader, politologo, esperto di Iran alla Rand Corporation, dichiara ai microfoni di Radio Free Europe, che Khamenei abbia accettato di condividere il potere con Rouhani, in forza dell’esperienza di quest’ultimo. «Dopo tutto era il rappresentante di Khamenei presso il Consiglio di Sicurezza Nazionale – dichiara Nader – Inoltre era stimato dal Consiglio dei Guardiani, il ché è molto significativo. Rafsanjani, la cui candidatura è stata bocciata, poteva essere troppo potente per Khamenei, mentre Rouhani potrebbe risultare più obbediente» ai voleri della Guida Suprema.

Di fatto: «Il regime sta cercando di ricucire le divisioni interne all’Iran e alleviare la pressione esterna. Rouhani offre una chance per risolvere entrambi i problemi, senza per questo dare il via a un’ampia trasformazione della Repubblica Islamica». Per Eskandar Sadeghi Boroujerdi, ricercatrice presso l’Oxford Quenn’s College, Khamenei è giunto alla conclusione che negare la vittoria a Rouhani sarebbe stato troppo pericoloso. «Io credo che, sicuramente, l’ufficio di Khamenei disponga di centri di analisi sull’opinione pubblica. Sarebbe stato troppo costoso intervenire. E credo che Khamenei non sia uno sprovveduto, sa quanto perse con il suo appoggio ad Ahmadinejad nel 2009». Fatemeh Haghighatjou, parlamentare riformista ha dichiarato che la vittoria di Rouhani sia «Una situazione ottimale per tutti. La Guida Suprema ha vinto, constatando l’alto grado di partecipazione che accresce anche la sua legittimità e, per la prima volta, ha esteso la chiamata alle urne anche a coloro che non credono nel regime in quanto tale. Il popolo ha vinto, perché il suo voto è stato contato e stiamo assistendo a celebrazioni di gioia post-elettorale.

L’elezione ci mostra che il movimento verde è ancora vivo e, cosa ancor più importante, che il popolo dell’Iran ha potuto esprimersi». Una ragazza che si è astenuta, ha detto a L’Opinione (volendo rimanere anonima) che la vittoria di Rouhani è dovuta a: «… un cambio di strategia all’ultimo minuto dei riformisti. Chi è in Iran non può, fino a prova contraria, esprimere un parere libero sul proprio credo politico. Almeno non esplicitamente. Quindi non si può giudicare nessuno. Ma la tattica vincente è stata quella di schierarsi all’ultimo minuto, vale a dire qualche giorno prima della chiusura delle campagne elettorali. Diciamo che prima di quel momento c’era una confusione totale riguardo al voto o non voto, invece all’ultimo la gente ha scelto di respirare, una volta tanto. Un’alternativa, ripeto, non c’era. Nessuno è disposto ad aiutarci, né dentro e né fuori, non si forma alcuna opposizione compatta, neanche in parte, neanche sui punti più basilari, si è sempre o troppo pochi, oppure quando si è in tanti come nel 2009 nessuno da fuori ci ha teso la mano.

Politicamente, intendo, non parlo dei media. Dunque “impossessarsi” e “impadronirsi” di uno dei mezzi che il potere stesso ha messo a disposizione, potrebbe creare dissonanza anche all’interno del potere stesso. È una tattica credo, almeno per chi l’ha pensata (Rafsanjani e Khatami). D'altro canto, molti, me compresa, non hanno votato e comunque, restiamo a vedere... Certo il regime si è autoconfermato vincente per l’ennesima volta, ma tanto, ripeto, uno scenario alternativo non lo ha proposto ancora nessuno. I riformisti, invece, hanno chiesto il voto alla gente per poter accedere all’esecutivo. Gli slogan di Rouhani sono: eguali diritti fra uomo e donna, riconquista dell’immagine dell’Iran a livello internazionale e ripresa economica. Ci vuole poco a smuovere un popolo giovane e affamato».

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:43