Minerbi: «Il Vaticano e la Shoah» /3

Pubblichiamo la terza (e ultima) parte dell'intervista a Sergio Minerbi, ex ambasciatore di Israele a Bruxelles e professore all’Università Ebraica di Gerusalemme.

Un’assenza di prese di posizione che ricorda anche l’atteggiamento di Pio XII nei confronti del nazismo…

Non è paragonabile. Pio XII aveva precisi motivi politici per ritenere che la salvezza della Chiesa passasse attraverso il silenzio sul nazismo e sullo sterminio degli ebrei. Non si può affermare che il Papa fosse all’oscuro di tutto. Nel 1941 e nel 1942, Pio XII ricevette due volte Don Pirro Scavizzi. Cappellano militare dell’Armir in Russia, seguiva i treni ospedale. Per bontà sua, chiedeva notizie sugli ebrei. Nelle due volte che vide Pio XII e nelle quattro lettere che gli scrisse, forniva informazioni precise sull’uccisione di 2 milioni di ebrei. Fu uno dei primi al mondo. Cosa ne fece Pio XII? Assolutamente nulla. Il vescovo Von Preysing di Berlino scrisse 10 lettere al Papa in 6 mesi nel 1943, in cui chiedeva con urgenza un suo intervento contro la persecuzione degli ebrei. Fu punito, non venne promosso e la sua richiesta venne ignorata. Non c’era solo indifferenza, c’era il timore che una presa di posizione contro lo sterminio potesse danneggiare la Chiesa.

Pio XII, però, salvò la vita agli ebrei che poté ospitare nelle chiese, nei conventi, nello stesso Vaticano.

No, nessun documento lo suggerisce. Suor Grazia Loparco, nel suo libro sugli ebrei riparati nei conventi di Roma, sa quante volte nomina papa Pio XII? Una sola volta. Nella prefazione. Per 90 pagine non è mai citato. Chi salvò gli ebrei furono il priore, la madre superiora, i singoli conventi… mai nomina un intervento papale. Non abbiamo prove di un’imboccata di Pio XII. Mentre le abbiamo di un intervento dell’arcivescovo di Firenze. Io scrissi sul cardinale Boezio, a Genova, che salvò ebrei. Vi furono molti casi di salvataggi di ebrei ai tempi di Pio XII. Ma, ripeto, nessuna prova di suoi ordini a riguardo. Se li avesse dati, vi sarebbero stati molti più salvataggi anche in altre parti d’Europa. Personalmente, ho voluto consegnare il diploma di Giusto dello Yad Vashem al capo della scuola San Leone Magno. Salvò me e un’altra ventina di ebrei, nascosti fra 900 allievi. Andai a trovarlo a Carmagnola, in una casa di riposo per anziani sacerdoti. Ci ho messo cinquant’anni: ammetto la mia colpa. Ma alla fine lo rincontrai quando era ancora vivo. Lui era procuratore di tutti i maristi. Quindi vedeva il Papa una volta al mese. “Glielo ha chiesto il Papa di salvare gli ebrei?” gli domandai. E lui fece un salto fino al soffitto, dicendo “No!”. Quindi la possibilità che queste persone abbiano agito di loro iniziativa, senza attendere direttive papali, mi sembra evidente.

Giovanni Paolo II, però, definì il nazismo come “male assoluto”.

Mia madre era polacca e mi ha dato una conoscenza di base sulla Polonia. Giovanni Paolo II non esulò mai dagli stretti limiti dei polacchi nei confronti degli ebrei. Quando non era ancora Papa, Woytila chiese la beatificazione di Maximilian Kolbe, prete ucciso ad Auschwitz. Alla cerimonia di beatificazione, in Vaticano, il vescovo di Cracovia, futuro Papa, portò delle ceneri da Auschwitz (e con quale autorità lo fece, non mi è ancora del tutto chiaro). Volle accaparrare la tragedia di Auschwitz nella storia cattolica. Nel primo discorso fatto da Giovanni Paolo II, ad Auschwitz, il cui testo (per ragioni misteriose) è in italiano, il Papa disse: “Qui sono morti 6 milioni di polacchi”. Non di ebrei. E c’è voluto Benedetto XVI per correggere l’errore. Papa Giovanni Paolo II continuò a cristianizzare la storia della Shoah. E perché mai dobbiamo rubarci i morti a vicenda? E’ una cosa assurda.

(3/ Fine)

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:42