Francia, ancora più Stato nel matrimonio

Vedere il dibattito sulla nuova legge del matrimonio in Francia vuol dire perdere ogni speranza per la causa della libertà individuale nell’Esagono. Entrambe le parti evocano ancora più potere regolatore dello Stato nella vita delle famiglie. È così per i sostenitori socialisti della legge, che parifica il matrimonio omosessuale con quello eterosessuale, permette alle coppie gay di adottare figli e, naturalmente, estende tutti i diritti di welfare alle famiglie di tipo nuovo. In uno Stato che preleva il 75% di tasse ai redditi dei più “ricchi”, facendo scappare Depardieu e altri fra i suoi più produttivi cittadini, si vuole estendere la spesa pubblica anche a quelle che, fino a ieri, erano coppie di fatto.

Ma, soprattutto, si fa entrare lo Stato dove non c’era. D’ora in avanti, infatti, anche le coppie gay saranno sposate nei municipi, registrate pubblicamente e investite di una serie di doveri (oltre che di diritti) che fino a ieri non c’erano, perché il loro legame sentimentale era una pura questione privata. Anche in Francia, come negli Usa e in Italia (dove il dibattito è ancora in alto mare) assistiamo al paradosso di una minoranza, quella dei gay, che non chiede più libertà, ma più regolamenti statali. Negli Usa, i progressisti paragonano la causa dei gay a quella dei diritti civili dei neri. Ma negli anni ’50 i termini erano molto diversi. Martin Luther King chiedeva qualcosa in meno: meno controlli, meno barriere all’ingresso nelle professioni, nei quartieri, nei mezzi pubblici e ovunque fossero banditi per legge. In pratica, chiedevano: meno leggi. I difensori dei diritti dei gay in Francia come negli Usa, oggi chiedono più leggi, più tutele, più welfare. Se questo non è un paradosso… All’altro capo del dibattito dovrebbe esserci chi, al contrario, chiede di de-nazionalizzare il matrimonio. I cattolici avrebbero tutto l’interesse, anche storico, per perorare questa causa.

Soprattutto in Francia, dove il matrimonio civile era stato reso obbligatorio nel 1792, dai Giacobini, come metodo di lotta alla Chiesa, per sradicare la famiglia e la società cristiana. Anche i gay, dall’altra parte, avrebbero tutto l’interesse a chiedere che il matrimonio torni ad essere quel che era sempre stato: un contratto fra privati, senza avere uno Stato fra i piedi che lo regolamenta in ogni suo aspetto. Vi sarebbe un’armoniosa concordia di obiettivi. Che però non c’è. Perché, puntualmente, i cattolici francesi e le organizzazioni conservatrici e moderate, che hanno riempito le piazze in protesta, chiedono ancora più Stato. Vogliono il matrimonio civile giacobino. Difendono l’attuale codice di famiglia. “Tutti guardiani del codice civile” recitava uno degli slogan più diffusi delle manifestazioni pro-famiglia tradizionale. La Confederazione delle Associazioni delle Famiglie Cattoliche, scrive che: «Se mancasse un punto di riferimento comune, si arriverebbe al “matrimonio fai da te” e il matrimonio come una “questione privata”, si leverebbe al concetto di “matrimonio” il suo potere di identificazione e di riconoscimento reciproco di persone sposate nell’ambito di una società». Tugdual Derville, il coordinatore della “Manifestazione per tutti” che si terrà il prossimo 26 maggio, si esprime in termini fortemente anticapitalisti e anti-individualisti, al pari dell’estrema sinistra francese, nel momento in cui, nel suo manifesto, scrive: «Un domani, l’Uomo sarà costruito in batteria, prodotto ad uso e consumo dell’industria farmaceutica, venduto sui banconi dei laboratori o in siti Internet di incontri procreativi, licenziato dagli interessi finanziari e ucciso con un’iniezione letale per obbedire all’obiettivo di una crescita del 3% del Pil». E quindi? Si invoca il potere dello Stato onnipotente per impedire al mercato di renderci suoi schiavi? Nulla di diverso da quel che direbbe un no-global comunista: il prossimo 1 maggio sentiremo dire cose molto simili. Siamo lontani mille miglia da quel che è il pensiero liberale a difesa della famiglia.

Siamo agli antipodi di quel: «Io difendo le associazioni personali volontarie, comunque le si chiami», detto dal libertario (e conservatore nei valori) Ron Paul. Se la famiglia è un’istituzione naturale (e la è), se si comprende che «… la struttura familiare tradizionale non è un artificio legale, ma è il frutto di tendenze connaturate all’uomo, non sparirà certo se due uomini in Texas vivono nella stessa casa e si dicono sposati», come scrive Jeffrey Tucker del Mises Institute. Proprio i sostenitori della famiglia tradizionale non devono temere per la scomparsa del matrimonio eterosessuale. Ma in Francia, ormai, evidentemente si pensa che nulla esista all’infuori della collettività, dello Stato e delle sue leggi. Nulla, nemmeno la famiglia. E dunque, ciò che non è regolamentato da Parigi, non è.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:03