Il mondo libero piange la Lady di Ferro

Con la morte di Margaret Thatcher, avvenuta ieri mattina, se ne va l’ultimo esponente di una generazione di grandi difensori della libertà individuale in Occidente. Ciascuno la “Lady di Ferro” per qualcosa di particolare. Nell’Est europeo le sono ancora riconoscenti per il suo ruolo fondamentale nella Guerra Fredda: assieme a Ronald Reagan, è stata una delle protagoniste del collasso pacifico del blocco delle dittature comuniste. Le Falkland, tuttora alle prese con un’Argentina sempre molto aggressiva, le devono la vita: il suo intervento militare, nel 1982, tanto ardito quanto rischioso (non è impresa da poco mandare una flotta dall’altra parte del mondo), salvò migliaia di cittadini britannici dall’occupazione militare del regime di Buenos Aires. In questi due anni di rinnovata crisi delle Falkland, culminata con il referendum per l’autodeterminazione avvenuto il mese scorso, il nome della Thatcher è risuonato di nuovo su tutti i giornali. Gli irlandesi la ricordano male, per il drammatico sciopero della fame di 10 prigionieri dell’Ira (Irish Republican Army), fra cui Bobby Sands.

La Thatcher non cedette alle loro richieste perché non intendeva trattare con i terroristi e nel 1981 lasciò che morissero di fame. La sua inflessibilità con il terrorismo, non solo quello irlandese, le costò numerose tragedie. Già nell’aprile del 1980, a nemmeno un anno dall’inaugurazione della sua premiership, un commando terrorista arabo sequestrò l’ambasciata iraniana. Fu la Thatcher personalmente a gestire la situazione: non scese a compromessi e liberò l’ambasciata. I sovietici non digerirono mai la sua presenza al vertice del Regno Unito. “Lady di Ferro” fu un nomignolo creato a Mosca. Oltre a numerosi tentativi di diffamazione, libelli e articoli pagati dal Kgb e il finanziamento allo sciopero dei minatori del 1984 (a cui provvide direttamente Michail Gorbachev, membro del Politburo, ma non ancora presidente dell’Urss), il servizio segreto sovietico pianificò meticolosamente il suo assassinio, come rivelano documenti declassificati nel 2011. Il piano non venne mai messo in pratica: era da applicare solo alla vigilia di una guerra che, fortunatamente per noi, non scoppiò mai. Fu, in compenso, il suo governo, a beffare il gigante sovietico quando, nel 1985, riuscì a far disertare e fuggire il colonnello Oleg Gordievskij, la spia defezionista di più alto rango nella storia della Guerra Fredda.

L’Ira riuscì quasi ad uccidere la Lady di Ferro, quando piazzò una bomba nell’hotel che ospitava lei e i vertici del Partito Conservatore, a Brighton, nell’ottobre 1984. Nell’aprile del 1984, Gheddafi si macchiò di uno dei suoi più odiosi crimini quando i suoi “funzionari” dell’ambasciata a Londra spararono sui dissidenti in protesta e uccisero la poliziotta Yvonne Fletcher. Sarebbe stato solo l’antipasto del massacro di Lockerbie, uno dei peggiori crimini della Libia di Gheddafi, quando venne abbattuto il volo Pan Am 103 con una bomba a bordo: 259 passeggeri e membri dell’equipaggio persero la vita, assieme a 11 cittadini di Lockerbie. Né la Thatcher, né i suoi successori, perdonarono mai questo crimine a Gheddafi, fino alla caduta del tiranno. L’inflessibilità è stata la caratteristica fondamentale della Lady di Ferro, ma non va trascurato un “dettaglio”: non fece quasi mai ricorso alla violenza militare. Se non nel caso delle Falkland, dove comunque reagì ad un’aggressione. Lungi dall’essere una nazionalista nel senso continentale del termine, rispettò i contratti e i trattati, a costo di cedere Hong Kong (uno dei gioielli della Corona) alla Cina, alla scadenza della concessione. Nella storia della Guerra Fredda può essere ricordata come una “guerriera pacifica”: intransigente con il totalitarismo, riteneva che il colosso nemico avesse i piedi d’argilla e potesse essere sconfitto solo con i mezzi della guerra culturale ed economica. Non si sottrasse mai dall’appoggio ai dissidenti dell’Est, ma allo stesso tempo, fece lei da apripista al disgelo con Michail Gorbachev, già da prima della sua ascesa al potere, dal dicembre del 1984, quando constatò che era un uomo con cui si potesse dialogare. Alla fine, però, il vero lascito di Margaret Thatcher è la sua politica economica. È il vero motivo per cui sarà amata e odiata, con altrettanta passione, ancora per decenni.

La Thatcher, andando contro il suo stesso partito, pose l’individuo al centro della società. La “società non esiste”, frase che le fu attribuita, riassume bene questa concezione dell’uomo: è solo la mente individuale che pensa e decide l’azione, la società, somma di individualità, è un’astrazione. Di conseguenza non è cambiando la società, a colpi di politiche collettiviste, che si migliora l’individuo, ma lasciando libero l’individuo di agire che si può avere una società prospera. La Thatcher, coerentemente, de-collettivizzò l’impresa, privatizzando tutti i settori strategici che erano nelle mani dello Stato. Incoraggiò l’azionariato diffuso, contribuendo a iniettare spirito imprenditoriale in quelli che, fino a quel momento, erano lavoratori dipendenti. De-collettivizzò il sindacato che, da decenni, paralizzava ogni possibile riforma economica. A costo di subire mesi e mesi di scioperi, riuscì a trasformarli in organizzazioni più democratiche al loro interno (voto di maggioranza per decidere gli scioperi) e più trasparenti e responsabili all’esterno. De-collettivizzò la tassazione, puntando più sulle imposte indirette (uguali per tutti e pagate con un atto volontario, in quanto percentuale sull’acquisto di un bene o di un servizio) che a quella diretta e progressiva, che trasudava classismo.

Quando la Thatcher lasciò la premiership, nel 1990, aveva vinto la Guerra Fredda e trasformato il Regno Unito: da “grande malato d’Europa”, quale era nel 1979, a grande potenza economica. Aveva tuttavia perso l’ultima grande battaglia della sua carriera, quella contro il super-Stato europeo. Cercò sempre di combattere per conservare, in Europa, una pluralità di soggetti politici nazionali in competizione fra loro. Non accettava l’idea che, proprio dopo il crollo dell’Urss, in Occidente si sarebbe affermato un colosso multi-nazionale e centralista, foriero inefficienza burocratica e conflittualità economica. Perse la Thatcher, scaricata dal suo stesso partito. Ma a 23 anni di distanza possiamo ben dire, guardando le macerie dell’Europa mediterranea, che la Lady di Ferro avesse ragione anche su quel fronte. Ci saranno eredi all’altezza?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:46