Usa, un altro budget è possibile

Usa, un altro budget è possibile. La maggioranza repubblicana alla Camera ha presentato la sua proposta di “finanziaria” (come la chiameremmo in Italia) per il 2014. Il relatore e autore principale è il deputato Paul Ryan, ex candidato alla vicepresidenza nel ticket di Mitt Romney e presidente della Commissione sul Budget alla Camera. Gli obiettivi che Ryan si prefigge sono chiari e perfettamente coerenti con il programma conservatore: arrivare al pareggio di bilancio entro 10 anni, senza alzare le tasse. Per raggiungere questo scopo, mira a tagliare la spesa pubblica, limando soprattutto i programmi sociali, compresa la previdenza, con un piano di risparmio. Nel suo testo, Ryan sottolinea che i soldi delle pensioni, considerando l’invecchiamento della popolazione, potrebbero esaurirsi nel 2033 o anche prima. Il deputato conservatore mira a respingere in toto la riforma sanitaria di Barack Obama (Obamacare), che andrebbe a pesare troppo sulla spesa pubblica. In compenso ripropone la sua riforma per il programma Medicare (assistenza agli anziani), che verrebbe rivoluzionato: buoni sanità per chi ne ha diritto e privatizzazione delle strutture, così da permettere ad ogni assistito di scegliere il proprio programma preferito.

Il budget repubblicano mira a porre fine, il più possibile, alle spese discrezionali, che vanno a beneficio solo di alcune categorie. I risparmi così ottenuti permetterebbero una riforma fiscale completa, che prevede, oltre ad una semplificazione, anche un tetto massimo alle aliquote: il 25% per gli individui e per le aziende, in modo da “favorire la crescita”. Il limite della pressione fiscale è fissato a 18,5% del Pil. L’unico capitolo in controtendenza è quello sulla Difesa, dove i Ryan si ripromette di conservare gli attuali livelli di spesa. Nessun ulteriore taglio è previsto, ai fini di una maggior protezione della sicurezza nazionale statunitense. Benché sia stato attaccato subito dalla Casa Bianca («Il problema è che i conti non tornano», ha commentato subito Jay Carney, portavoce presidenziale), il budget è nel mirino anche dei conservatori e dei Tea Party, che lo considerano troppo moderato. Sul fronte conservatore, è soprattutto la prestigiosa Heritage Foundation a sparare ad alzo zero sulla nuova “Via della Prosperità” suggerita da Ryan. All’occhio clinico dei suoi ricercatori non sfuggono alcune incongruenze. C’è realmente un problema di conti: il piano tiene include, infatti, mantiene valido l’aumento delle tasse previsto dal fiscal cliff, circa 618 miliardi di dollari ottenuti con la sospensione dei tagli fiscali per i redditi superiori ai 400mila dollari annui. Dunque, considerando anche questo aumento, la pressione peserebbe per il 19,1% del Pil, cioè 0,6 punti in più rispetto al limite di 18,5% previsto da Ryan. Sembrano inezie, ma è soprattutto una questione di principio: le tasse devono essere abbassate in senso assoluto, non ridotte rispetto ai precedenti aumenti.

Procedendo in quest’ultimo modo, infatti, si accetterebbe l’incremento del peso fiscale sulla produzione. Contestato anche il tipo di approccio al problema della tassazione: la proposta di budget mira a un fisco che “promuova la crescita”. Da un punto di vista coerentemente conservatore (e liberale classico), la tassazione deve essere neutrale. Non deve promuovere né crescita, né tantomeno la redistribuzione. Perché sarebbe discriminatoria. Spianerebbe la strada alla differenziazione delle aliquote, a seconda della categoria che si vuole favorire. La Heritage approva l’approccio di Paul Ryan alla riforma del Medicare, ma ne contesta i tempi: troppo lenti rispetto all’urgenza necessaria per salvare un programma ormai in rosso. Infine, viene contestato l’approccio alla Difesa: è vero che è previsto un mantenimento degli attuali livelli di spesa, ma lo si fa tenendo ormai in conto i tagli lineari e automatici scattati all’inizio del mese (il famoso “Sequester”). Sul fronte dei libertari e dei Tea Party non c’è ancora alcuna risposta ufficiale. Ma già la si può indovinare, considerando le critiche mosse, l’anno scorso, dal senatore Rand Paul. Contrariamente ai conservatori, i libertari vogliono un taglio alle spese della Difesa ancora più consistente. Contrariamente ai Repubblicani dell’establishment, i Tea Party vorrebbero una riforma fiscale che preveda il ripristino dei tagli fiscali annullati da Obama e l’introduzione di un’unica aliquota uguale per tutti e non superiore al 15%. Eppure sembra anche inutile parlare di queste contestazioni “da destra”. Perché per i media mainstream, il piano di Paul Ryan è già “turbo-liberista” e fatto per colpire i poveri. Quindi: fine del dibattito.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:41