Una via d’uscita dal regime di Assad

Sostegno politico e aiuti materiali alla Coalizione Nazionale Siriana, l’unico rappresentante del popolo siriano riconosciuto legittimo. Sono state queste le promesse avanzate dagli “Amici della Siria” riuniti a Roma giovedì, nell’ambito della Riunione Ministeriale ristretta sulla Siria organizzata a Villa Madama. Un incontro fortemente auspicato dal nuovo Segretario di Stato Americano, John Kerry, da due mesi alla guida della diplomazia americana. Un invito accolto dall’Europa e dalla Lega Araba che hanno inviato a Roma i loro delegati, ma rifiutato inizialmente dal rappresentante della Coalizione Nazionale Siriana, Sheikh Moaz Al Khatib, che aveva espresso il suo rammarico per una mancata azione concreta degli Usa e dei suoi alleati europei nella gestione della crisi. Ma gli sforzi diplomatici internazionali hanno scongiurato ogni possibile tentativo di boicottaggio da parte dell’opposizione siriana.

Dopo i vertici deludenti di Tunisi (febbraio 2012), Istanbul (marzo 2012), Parigi (luglio 2012) e Marrakech (dicembre 2012), la tappa romana di giovedì avrebbe dovuto segnare un cambio di rotta nella gestione del conflitto siriano. Una svolta preannunciata alla vigilia del vertice capitolino, come ha rivelato il Washington Post. “La Casa Bianca sta valutando un cambio di strategia nella gestione della crisi siriana. Esso consisterebbe nella fornitura di assistenza diretta ‘non letale’ all’opposizione siriana”. Non solo sostegno umanitario ma anche economico e logistico. Fin’ora gli Usa hanno finanziato l’opposizione siriana con una somma complessiva pari a 385 milioni di dollari. Denaro investito nella ricostruzione di infrastrutture, nell’assistenza medica e nella formazione. Allineandosi con Londra e Parigi che già hanno deciso di fornire armi non letali alla Siria, l’amministrazione Obama provvederà alla fornitura diretta di veicoli armati e giubbotti anti proiettili all’Esercito Siriano Libero. “Sarà stanziato un fondo di 60 milioni di dollari in nuovi aiuti”, ha annunciato nella conferenza stampa congiunta di giovedì il Segretario di Stato Usa Kerry. “Questo fondo – ha sottolineato il capo della diplomazia americana - si sommerà ai 50 milioni di dollari già versati recentemente dagli Usa nella fornitura di assistenza medica, nella formazione e nelle apparecchiature di comunicazione. Denaro che dovrà garantire una futura transizione politica”. Anche il Qatar ha deciso di fornire sostegno finanziario all’opposizione siriana, con un fondo di 100 milioni di dollari.

Ma se gli Usa, gli alleati europei ed arabi parlano di futuro e di transizione politica, in Siria si continua a morire. Secondo un rapporto ONU, sono 70.000 le vittime finora accertate dall’inizio del conflitto che a marzo compirà due anni. E se l’America e l’Europa ritengono ancora valida la “soluzione politica” come unica via d’uscita dall’impasse siriano, a compiere un salto di qualità è l’Arabia Saudita. I sauditi , scrive il New York Times citando fonti occidentali, avrebbero fornito armi ai ribelli siriani. Si tratterrebbe di “armi di fanteria” che facevano parte di un “surplus” non dichiarato di armi rimaste inutilizzate dalla Guerra dei Balcani (1990). La fornitura di armi (migliaia di fucili, mitragliatrici e una quantità indefinita di munizioni) avrebbe raggiunto la Siria attraverso la Giordania nel mese di dicembre. Nonostante i primi deboli passi compiuti dalla diplomazia occidentale, non è ancora chiara la strategia da adottare. Gli Usa hanno ancora una volta rigettato l’ipotesi di un rifornimento diretto di armi pesanti ai ribelli, limitandosi a fornire armamenti destinati all’autodifesa ma non letali a tal punto da uccidere. L’Italia, rappresentata al vertice dal Ministro degli Esteri uscente, Giulio Terzi, ha ribadito il suo impegno a fornire aiuti umanitari e assistenza medica, mentre i rappresentanti arabi presenti al vertice hanno di fatto ribadito la necessità di sospendere ogni rifornimento illegale di armi al regime di Assad, provenienti dal Libano e dall’Iran. Ma le voci unite di Usa ed alleati europei e arabi che condannano le violenze del regime di Damasco e che auspicano la resa di Assad, per ora sono destinate a rimanere tali.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:43