Parla Kelley, fondatore di The Atlas Society

Il capitalismo e il suo sistema di valori sono sotto processo. Non solo da quest’ultima sconfitta dei Repubblicani alle presidenziali statunitensi, ma dall’inizio della crisi. Con l’intensificarsi della campagna elettorale americana, si sono moltiplicati gli attacchi contro il libero mercato e la dottrina politica che lo sostiene. In particolar modo contro Ayn Rand (1905-1982), la filosofa russa che è considerata, a torto o a ragione, come la principale musa ispiratrice dello sconfitto candidato repubblicano alla vicepresidenza, Paul Ryan. Dalla scorsa estate, sulla stampa mainstream americana, così come sui maggiori quotidiani italiani, abbiamo letto descrizioni ben poco edificanti della filosofia oggettivista (la dottrina di Ayn Rand), definita, di volta in volta darwinismo sociale, legge della giungla, ideologia dei ricchi contro i poveri. Questo ritratto non corrisponde alla reale filosofia oggettivista. Come mai si è venuta a sovrapporre questa vera e propria calunnia intellettuale al vero pensiero dell’Oggettivismo? L’Opinione ne ha parlato con un oggettivista vero, il professor David Kelley, fondatore del centro studi The Atlas Society.

Professor Kelley, la principale accusa all’Oggettivismo è: si tratta di una filosofia darwinista sociale, che predica la selezione naturale nella società e il trionfo dei ricchi sui poveri. Lei cosa ne pensa?

Prima di tutto il darwinismo sociale è una dottrina del XIX Secolo, secondo cui la teoria darwinista dell’evoluzione naturale si poteva applicare anche alle dinamiche della società umana. Era fondata su una premessa collettivista: la competizione nel capitalismo favorisce l’evoluzione della specie. Se il tuo standard di moralità è l’evoluzione di una specie, hai una teoria che è esattamente l’opposto dell’individualismo promosso dall’Oggettivismo. Ayn Rand credeva che ogni individuo fosse un fine, non un mezzo. Che ogni individuo godesse di un diritto inalienabile di vivere la propria vita e di interagire con gli altri su basi strettamente volontarie. Il capitalismo altro non è che un insieme di interazioni volontarie fra singoli. 

Si dice sempre, però, che il mercato sia come la legge della giungla: c’è sempre qualcuno che vince a scapito dei perdenti. Non è così?

Questa è un’altra idea distorta dei darwinisti sociali. Essi hanno mutuato da Darwin la stessa convinzione che, all’interno di una specie e fra le specie, vi sia una competizione per la sopravvivenza. Nel capitalismo, però, la competizione è solo uno dei vari aspetti. E la concorrenza nel libero mercato non è analoga a quella fra (o dentro una) specie. Secondo i darwinisti è in corso una lotta per accaparrarsi una quantità limitata e immutabile di risorse naturali. Non è questo il caso del mercato: l’economia umana produce risorse e ricchezza in continua crescita. In uno scambio abbiamo un gioco a somma positiva: entrambe le parti guadagnano. Chi più, chi meno, ma ottengono entrambe qualcosa che prima non avevano. Non abbiamo affatto un gioco a somma negativa, come lo intendono i darwinisti, in cui un individuo guadagna sempre a scapito di un perdente.

Sui nostri quotidiani si legge anche che Ayn Rand fosse “contro” i poveri, perché riteneva che la loro condizione di miseria fosse una loro colpa…

No, Ayn Rand non credeva nell’eguaglianza. Gli uomini sono diversi nelle ambizioni, nel talento, nel carattere. Quando gli uomini competono in un libero mercato, non possiamo avere un’eguaglianza negli esiti: ci sarà sempre qualcuno più ricco degli altri. Ma Ayn Rand rispettava chiunque lavorasse al meglio delle sue capacità, indipendentemente dal successo ottenuto. Onorava il successo, ma, in termini morali e politici, credeva nell’eguaglianza dei valori e dei diritti. Non faceva alcuna differenza morale tra vincitori e perdenti, bensì fra i produttori e i saccheggiatori.

Ma, in un sistema capitalista di libero mercato, “i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri”?

E’ una leggenda che non tiene conto della realtà storica. Prendiamo il 20% dei più poveri, oggi, negli Stati Uniti. E paragoniamoli al 20% dei più poveri negli Stati Uniti di 100 anni fa. Quelli di oggi vivono infinitamente meglio, in termini di speranza di vita, opportunità, benessere materiale. Se si lascia libero il mercato, i ricchi diventeranno sempre più ricchi e i poveri sempre più ricchi. Innovazioni tecnologiche che rendono la nostra vita molto più facile ogni anno diventano sempre meno cari. Oggi anche l’americano più povero può permettersi un cellulare. Questa visione distorta del “ricco più ricco e povero più povero” è dovuta a una miopia storica: si guarda solo al presente, alle differenze che ci sono oggi fra ricchi e poveri, senza alcuna prospettiva. L’economia di libero mercato è, invece, una continua evoluzione.

Altra accusa frequente: era una “guerrafondaia”? Una sorta di Dottor Stranamore in gonnella?

Veniva dall’Unione Sovietica, da cui era fuggita. Ed era assolutamente consapevole della minaccia posta dal comunismo internazionale. Ma era filosoficamente convinta che il male potesse vivere solo come un parassita del bene. Che un regime totalitario potesse sopravvivere solo drenando risorse gentilmente concesse dalle società libere. Quel che suggeriva non era una guerra contro l’Unione Sovietica, ma un boicottaggio. Smettere di aiutare un regime totalitario, smettere di fornirgli tutto ciò che era necessario alla sua sopravvivenza. Senza alcuna collaborazione sarebbe collassato su se stesso. Ed è quel che è puntualmente avvenuto, nel 1989, sette anni dopo la morte di Ayn Rand. Che, purtroppo, non ha potuto assistere alla conferma della sua tesi. Detto questo, la Rand non era assolutamente una guerrafondaia. Credeva che il governo dovesse entrare in guerra solo quando era in gioco la vita dei suoi cittadini. Non sottoscrisse la dottrina, prima democratica, poi neoconservatrice, secondo cui gli Usa devono giocare il ruolo di “poliziotto del mondo”, esportando all’estero la democrazia.

Morto il comunismo sovietico, oggi qual è, secondo lei, la principale minaccia ideologica?

In Occidente, sicuramente è l’ideologia dello stato sociale. L’idea che lo stato debba fornire, a tutti i suoi cittadini, non solo una rete di sicurezza, ma anche l’educazione, la sanità, le pensioni. Questo sistema sta facendo bancarotta ovunque, specialmente in Europa. E anche gli Usa sono a rischio.

 

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:49