Gli Usa sull'orlo dell'abisso fiscale

Alla Casa Bianca e al Congresso, passata la sbornia della vittoria, i Democratici tornano alla dura realtà. Una realtà che si chiama fiscal cliff, letteralmente: abisso fiscale. Obama è apparso in video in lacrime. E non sono solo lacrime di gioia. Il fiscal cliff è quella situazione in cui, a causa della scadenza di leggi sul bilancio ancora in vigore, il Congresso deve per forza approvare un aumento di tasse e un aumento della spesa pubblica. A meno che non si raggiunga un accordo fra le parti per rinnovare in tutto o in parte le leggi in scadenza.

Le norme in questione sono il Tax Relief Act del 2010 e il Budget Control Act del 2011. Il primo consiste nell’estensione, per due anni, dei tagli fiscali voluti, a suo tempo, dall’amministrazione di George W. Bush. I Democratici hanno accettato questa estensione nel nome (lo dice il nome stesso della legge) della creazione di posti di lavoro. Oltre che per attrarre i consensi della tartassata classe media. Il Budget Control Act, voluto dai Repubblicani all’indomani della loro vittoria al Congresso, impone invece una serie di tagli alla spesa pubblica (le sequestrations) delle agenzie governative, predisposte per scattare automaticamente nel caso il debito superi un tetto predefinito. Se queste due leggi dovessero scadere senza che, in Congresso, si sia raggiunto un accordo, gli americani si troverebbero alle prese con un aumento di tasse e con una spesa pubblica meno controllabile. L’effetto previsto dall’Ufficio Congressuale del Bilancio, è una possibile recessione in tutto il 2013.

Teoricamente si dovrebbe ripetere la situazione di muro-contro-muro che aveva caratterizzato il dibattito nel 2011: i Repubblicani non intendono rinunciare ai tagli fiscali e vogliono la riduzione della spesa pubblica, i Democratici chiedono l’opposto. Dopo la sconfitta alle presidenziali, però, l’atteggiamento del Gop sembra essere cambiato. Lo speaker della maggioranza alla Camera, John Boehner, ha parlato ieri di «possibile intesa bipartisan»: maggiori introiti fiscali sarebbero ben accetti, purché siano compensati da altri tagli alla spesa pubblica e da una complessiva riforma del fisco. Il leader repubblicano, per «maggiori introiti fiscali», però, non intende un aumento delle aliquote. Dai tempi di Reagan, il Gop si basa sulla curva di Laffer: più aumentano le aliquote, meno entrate ci saranno. I Democratici, al contrario, vorrebbero cancellare i tagli fiscali sui redditi più alti, aumentando le tasse ai ricchi. E Obama stesso, a meno di 24 ore dalla sua vittoria, ha già annunciato la nuova carbon tax. Insomma, sulla carta un’intesa è ancora lontana e l’abisso fiscale si avvicina. E’ cambiato l’atteggiamento, appunto: lo speaker repubblicano si dice pronto a trattare. Ma questo può essere un pericolo per il Gop, perché la base è già molto delusa dall’inclinazione al compromesso dei suoi rappresentanti. In stati come l’Ohio, la Virginia e il New Hampshire, milioni di elettori repubblicani non hanno votato, o hanno dato la preferenza al più coerente Partito Libertario, proprio perché iniziano a pensare che i Repubblicani non difendano i contribuenti con sufficiente determinazione.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:38