Siria: Ankara ferma le armi russe

Un aereo siriano, proveniente da Mosca, è stato fatto atterrare ad Ankara per un’ispezione. Il Cremlino non lo ha digerito.

Il governo di Ankara si mette contro tutti, pur di giocare un ruolo da protagonista del conflitto civile siriano? Dall’Anatolia passano tutti i carichi di armi destinate ai ribelli siriani, provenienti dal Qatar e dall’Arabia Saudita. La Turchia è doppiamente importante, da quando il fronte principale, a luglio, si è spostato a Nord, nel distretto e nella metropoli di Aleppo. Per tutto l’anno non sono mai mancati gli scambi di colpi di artiglieria fra turchi e regolari siriani. Dall’inizio di ottobre, però, con il bombardamento di Akcakala (5 vittime) i turchi hanno iniziato a rispondere in modo più efficace e ad intensificare le azioni di frontiera. Una legge ad hoc, approvata dal parlamento di Ankara, autorizza azioni militari in Siria. Per ora questa opzione resta in un cassetto. Il governo Erdogan non vuole rischiare di inserirsi in un sanguinoso conflitto civile e deve anche far fronte ad un’opinione pubblica che (benché i turchi siano stati colpiti in casa loro) resta molto ostile a un intervento armato. Soprattutto perché è contraria all’alleanza con gli Stati Uniti. 

In questo contesto, già in sé incandescente, si inserisce la vicenda dell’aereo dalla Russia. Mercoledì notte, due caccia F-16 hanno intercettato il velivolo passeggeri, un Airbus A320 della compagnia di bandiera siriana Syrian Air, in volo da Mosca a Damasco. Portava pochissimi passeggeri: appena 30 in tutto. Il governo Erdogan ha preso la decisione di fermarlo e ispezionarlo perché riteneva che trasportasse illegalmente materiale militare. «Siamo determinati a controllare ogni trasferimento di armi ad un regime (quello di Bashar al Assad in Siria, ndr) colpevole di massacri brutali contro i civili – ha dichiarato Ahmet Davutoglu, ministro degli Esteri - È inaccettabile che questi invii di armi avvengano sul nostro spazio aereo». L’aereo è stato costretto ad atterrare all’aeroporto Esenboga, della capitale turca, dove è stato trattenuto per 8 ore, prima di esser lasciato libero di completare il suo viaggio.

E qui inizia la lotta fra le due versioni, quella russa e quella turca. Mosca ha subito denunciato la decisione di Ankara, lamentando di non aver potuto assistere (tramite il loro ambasciatore) 17 passeggeri con cittadinanza russa. Dal Cremlino è arrivata subito una secca smentita alla tesi del governo Erdogan: sull’aereo, secondo i russi, non ci sono mai state armi, né equipaggiamento militare. Dunque la sua intercettazione è solo un mero atto di gratuita intimidazione, o di “pirateria dell’aria”, come l’ha definita il regime di Damasco. Questa spiegazione non è priva di logica: la Federazione Russa è ufficialmente alleata della Siria, sul cui territorio mantiene anche una grande base navale. I trasferimenti di armi, equipaggiamento, materiale bellico e personale avvengono alla luce del sole, con trasporti militari, seguendo rotte sicure. Nel pomeriggio, però, è arrivata la contro-versione turca: in conferenza stampa, il premier Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che l’ispezione abbia portato al ritrovamento di munizioni, di fabbricazione russa. D’ora in poi il braccio di ferro non sarà solo fra Ankara e Damasco. Ma anche fra Ankara e Mosca.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:54