Romney e Obama sono testa a testa

Negli Stati Uniti stiamo assistendo ad un’anomalia statistica. Per la prima volta, dall’inizio di questa campagna elettorale presidenziale, Mitt Romney è in testa. La media dei sondaggi nazionali effettuata da Real Clear Politics, si colora inaspettatamente di rosso (il colore repubblicano) e dà lo sfidante in testa di 0,8 punti. Un vantaggio modesto, in termini assoluti. Ma molto rilevante, se lo si considera in una prospettiva storica: vuol dire che in una sola settimana c’è stato un slittamento di voti di ben 12 punti, in media, in tutti gli Stati Uniti.

Proprio nel momento “giusto”, pure lo staff della campagna di Obama può finire vittima di uno scandalo: le donazioni per il presidente in carica, a quanto risulta da un rapporto del Government Accaountability Institute, potrebbero arrivare anche dall’estero, in violazione della legge federale. Il sito Obama For America, infatti, non avrebbe incluso, nel suo sistema di pagamento, la compilazione del codice CVV delle carte di credito, che permette di identificare la presenza fisica del pagatore. La campagna, per questo, rischia un’epurazione dell’ultimo minuto, con conseguenze nefaste nello sprint finale.

L’ultima offensiva democratica di spot televisivi è ormai chiaramente un autogol. Ha preso di mira una singola frase di Romney nel suo dibattito presidenziale, quella in cui critica Obama per finanziare eccessivamente il servizio pubblico televisivo: «Anche a me piace Big Bird (il pupazzo di Sesamo Street, ndr)», ma i fondi alla Pbs (la Tv pubblica) vanno comunque ridotti. La campagna di Obama ne ha fatto un tormentone: “con tutti i rapaci della finanza, dobbiamo proprio prendercela con Big Bird?”, recita l’ultimo spot. Peccato che i creatori di Sesamo Street non fossero d’accordo e hanno chiesto di ritirare la clip dalle televisioni. «Non sosteniamo alcun candidato», hanno spiegato laconicamente.

Con un possibile scandalo sulla raccolta fondi in vista e dopo aver sbagliato pure a reclutare un uccellone giallo, i progressisti stanno entrando in modalità “panico”. Andrew Sullivan, commentatore di The Daily Beast e di Newsweek, dichiaratamente partigiano di Obama, è sbottato: «Non ho mai visto un candidato, così tardi nella campagna, gettare la spugna come ha fatto Obama la settimana scorsa», scrive nel suo editoriale sul Daily Beast. Sullivan resta stupefatto dall’erosione dei consensi: «Ripeto: 12 punti di slittamento. Su ogni singola questione, Obama è precipitato nel dimenticatoio. Ha ancora qualche vantaggio personale su Romney, anche se pure quelli stanno diminuendo».

Eppure, dov’è la novità? A prescindere dalla sorpresa dei media e dei commentatori pro-Obama, infatti, questi sondaggi pre-elettorali confermano lo scenario di sempre. Non è mai esistito un dilagante successo del presidente in carica. Era la fotografia dei sondaggi precedenti ad essere parziale, ritraendo quasi solo gli elettori registrati democratici o repubblicani e un’opinione pubblica ancora lontana dal pensiero di dover votare. Man mano che si avvicina il momento delle urne, tutti devono compiere delle scelte di campo ed è riemersa la realtà: una competizione all’ultimo voto, in un’America divisa, fra due candidati e progetti opposti e di pari forza.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:24