Minogue e quei docili servi del welfare

Qualcosa è cambiato nelle nostre democrazie. E in peggio. Se siamo spaventati da una crisi economica, non ci rendiamo conto di quanta libertà abbiamo già perso. Chi meglio di un anziano liberale classico anglosassone (nato in Nuova Zelanda, lontano dal resto del mondo) può avere uno sguardo lucido e il necessario distacco per capire la nostra condizione? Kenneth Minogue è passato anche da Milano, per presentare il suo saggio “La mente servile”, ospite dell’Istituto Bruno Leoni (Ibl), editore dell’edizione italiana del volume.

Di fronte a un pubblico di appassionati, assieme al senatore Franco Debenedetti (autore dell’introduzione all’edizione italiana), ad Alberto Mingardi (direttore generale dell’Ibl) e Carlo Lottieri (direttore Teoria Politica dell’Ibl), Minogue spiega, con monastica serenità, che ormai abbiamo inconsapevolmente perso gran parte delle nostre libertà. E che è difficile anche solo pensare come fare a riconquistarle. «La democrazia cambia, generazione dopo generazione – dice il filosofo - Per ciascuna di esse è un’esperienza completamente diversa da quelle del passato.

Nei primi anni del Novecento, ad esempio, c’era ben poco welfare e molta ammirazione per i governi nazionali. Questa è la ragione per cui la Prima Guerra Mondiale venne sostenuta in modo entusiastico da decine di milioni di cittadini, pronti a morire in battaglia. Dopo la guerra le cose cambiarono. L’entusiasmo militare calò drasticamente. Durante i primi anni della Seconda Guerra Mondiale, sia gli ufficiali che i soldati erano molto meno competenti e addestrati rispetto a quelli che avevano combattuto il conflitto precedente.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i governi occidentali ebbero imparato come gestire la società. Se combatti la guerra, sai come mobilitare le masse per ottenere la vittoria. Una volta vinta la guerra si doveva “vincere la pace”: le società europee erano inique e molti dei bisogni espressi dalle masse erano privi di risposta. L’obiettivo, adesso, era dare alle masse quello che volevano. Ed è questo che ha fatto nascere il welfare state. Ora abbiamo dei welfare potentissimi in tutti i Paesi europei, che hanno generato debiti pubblici insostenibili e stanno facendo precipitare una grave crisi finanziaria e politica». Il sottotitolo de “La mente servile”, “La vita morale nell’era della democrazia”, può dare adito a equivoci: eccone un altro che condanna la democrazia e chiede… qualche altro sistema politico? Niente affatto.

Minogue premette subito: «Critico la democrazia perché è in conflitto con altri pregi della civiltà. Ma voglio, prima di tutto, sottolinearne le virtù. Vi sono due modi di intenderla. Il primo, più antico, è l’assemblea, i partiti, le elezioni, la discussione pubblica su ciò che si vorrebbe fare. È il significato politico, che ha fatto il suo ingresso, in Europa, solo da un secolo e mezzo. Ma è emerso, gradualmente, almeno dal tardo Medioevo. Si sono moltiplicate, nei secoli, le funzioni della politica che richiedevano consultazioni popolari o di ceto. L’accordo sulla Magna Carta è un grande esempio della primissima democrazia. C’è un secondo significato della democrazia.

Che poi è quella che realmente viviamo. E questo concetto è inestricabilmente legato alla libertà. Suoi sono numerosi aspetti: il governo della legge, l’individualismo, le buone maniere, il rispetto dell’altro. Questo significato della democrazia è un’invenzione europea. È la vera democrazia». Il fondamento della libertà occidentale moderna e contemporanea è l’individuo indipendente: «C’era un’unica gerarchia sociale da rispettare ai tempi della società agricola pre-moderna. L’individualismo è nato quando, dalle campagne, la popolazione ha iniziato ad urbanizzarsi.

Quando hanno iniziato a realizzare i loro disegni personali, avviando imprese private. Se emigri in una città devi sostenerti. Ciò vuol dire: mettere in piedi una famiglia, fare carriera, trovare un modo per fare soldi. È questo tipo di società che ci ha donato, fra la fine del XVIII Secolo e l’inizio del XIX tutte le grandi innovazioni europee. Il governo della legge è parte integrante di questo sviluppo. Un sistema di giustizia riconosciuto e rispettato da tutti». Ma è proprio questo sistema che sta entrando gradualmente e inesorabilmente in declino. Oggi, invece di prendere decisioni individuali e assumercene la responsabilità, preferiamo delegare le nostre scelte allo Stato. Senza renderci conto che, alla fine, sarà lo Stato a dirci cosa fare, cosa dire e cosa pensare, trasformandoci definitivamente in servi.

« L’Europa, all’alba della sua democrazia, era un insieme di associazioni di individui liberi. Oggi non la è più: siamo una società di individui vulnerabili che dipendono dallo Stato. Quel che è successo, negli ultimi 150 anni, è una graduale erosione della libertà individuale che è arrivata con lo sviluppo del welfare state». Il rischio che corriamo è quello di finire dentro ad un nuovo tipo di totalitarismo senza neppure rendercene conto: «Mentre democrazia significa avere un governo che risponde all’elettorato – spiega Minogue - oggi i nostri governanti pretendono che siamo noi a rispondere a loro. Quasi tutti gli Stati occidentali non vogliono che fumi, che mangi alimenti “insani”, che partecipi alla caccia alla volpe o beva troppo; e sono solo i comportamenti sociali più riprovati che danno origine a leggi o a campagne per la loro messa al bando».

La realizzazione della “mente servile” può ben essere individuata nei sistemi in cui viviamo. «Consistono chiaramente in quella dipendenza dal welfare che è stata ampiamente riconosciuta e che oggi persino gli Stati trovano intollerabile. Sono evidenti anche nelle strutture giuridiche e regolative finalizzate a proteggere una o l’altra categoria astratta della comunità da molestie, offese, lesioni all’autostima o da tante altre cose ufficialmente bollate come forme di oppressione. Vanno ricercate nelle strutture che proteggono le persone dalla vittimizzazione e che educano, al tempo stesso, al ruolo di vittima.

E uno dei danni collaterali di questa situazione è che il controllo, spesso, deve essere esercitato non nei confronti di coloro che commettono il reato in questione, ma nei confronti di coloro che si potrebbero comodamente indicare come i responsabili. Un datore di lavoro, per esempio, potrebbe essere chiamato a rispondere delle molestie sessuali perpetrate da un dipendente perché non ha messo a disposizione delle lavoratrici un “ambiente sicuro”». Nella prefazione a “La mente servile”, Minogue sottolinea il paradosso si questa “singolare situazione”: «Il divario tra le realtà politiche e l’immagine propagandistica che ne viene proiettata è ormai così ampio che il termine “paradosso” tende a comparire in quasi tutte le frasi.

I governanti sono teoricamente i “nostri” rappresentanti, ma in pratica tentano di trasformarci negli strumenti dei progetti che essi hanno in mente. Il compito degli Stati dovrebbe essere quello di creare il quadro giuridico entro cui ognuno possa perseguire autonomamente la sua idea di felicità. Invece veniamo costantemente esortati ad autoriformarci». Come in un regime totalitario, appunto. Ma votato, liberamente, da noi stessi.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:44