Anche i liberal ammettono il flop

«Sono un liberal e un ardente sostenitore di Obama, ma non riesco a vedere uno spettacolo simile». È la commento di uno scoraggiato progressista americano, lasciato sulla bacheca (virtuale) dei commenti di YouTube, sotto il video del dibattito presidenziale. Anche i media di tendenza liberal hanno ammesso la sconfitta. Non tutti allo stesso modo.

Il Washington Post non fa sconti al presidente, invece. E spiega come, punto dopo punto, Obama sia stato costretto sulla difensiva. «Romney si è presentato al dibattito determinato a cambiare la sua immagine di uomo che si preoccupa poco dell’americano medio, un’impressione che è stata rafforzata dal suo commento sul 47% di americani che non pagano le tasse sui redditi (perché dipendenti dallo Stato, ndr) – spiegano Dan Balz ed Amy Gardner nella loro analisi – Durante tutta la prima parte del dibattito, ha cercato di dipingersi come il protettore delle classi medie, non dei ricchi. Ha detto che non vuole alzare le tasse alle famiglie della classe media e che non intende ridurre la porzione del gettito fiscale che arriva dai ricchi».

Sono temi su cui anche i progressisti possono trovarsi d’accordo… Anche sull’energia, l’analisi del Washington Post non può che constatare che: «Obama ha accusato Romney di favorire esenzioni fiscali per l’industria petrolifera. Romney gli ha ritorto contro l’investimento di 90 miliardi di dollari sui progetti di energia alternativa, “pari a circa 50 anni di aiuti ricevuti dall’industria petrolifera e dei carburanti”». Novanta miliardi, come rileva il candidato repubblicano, con cui si potevano assumere fino a 2 milioni di insegnanti. Spesi, invece, in attività tuttora improduttive, legate all’amministrazione democratica, proprio dal presidente che vorrebbe farsi paladino del rilancio della pubblica istruzione.

Sono dettagli del dibattito su cui i commentatori liberal preferiscono sorvolare. Joe Klein, piuttosto, nel suo commento sul Time, preferisce ricordare tutti gli argomenti che Obama ha dimenticato di sfoderare. Non ha citato neppure il salvataggio delle industrie automobilistiche. Non ha saputo difendere il suo programma di stimolo economico («Il mio collega Michael Grunwald – scrive Klein - ha speso circa 500 pagine convincenti del suo libro, “The New New Deal”, per descrivere i successi dello stimolo… e il presidente non è neppure riuscito a difenderlo»). Obama, secondo Klein, «è stato glaciale nella sua freddezza. Sono dovuti passare 30 minuti prima che nominasse un primo essere umano in carne ed ossa». Romney, al contrario, «ha inserito una serie di aneddoti (storie di gente comune incontrata nella sua campagna elettorale) nel suo discorso politico – constata William Galston (Brookings Institution) sullo Huffington Post – Questa tattica ha avuto l’effetto di ammorbidire la sua immagine di manager senz’anima, concentrato solo sui risultati».

Però, tranquilli militanti: i dibattiti in Tv, all’alba dell’ottobre 2012, non contano più. Lo afferma l’editorialista Gail Collins, sul New York Times. Però, se Biden dovesse prevalere su Ryan, nel prossimo round fra vicepresidenti, scommettiamo che il quotidiano newyorkese tornerà a considerare il dibattito televisivo come un momento decisivo della campagna?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:40