Se Lukashenka non ha un'opposizione

Domenica le elezioni in Bielorussia sono state vinte dallo schieramento che sostiene il presidente Alexander Lukashenka. Ma “vinte” è solo un eufemismo, in questo caso particolare. Il gruppo costituito dal Partito Liberaldemocratico, dal Partito Repubblicano Lavoro e Giustizia e dal Partito Socialista ha ottenuto 105 seggi su 110. Un seggio è ancora in ballottaggio e gli altri 4 sono andati a due piccoli partiti, quello Comunista e quello Agrario, che, pur non essendo al governo, sostengono il presidente Lukashenka.

In sintesi: nel parlamento di Minsk non esistono più opposizioni. Nell’attesa dei risultati dell’unico ballottaggio, si tratterebbe di un caso spettacolare di vittoria al 100%, uno o due punti percentuali in più rispetto alle proverbiali “elezioni bulgare”, che, durante il regime comunista, davano la vittoria al Partito (unico) al 98% o al 99%. “Elezioni bielorusse”, d’ora in avanti, potrebbe diventare la giusta definizione. Benché Alexander Lukashenka affermi che si sia trattato di una “prova di maturità democratica” della Bielorussia e gli osservatori della Comunità degli Stati Indipendenti (l’ex Urss) gli diano pure ragione, gli osservatori dell’Osce non sono d’accordo. «Una tornata elettorale è libera quando i candidati sono liberi di parlare, organizzare e competere per i loro seggi – dichiara Matteo Mecacci, alla testa della missione degli osservatori Osce – e noi non abbiamo visto niente di tutto ciò durante la campagna elettorale».

Dove è finita la minoranza? In parte è in galera. In parte non ha potuto registrarsi. In gran parte si è astenuta dalla partecipazione al voto ed ha invitato gli elettori a stare a casa, proprio per protestare contro la detenzione di prigionieri politici. È questa la linea seguita dal Fronte Nazionale Bielorusso (conservatore cristiano) e dal Partito Unità Civica (democratico), che hanno ritirato i loro candidati una settimana prima del voto ed hanno invitato all’astensione. I loro appelli sono stati del tutto oscurati dai media, tutti controllati dallo Stato. Altri tre partiti d’opposizione, il Partito Socialdemocratico (quello storico, Hramada, esistente già all’epoca dell’Impero Russo), Mondo Giusto (sinistra socialista) e il movimento “Verità” hanno provato a competere, ma senza ottenere alcun seggio. Stando agli osservatori, il governo di Minsk ha ottenuto il suo 100% di voti con un mix di bastone e carota.

Pullman gratis e lauti pasti per portare la gente al voto. Arresti arbitrari e minacce di licenziamento (in un Paese in cui quasi tutti i posti di lavoro sono statali) per chiunque apparisse come un oppositore. Gli osservatori hanno rilevato anche casi di pestaggio di giornalisti che provavano a documentare la campagna elettorale. Prima del voto, è stata vietata ogni manifestazione e punito severamente ogni volantinaggio. Subito dopo il voto, una venti giovani, ieri mattina, sono stati arrestati a Minsk mentre provavano ad organizzare un loro monitoraggio indipendente dello spoglio delle schede.

Secondo le autorità bielorusse, l’affluenza è stata al 74,3% degli aventi diritto al voto. Secondo l’opposizione, il dato reale è circa la metà. Dunque: nemmeno il 40%. E secondo Lukashenka, gli oppositori che non sono andati a votare sono dei «vigliacchi».

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:28