Libertà d'espressione senza più paladini

La libertà di espressione è ancora una volta sotto attacco. Non solo dalle minacce dei fondamentalisti islamici, ma anche dei governi europei e statunitense, che dovrebbero essere in prima linea a difenderla.

L’ondata di odio contro gli Stati Uniti non si è affatto placata, considerando che anche ieri manifestazioni violente sono scoppiate anche a Islamabad (Pakistan) e a Kabul (Afghanistan) contro le sedi diplomatiche americane. All’odio anti-Usa si è aggiunto, mercoledì, anche quello anti-Francia. Charlie Hebdo, il quotidiano satirico già preso di mira dai fondamentalisti (la sua redazione era stata devastata da bombe incendiarie solo l’anno scorso) ha di nuovo pubblicato vignette su MaomettoIl risultato? Per precauzione, la Francia ha deciso di chiudere ambasciate, consolati, centri culturali e scuole in 20 Paesi del mondo. A Beirut, i carri armati dell’esercito regolare libanese proteggono la sede diplomatica. A Parigi, memori della rivolta delle Banlieu del 2005, per evitare disordini e violenze, le autorità hanno vietato una manifestazione di fronte alla Grande Moschea. Mercoledì sera, i terroristi di Al Qaeda nel Maghreb Islamico, hanno minacciato di uccidere gli ostaggi francesi ancora nelle loro mani. E, sempre nel giorno della pubblicazione delle nuove vignette, un negozio alimentare kosher a Sarcelles (un sobborgo parigino) è stato attaccato con bombe molotov proprio nell’ora di pranzo. Ebrei sempre nel mirino, dunque, anche quando non c’entrano. Unica reazione legale è una denuncia per “istigazione all’odio religioso” sporta da un’associazione siriana in Francia contro lo Charlie Hebdo.

La risposta delle autorità occidentali è molto ambigua di fronte a questa recrudescenza di antico odio religioso. Il governo francese si è schierato “senza se e senza ma” dalla parte della libertà di espressione, diritto fondamentale sin dai tempi della Rivoluzione. Mentre, dagli scranni del Parlamento Europeo, Daniel Cohn-Bendit, capogruppo dei Verdi ed ex contestatore negli anni ’70, definisce «idioti» (sic!) il direttore e i redattori del giornale satirico e afferma che: «Se sono masochisti, dovrebbero essere contenti», del pandemonio scatenato. Quindi? Censura? Cohn-Bendit non vuol vietare le vignette, ma afferma che «Vi sono limiti alle provocazioni». Sulla stessa linea c’è anche l’amministrazione Obama, che si è subito affrettata a definire «incendiaria» la pubblicazione delle nuove vignette. In questi commenti, in ogni caso, traspare una totale inconsapevolezza sulla sproporzione fra la presunta causa (un video, una vignetta) e l’effetto (pogrom anti-occidentali in tutto il mondo islamico). L’odio anti-occidentale cova sotto la cenere sempre. E basta un minuscolo pretesto per far divampare un incendio. Chiedere di rimuovere la causa, ponendo “limiti” alle “provocazioni”, non potrebbe risolvere il problema. Perché qualsiasi cosa, fatta in qualunque parte del mondo, può esser presa a pretesto. A perderci è solo la nostra libertà di espressione, un diritto fondamentale, riconosciuto da secoli in tutte le nostre costituzioni. Rischiamo di perderla, nel nome di un’irrealizzabile “sicurezza”.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:13