Il binario morto della democrazia

Compresa tra date significative come l’11 settembre e la morte di Oriana Fallaci, la settimana della “rabbia e l’orgoglio” musulmano ha prodotto in Occidente un silenzio dell’intelletto non meno preoccupante delle manifestazioni che si sono succedute dall’Australia allo Yemen, dalla Nigeria alla Giordania, dall’Indonesia alla Thailandia. In Francia l’editore Gallimard ha epurato un suo autore, Richard Millet, per un pamphlet “anti-islamico”. Altrove, i politici si sono limitati a piangere i morti della strage di Bengasi. I media mainstream invece hanno spiegato le proteste e gli attentati facendo credere all’opinione pubblica che la morte dell’ambasciatore americano fosse causata dal filmato di un profugo copto in California.

I titoli dei Tg e dei principali quotidiani recitavano: «Proteste contro il film anti-islamico, assalto al consolato americano». Si è trattato di catena logica causa-effetto degna dei regimi di Gheddafi e Mubarak, non di nazioni con democrazia compiuta. Ci troviamo nel “Media Evo”, con i media diventati eredi del papato medievale (giusto a prescindere, perché dalla parte di Cristo) e del socialismo (giusto a prescindere, perché dalla parte dei poveri). Tra i media dove circola più menzogna che verità c’è anche internet – Casareggio permettendo – , vista la crescente penetrazione del pensiero mainstream nel web. 

Gli occidentali e gli islamici non hanno protestato per le chiese copte che da un anno e mezzo continuano a bruciare. I benpensanti hanno gridato in silenzio, come nel quadro di Munch.  Eppure nel 2011 oltre 93mila cittadini egiziani sono fuggiti dalla loro terra, come conferma Naguib Gabriel, responsabile della Egyptian Federation of Human Rights. Ben 16mila esuli copti si sono rifugiati in California; 18mila tra New Jersey e New York; 14mila in Australia e 20mila in Europa, Italia inclusa. Questa nuova piaga d’Egitto non ha trovato un suo scrittore biblico, non trova un’eco mediatico. Nessun Mar Rosso si è aperto sotto i piedi dei nuovi Mosé in fuga.

Anche in Nigeria si brucia una chiesa alla settimana e si uccidono dei “cristiani”. Nessuna protesta da parte dei giornalisti. Eppure gli evangelici della Nigeria non hanno fatto nessun film anti-islamico. Secondo il contatore del sito “Religion of Peace”, dal 2001 o oggi vi sono stati oltre 19.600 attentati di matrice jihadista, nel mondo. Non c’è stato bisogno di un film per compierli. Nemmeno Israele è il “peccato originale” di una “soluzione finale” degli integralisti, che riguarda tutti gli “infedeli”. Per il riscatto di Rossella Urru, come conferma Magdi Cristiano Allam in una conferenza tenutasi a Chiavari sabato scorso, «È stato pagato un riscatto di 15 milioni di euro. Denaro andato ad al Qaeda, che si è impossessata del nord Mali, un’area più grande del Regno Unito». E invece di pensare alle forniture di petrolio dalla Libia, si parla di Beppe Grillo, Bersani e Alfano.

Uno scacco al modello Obama-Clinton

Il modello si basava su uno standard applicato dopo la caduta dei regimi nazifascisti, con il coinvolgimento delle chiese nei governi democristiani di Germania e Italia. La stessa situazione si è ripetuta nella Russia post-sovietica, quando l’ortodossia ha sostituito il comunismo come collante di una nazione a rischio di disfacimento. La fede in Russia aveva una base popolare enorme proprio grazie alla sua (anche eccessiva) spiritualità, proposta da persone come Tolstoj o Pavel Florenskij. La sua rinascita “politica” ha garantito il successo a Putin e al patriarcato di Mosca, ma la fede popolare di Tolstoj non è rinata.

Obama era consapevole che tra Iran e Nigeria, tra Corno d’Africa e penisola arabica, era arrivata l’ora della caduta dei regimi militari, divenuti insostenibili e indecenti. Il suo progetto si è basato sull’esperienza turca di Erdogan, leader del partito demo-islamico Giustizia e Sviluppo. In Turchia la jihad di massa non è esplosa, nonostante ripetuti attacchi omicidi contro sacerdoti cristiani. Ma la Turchia è germanizzata e ha un’industria poderosa, con infrastrutture moderne, una posizione strategica ragguardevole e la tentazione di tornare all’impero ottomano. La laicità è parte della tradizione nazionale. Il progetto proposto da Obama all’università al Azhar del Cairo consisteva in un’alleanza tra arabi (politicamente) moderati e Occidente. Una Nato bis che corrispondeva al progetto francese dell’Unione per il Mediterraneo, oggi abortito.

L’analisi era corretta: dall’altra parte esisteva un nemico – per quanto criptico – e cresceva una nuova Guerra Fredda i cui confini, dopo la pace russo-tedesca nell’Europa dell’Est, corrono nel Mediterraneo del sud. Di fronte la difficile alleanza tra Occidente, sauditi, Qatar (e persino Israele). Dall’altro lato Russia e Cina, con l’Iran e la Siria cooptati.

La “democratizzazione” dovuta alle Primavere e all’introduzione dei social network avrebbe potuto creare anche nell’opinione pubblica musulmana una simpatia per il tradizionale nemico degli arabi, che è ancora il mussoliniano “demo-pluto-giudeo-anglosassone”. Nel Kosovo era andata bene. Ma Libia e Siria hanno dimostrato la crescita dell’integralismo armato, con l’aiuto militare saudita e  occidentale. I Fratelli musulmani restano ambigui e sono stati messi sotto scacco, in questa settimana di violenze. La democrazia assistita dalla religione può funzionare (male) in Germania, Russia o Italia, non nei paesi coranizzati, dove in pochi mesi i salafiti sono diventati il braccio politico di al Qaeda. Il rischio concreto è la jihad di massa. Un disastro a due passi da casa nostra, e con il rischio che si torni alla chiusura dei rubinetti del petrolio.

La settimana di rivolte è una bastonata al progetto di Obama e potrebbe avere conseguenze elettorali. Ma l’opinione pubblica americana ha gli strumenti per scegliere autonomamente il proprio presidente. L’Europa invece dovrebbe dare il massimo supporto culturale e informativo ai cittadini immigrati dai paesi di cultura islamica e a coloro che ancora risiedono in quei Paesi. Parlare di democrazia, rispetto per gli individui, per i diversi. Invece si segue ancora la politica del doppio binario. Magdi Allam ha ricordato che il pur liberale Regno Unito scivola verso una ipertolleranza che diventa intolleranza: il sistema giuridico sta diventando bicefalo, con la legalizzazione dei tribunali basati sulla shar’ia. Per esempio un inglese non islamico bigamo può essere perseguito a termini di legge, mentre un inglese islamico può essere legalmente bigamo.

Rinunciare al principio “La Legge è uguale per tutti” in nome di una pseudocultura dell’accoglienza è un pericolo grave su cui insiste solo la Lega, che non è né federalista né liberale. Così ancora oggi gli ambulanti italiani abusivi sono perseguiti, diversamente da quelli immigrati. Si tratta di un danno enorme alla cultura della legalità, che va contro gli immigrati innanzitutto. Si dovrebbero semplificare le leggi che regolano il commercio senza introdurre altre regole, rendendo i rispetto per le leggi e la tolleranza una cosa viva. Basterebbe che scuola e media sapessero cosa è la democrazia moderna, senza ridurla al politicamente corretto.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:39