Pechino, Tokio e le isole Senkaku

Una seconda guerra fra Cina e Giappone? Per ora no. Ma la tensione è alle stelle e non può essere sottovalutata. Il motivo del contendere sono le piccole isole Senkaku, che la Cina chiama Diaoyu e rivendica come proprie. Come tante altre isole delle acque asiatica, contese con Vietnam, Filippine, Indonesia… La Cina si “allarga”, non solo metaforicamente, puntando a diventare una grande potenza navale nel Pacifico. E mostrando i muscoli in ogni occasione opportuna.

Un’impennata di violenze e gesti dimostrativi cinesi si è registrata in questi tre giorni, dopo che le autorità di Tokyo hanno annunciato l’acquisto delle isole Senkaku, lo scorso 10 settembre. Il governo di Tokyo non non ha rivelato quale sia il prezzo dell’operazione anche se, secondo alcune indescrizioni di stampa, si aggirerebbe intorno ai 2,05 miliardi di yen (26 milioni di dollari). I cinesi, però, non accettano l’accordo.

Ieri, sei motovedette di Pechino sono arrivate nelle acque attorno all’arcipelago per quella che il ministro degli Esteri cinese ha definito come una prima missione di pattugliamento “per proteggere i propri diritti marittimi”. “Riflette la nostra giurisdizione sulle isole Diaoyu”, ha detto un portavoce riferendosi al nome cinese dell’arcipelago che si trova in prossimità di Taiwan. 

Immediata la replica giapponese. “Abbiamo presentato una dura protesta e abbiamo chiesto alla parte cinese di lasciare le acque territoriale attorno alle isole Senkaku”, ha dichiarato il ministro degli Esteri nipponico, Koichiro Gemba, in una conferenza stampa a Sydney. Tokyo ha poi specificato che il Giappone prenderà “tutte le misure possibili” per garantire la sicurezza alle Senkaku, e ha istituito un ufficio speciale per la gestione della crisi presso la sede del primo ministro.

Come nel Medio Oriente, consolati, ambasciate e semplici cittadini residenti all’estero sono diventati bersaglio di minacce e violenze. Il consolato nipponico a Shanghai ha notizie di almeno sette episodi di violenza contro i connazionali. Nel distretto urbano di Baoshan, un cinese ha innalzato due cartelli con le scritte «Sconfiggiamo i diavoli giapponesi» e «Diavoli giapponesi ritornate a casa», ha incendiato la sua Honda Civic dinanzi ad una concessionaria della casa giapponese, provocando il blocco della circolazione. Per evitare di essere aggrediti, ristoranti, negozi e persino automobili private dei cittadini nipponici in Cina, stanno iniziando ad esporre bandiere cinesi e a coprire ogni segno di riconoscimento del proprio Paese.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:44