Carta 91, l'iniziativa dei liberali iraniani

Un manifesto liberale per rivoluzionare l’Iran. Il filosofo dissidente in esilio Ramim Jahanbegloo ha lanciato l’iniziativa Carta 91, sulla falsariga di Carta 77 dei dissidenti cecoslovacchi, ai tempi del regime comunista. Il numero “91” si riferisce, non al nostro calendario, ma a quello persiano, secondo il quale oggi siamo nel 1391.

I punti programmatici del manifesto attingono a piene mani dal liberalismo classico: separazione dei poteri dello Stato, democrazia, separazione fra Stato e religione, protezione di tutte le libertà fondamentali, una magistratura realmente indipendente. Capitoli specifici sono dedicati alla garanzia dei diritti delle donne, delle minoranze e degli omosessuali, le categorie più discriminate e perseguitate, nel caso dei gay, tuttora condannati a morte in gran numero. «Tutti gli iraniani devono avere eguali diritti» si legge nel preambolo della Carta. Compaiono anche nuovi diritti, attinti, in questo caso, dalla cultura democratica occidentale contemporanea: leggi a tutela delle risorse naturali e ambientali, protezione degli animali, diritti sociali. Il messaggio è soprattutto culturale: «Per passare dalla dittatura e dal dispotismo alla democrazia e alla libertà, gli iraniani devono rivedere e ricostruire la propria cultura politica». 

Benché il manifesto si rivolga ad un pubblico iraniano, il suo principale architetto, come già accennato, è un dissidente in esilio. Jahanbegloo vive in esilio volontario in Canada. È fuggito nel Paese nordamericano dopo essere stato arrestato in Iran e rilasciato su cauzione nel 2006. Il filosofo, dunque, non ha partecipato alla Rivoluzione Verde del 2009, scoppiata in seguito ai brogli elettorali delle elezioni presidenziali vinte da Mahmoud Ahmadinejad. Ha dunque seguito l’Onda Verde solo da osservatore esterno, anche se dichiara ai media di aver tratto ispirazione proprio da quell’esperienza insurrezionale. «Molti iraniani, compreso il sottoscritto e tanti altri giovani, si chiedono come mai la nostra società sia così incastrata in una cultura di violenza e vendetta - ha spiegato, parlando della sua iniziativa – Noi pensiamo che, per avere una società forte, da un punto di vista politico, occorra avere forti principi morali e una cultura civica. Un cambiamento che non può essere imposto dall’alto: è la società che ci deve arrivare attraverso un lungo percorso. Io spero che questa Carta sia di aiuto».

I precedenti, però, non sono di aiuto. Carta 77 era un manifesto dei dissidenti cecoslovacchi in Cecoslovacchia, Carta 08 dei dissidenti cinesi in Cina. I firmatari della Carta 91, al contrario, sono soprattutto esuli: intellettuali, attivisti per i diritti umani e delle donne che vivono all’estero. Il manifesto è stato pubblicato su Internet, ha una sua pagina Facebook e mira ad attrarre soprattutto giovani iraniani che vivono in Iran. Ma sarà difficile che questi lo possano firmare con disinvoltura, considerando il livello di controllo capillare imposto su Internet dalle autorità di Teheran. Dopo il fallimento della Rivoluzione Verde (che comunque continua a covare sotto la cenere), all’interno del territorio iraniano non è più nato alcun movimento dissidente di massa. L’intento di Carta 91 è quello di dare un programma al dissenso, un minimo comun denominatore ai gruppi di opposizione. Forse servirà, almeno, come fonte di ispirazione.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:54