Baku: la pace a colpi d'accetta

Nel 2004 due ufficiali, uno armeno e l’altro azero, erano entrambi ospiti della Nato, a Budapest, per un seminario della Partnership per la Pace. I due, a quanto pare, non fraternizzarono affatto. Tornati entrambi nel loro dormitorio, l’ufficiale azero, il tenente Ramil Safarov, aggredì nel sonno il collega armeno, il tenente Gurgen Margarian. E lo uccise con 16 colpi di accetta.

Una dimostrazione che la Partnership per “la Pace” è ancora solo un’etichetta priva di significato, per molti Paesi dell’ex Urss. E un motivo in più per credere che, fra Armenia e Azerbaigian, la guerra per il controllo del Nagorno Karabakh (teoricamente conclusa nel 1994) non sia mai del tutto finita, ma abbia lasciato numerosi strascichi di violenza e tanti conti in sospeso.

L’ufficiale azero venne arrestato a Budapest subito dopo l’efferato delitto e condannato all’ergastolo da un tribunale ungherese nel 2006. Perché questa storia torna di attualità a sei anni di distanza? Perché, tornato in patria il 31 agosto scorso, l’ufficiale omicida, Ramil Safarov, non solo è stato liberato, ma è stato addirittura promosso al rango di maggiore. Con la benedizione personale del presidente Ilham Aliyev. Safarov uccise il collega armeno con 16 colpi d’ascia, perché questi aveva urinato sulla bandiera dell’Azerbaigian. Quindi il delitto è “patriottico”.

L’Armenia, però, non ha alcuna intenzione di sorvolare sulla santificazione dell’omicida. Ha già interrotto i suoi contatti con l’Ungheria e il 2 settembre il presidente armeno Serzh Sarkisian ha dichiarato di essere «pronto a combattere e vincere una guerra contro l’Azerbaigian». La tregua fra Armenia e Azerbaigian è sempre più fragile. Solo un armistizio, firmato nel maggio del 1994, si frappone fra la pace e la guerra. All’inizio dell’estate, una serie di scontri di frontiera facevano già temere una ripresa del conflitto.

I mediatori internazionali del “Gruppo di Minsk” (guidato da Francia, Russia e Usa) cercano di far dialogare Erevan e Baku, con sempre meno successo. Dopo la scarcerazione di Safarov, Russia e Usa si sono trovate, almeno per una volta, d’accordo nel condannare la gratuita provocazione di Aliyev, inviandogli note di protesta. Imbarazzo in Ungheria, invece: sta prendendo piede l’ipotesi che la restituzione di Safarov alle autorità di Baku sia avvenuta in cambio di un prestito da 3 miliardi di euro, di cui Budapest ha disperatamente bisogno.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:49