Le grandi battaglie di Putin

Rievocazioni storiche e battaglie linguistiche: sono le due nuove/antiche frontiere del nazionalismo russo promosso dal presidente Vladimir Putin. Ieri, migliaia di comparse in costume hanno “combattuto” il reenacting di Borodino (1812). Duecento anni fa, i russi, al comando del generale Mikhail Kutuzov, combatterono una battaglia epica per cercare di arrestare l’avanzata di Napoleone su Mosca. Furono sconfitti, ma solo dopo aver inflitto al nemico perdite mostruose.

E pochi mesi dopo iniziava la ritirata di Russia… L’epica battaglia diventa un’occasione politica. Per lo “zar” Vladimir Putin, prima di tutto, che ha approfittato dell’occasione per lanciare il suo slogan di unità nazionale: «I tributi più grandi del popolo russo alla sua patria, sono versati quando siamo uniti. Il patriottismo è parte di questa unità ed è la chiave di tutte le nostre grandi vittorie». Tra l’altro, la celebrazione dell’evento di 200 anni fa, ha fatto passare in secondo piano anche la commemorazione di un episodio ben più recente e triste: il massacro di Beslan (ad opera dei terroristi ceceni) del 3 settembre 2004.

I parenti delle vittime (come Ella Kasayeva, membro del comitato Madri di Beslan) lamentano quanto poco Putin abbia dedicato alla memoria dei 334 assassinati, benché il 3 settembre sia ufficialmente il Giorno delle Vittime del Terrorismo. Il Cremlino preferisce proiettare un’immagine di vittoria, celando la tragedia. Lo fa per questioni di grandeur e per rilanciare altre battaglie nazionaliste. Come quella della tutela dei cittadini russofoni in Lettonia ed Estonia. I due Paesi, membri dell’Ue, sono sotto accusa per non aver concesso loro la cittadinanza.

In realtà, sia Tallin che Riga l’hanno concessa, automaticamente, a tutti i russi residenti nel territorio prima del 1940, a tutti i loro discendenti e parenti, a tutti coloro che hanno sposato un’estone o una lettone (non certo un grande “sacrificio”…) e, infine, a tutti i russi nati dopo l’indipendenza, dunque dal 1991 in poi. Solo i russi nati prima del 1991 e/o privi di almeno un parente locale sono considerati alla stregua di stranieri. A costoro le autorità estoni e lettoni chiedono almeno di superare un esame di lingua locale, prima di concedere loro la cittadinanza.

Ebbene, questo esame, per il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov (e per Giulietto Chiesa, candidato in Lettonia nelle elezioni europee per il partito filo-russo) è una grave violazione dei diritti umani. Mosca chiede all’Europa di intervenire. Per promuovere il patriottismo dei russi. Anche oltre i confini della Russia.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:47